La gestione delle spese connesse al funzionamento degli impianti centralizzati rappresenta un tema centrale nella vita condominiale, soprattutto in relazione ai problemi di riscaldamento e caloriferi in condominio.
La normativa stabilisce precise modalità di ripartizione dei costi tra i vari condomini, prevedendo un equilibrio tra equità, sostenibilità e trasparenza. L’organizzazione del riscaldamento condominiale, infatti, implica non solo la responsabilità condivisa sulle parti comuni e la caldaia, ma anche una serie di regole relative alla manutenzione, all’utilizzo e ai controlli dei consumi individuali. Tutti questi aspetti incidono sulla suddivisione delle spese e sull’individuazione del soggetto tenuto al pagamento in caso di guasti, malfunzionamenti o utilizzi difformi.
Il riscaldamento centralizzato consiste nell’utilizzo di un’unica caldaia, spesso installata in un locale tecnico, che distribuisce il calore a tutti gli appartamenti tramite reti di tubazioni e radiatori. Questo tipo di impianto offre efficienza energetica, riduzione degli sprechi e potenzialmente costi inferiori rispetto a soluzioni autonome. Tuttavia, presuppone alcune regole condivise, sia tecniche che amministrative.
La suddivisione delle spese legate al funzionamento e alla manutenzione dell’impianto comune segue criteri ben determinati dal codice civile, dal regolamento condominiale e dai contratti d’uso. In generale le spese per la caldaia, le tubazioni principali e l’impiantistica centrale sono di competenza collettiva e gravano su tutti i condòmini secondo le tabelle millesimali o le ripartizioni approvate dall’assemblea.
Nel caso di controversie o dubbie responsabilità, spesso occorre chiarire la causa del problema e la sua origine (ad esempio se si tratta di una perdita proveniente da una colonna principale o di una sola unità immobiliare). Di norma, quando il malfunzionamento è interno e privato, il costo resta a carico del condomino; quando invece si tratta di una parte comune, la spesa si ripartisce tra tutti. In alcune situazioni è possibile ricevere una consulenza tecnico-legale per determinare con precisione l’assegnazione degli oneri.
Quando si verifica un guasto a uno o più caloriferi di un singolo appartamento, è centrale per la corretta gestione delle spese stabilire l’ambito della responsabilità: se l’origine del problema riguarda solo la porzione privata dell’impianto (ad esempio una perdita dal radiatore, valvole difettose o aria intrappolata senza coinvolgimento delle colonne principali), sarà il proprietario dell’unità immobiliare a dover sostenere i costi degli interventi tecnici.
Se il malfunzionamento coinvolge invece tubazioni comuni o parti che servono più unità, sarà il condominio a condividere la spesa. In questi casi, il primo passo per l’inquilino o il proprietario è segnalare prontamente la situazione all’amministratore che, previa valutazione tecnica, individuerà la natura dell’intervento necessario.
In ogni caso, è indispensabile agire tempestivamente per prevenire danni maggiori e spese più elevate e documentare puntualmente ogni passaggio. Un intervento non autorizzato dal condominio sulle parti comuni può comportare sanzioni o la richiesta di ripristino. Se permangono dubbi sui confini di responsabilità, è consigliabile rivolgersi a un tecnico abilitato per una perizia dettagliata.
La contabilizzazione del calore si basa sull’installazione di dispositivi (ripartitori) sui radiatori di ciascun appartamento per calcolare il consumo individuale. L’obbligo deriva dal decreto legislativo 102/2014 e successive modifiche. I ripartitori sono generalmente di proprietà del singolo condomino, che ne sostiene sia l’acquisto sia la manutenzione ordinaria e straordinaria, salvo diverse disposizioni approvate in assemblea o previste dal regolamento contrattuale.
L’assemblea condominiale di solito delibera la scelta della tecnologia e del fornitore, ottimizzando costi e compatibilità. Tuttavia, ogni proprietario è direttamente responsabile del funzionamento corretto dei dispositivi e deve garantire che siano integre le apparecchiature di sua proprietà.
Secondo la Cassazione, la ripartizione dei consumi deve essere effettuata solo sulla base dei criteri previsti dalla legge e dalle delibere legittime dell’assemblea, partendo dal dato effettivo delle letture. I condomini che hanno dubbi sull’attendibilità delle rilevazioni devono rivolgersi per tempo all’amministratore e, se necessario, contestare i dati entro trenta giorni dall’approvazione del rendiconto.
Il distacco di un singolo condomino dall’impianto di riscaldamento centralizzato è regolamentato dall’art. 1118 c.c. e da una vasta giurisprudenza. Il distacco non può essere vietato dal regolamento condominiale; però, richiede il rispetto di specifici requisiti:
Dopo il distacco, il condomino può rinunciare al pagamento dei soli consumi correlati ma continua a essere tenuto a pagare le spese per la manutenzione straordinaria, la conservazione, la messa a norma e per i cosiddetti “consumi involontari” (calore generato dalle parti comuni, dispersioni sistemiche, ecc.). La Corte di Cassazione ha più volte confermato questo principio (sent. n. 11815/2020; n. 26185/2023): il condomino distaccato resta comproprietario dell’impianto nelle parti comuni.
Tipo di spesa | Chi paga |
Consumi individuali di energia termica | Solo chi resta collegato |
Manutenzione straordinaria e conservazione | Tutti, inclusi i distaccati |
Spese involontarie (parti comuni) | Ripartite su tutti, inclusi gli autonomi |
In presenza di possibili squilibri o aggravi di spesa, l’assemblea può opporsi al distacco. Nel caso in cui il condomino distaccato continui, anche solo parzialmente, a usufruire del calore generato dal centralizzato, dovrà comunque contribuire ai costi fissi con una quota stabilita dall’assemblea.
Tra i problemi riscaldamento e caloriferi in condominio più controversi vi sono quelli legati alle spese cosiddette involontarie, ossia i costi che si sostengono a prescindere dalla reale fruizione del servizio, come nel caso di case vuote, seconde abitazioni o lunghi periodi di assenza.
La possibilità di non pagare la quota fissa delle spese involontarie è del tutto eccezionale e concessa solo qualora sia tecnicamente impossibile usufruire del servizio, situazione che va certificata e ratificata all’unanimità in assemblea. In caso contrario, i criteri di legge prevalgono e la quota resta a carico degli stessi proprietari, anche quando non utilizzano il riscaldamento.
Le contestazioni sui consumi, e più in generale sui problemi riscaldamento e caloriferi in condominio, sono frequenti nelle situazioni in cui emergono discrepanze nelle letture dei ripartitori, sospetti di manomissione o malfunzionamenti dei contatori. Quando i dati rilevati sembrano anomali, è essenziale individuare con precisione la natura dell’eventuale errore e le relative responsabilità.
Le controversie possono anche riguardare la contestazione di spese per periodi in cui l’appartamento era vuoto o non utilizzato: in questi casi, la parte variabile per consumi effettivi può essere esclusa ma resta dovuta la quota involontaria. Contestazioni devono essere sollevate con tempestività e supportate da documentazione, richiedendo ove necessario un intervento del giudice.