Il preavviso per dimissioni regola i rapporti di lavoro nel rispetto delle esigenze sia del lavoratore che dell'azienda. Conoscere le regole sul preavviso è importante per evitare sanzioni economiche o situazioni conflittuali. Le normative, dettate dal Codice Civile e dal proprio contratto collettivo nazionale del lavoro (CCNL), stabiliscono la durata e le modalità di preavviso in base a fattori come l'inquadramento professionale e l'anzianità di servizio.
Il preavviso è il periodo di tempo che intercorre tra la comunicazione ufficiale della volontà di terminare il rapporto lavorativo e l'effettiva cessazione dell'attività lavorativa. Questo obbligo, regolato dall'articolo 2118 del Codice Civile, è spesso specificato dal CCNL di riferimento, che varia in base al settore e al ruolo del lavoratore.
Il preavviso è generalmente obbligatorio per garantire che il datore di lavoro abbia tempo sufficiente per cercare un sostituto senza interrompere i processi aziendali.
Esistono, tuttavia, situazioni in cui il preavviso non è obbligatorio. Ad esempio, le dimissioni per giusta causa, permettono al lavoratore di interrompere immediatamente il rapporto senza alcuna penalità. Tra le cause riconosciute figurano il mancato pagamento dello stipendio o gravi violazioni degli obblighi contrattuali da parte del datore di lavoro. La legge non richiede preavviso anche in casi particolari come le dimissioni durante il periodo di prova o nei periodi protetti per maternità o paternità.
La durata del preavviso in caso di dimissioni è strettamente legata al contratto collettivo nazionale di lavoro (CCNL) applicabile, all’anzianità maturata e all’inquadramento professionale. Le norme variano tra i diversi settori e livelli contrattuali. In generale per i contratti a tempo indeterminato sono richieste le seguenti tempistiche:
Il periodo inizia a decorrere dal giorno successivo alla comunicazione delle dimissioni.
Per i contratti a tempo determinato, invece, in genere non è previsto alcun obbligo di preavviso se il rapporto termina alla sua naturale scadenza. Tuttavia se il lavoratore vuole dimettersi prima, si applica generalmente lo stesso preavviso previsto per il tempo indeterminato
La misurazione si basa su giorni di calendario, includendo festivi. Inoltre, molti CCNL impongono inoltre che il conteggio del preavviso inizi dal 1° o 16° giorno del mese successivo alla comunicazione delle dimissioni, rendendo necessario un preciso calcolo dei tempi.
L’uso delle ferie durante il periodo di preavviso può talvolta essere concordato con il datore di lavoro, pur consentendo il rispetto delle tempistiche previste dal CCNL.
Va sottolineato che la comunicazione delle dimissioni deve sempre avvenire in forma scritta e, dal 2016, esclusivamente per via telematica attraverso il portale del Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali o tramite i soggetti abilitati (patronati, sindacati, consulenti del lavoro).
Il mancato rispetto delle tempistiche comporta conseguenze economiche per il lavoratore. In particolare, il datore di lavoro può richiedere un’indennità sostitutiva di preavviso, che equivale alla retribuzione che sarebbe spettata per i giorni non lavorati durante il periodo di preavviso previsto. Questa somma viene normalmente trattenuta dall’ultima busta paga del dipendente.
Anche il datore di lavoro, in caso di licenziamento senza preavviso, è obbligato a pagare al lavoratore l’indennità sostitutiva, se non ci sono giustificazioni valide come la giusta causa.
Dal punto di vista operativo, l’assenza di preavviso può creare disagi all’azienda, che si ritrova senza il tempo necessario per pianificare l’inserimento di una nuova risorsa. Inoltre, la mancata osservanza delle regole previste dal contratto può influenzare negativamente le referenze future del lavoratore.
Esistono diverse eccezioni al preavviso nelle dimissioni, legate a particolari situazioni di legge o contrattuali. Tra queste, le dimissioni per giusta causa rappresentano una delle più rilevanti. Secondo l’articolo 2119 del Codice Civile, il lavoratore può interrompere immediatamente il rapporto senza preavviso in caso di gravi inadempimenti del datore di lavoro, come il mancato pagamento dello stipendio o violazioni delle norme di sicurezza. Questo diritto protegge il dipendente e garantisce, in tali situazioni, l’accesso alla NASpI (indennità di disoccupazione).
Un’altra eccezione riguarda il periodo di prova, durante il quale sia il lavoratore che l’azienda possono recedere dal contratto senza obbligo di preavviso. Inoltre, nei contratti a tempo determinato non è generalmente previsto il preavviso, salvo per le dimissioni per giusta causa.
Le dimissioni durante i cosiddetti periodi protetti, come maternità o paternità, rappresentano un’ulteriore eccezione. In questi casi, il dipendente può interrompere il rapporto immediatamente, e il datore è comunque obbligato a corrispondere l’indennità sostitutiva del preavviso. Alcune altre casistiche includono accordi individuali nel contratto o risoluzioni consensuali, dove le parti possono stabilire diverse modalità di interruzione contrattuale, bypassando il preavviso standard.