Il patto di prova rappresenta un elemento cardine nei rapporti di lavoro subordinato in Italia, consentendo a datore e lavoratore di valutare in via sperimentale la reciproca idoneità all’esecuzione delle mansioni.
La sua regolamentazione dipende da specifiche disposizioni del Codice Civile e della normativa speciale e recenti sviluppi giurisprudenziali, tra cui la pronuncia Cassazione 24201/2024, hanno ridefinito il quadro delle tutele riconosciute in caso di nullità della clausola di prova.
Nel diritto del lavoro, il patto di prova è una clausola apposta al contratto individuale che attribuisce alle parti la facoltà di valutare, in un periodo definito, la convenienza del rapporto lavorativo.
Durante il periodo di prova, ciascuna delle parti può recedere dal rapporto in qualsiasi momento, senza obbligo di preavviso né di motivazione.
La funzione principale di questa clausola è di tutelare tanto il datore di lavoro, che può verificare la rispondenza dell’attività lavorativa alle esigenze aziendali, quanto il lavoratore, che può valutare se le condizioni proposte sono realmente vantaggiose e conformi alle sue aspettative. Inoltre:
La nullità del patto di prova può derivare da una pluralità di fattori, ciascuno con rilevanti conseguenze giuridiche per il rapporto di lavoro. Affinché sia valido, il patto di prova sul lavoro deve rispettare requisiti formali e sostanziali tassativi. Tra i motivi principali che determinano la nullità si segnalano:
Motivi ulteriori possono derivare dall’inserimento del patto in contesti contrari a norme imperative o da vizi del consenso, inclusa la simulazione. L’accertamento della nullità comporta rilevanti effetti sull’applicazione delle regole del recesso e sulle tutele assicurate al lavoratore.
Stando a quanto stabilito dalla normativa vigente, il recesso dal rapporto di lavoro intimato sulla base di un patto nullo non può essere considerato come scioglimento legittimo ad nutum bensì come ordinario licenziamento, soggetto a tutte le garanzie e limitazioni previste dalla normativa del lavoro. Le principali implicazioni sono:
Le tutele possono essere di natura reintegratoria o indennitaria, in funzione della disciplina applicabile, del tipo di vizio riscontrato e delle dimensioni aziendali. Le controversie più attuali riguardano l’identificazione del rimedio più adeguato: reintegra piena, reintegra attenuata o sola indennità risarcitoria.
La Corte di Cassazione, con la sentenza 24201/2024, è intervenuta sul tema del diritto al reintegro in caso di recesso basato su patto di prova nullo. L’orientamento attuale si svolge secondo questi filoni interpretativi: