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Quali siti web si possono visitare e cosa si può fare online su Internet durante orario di lavoro

Il datore di lavoro ha la facoltà di controllare, in maniera proporzionata e trasparente, l'utilizzo degli strumenti informatici concessi ai propri dipendenti.

Autore: Chiara Compagnucci
pubblicato il
Quali siti web si possono visitare e cos

Navigare sul web per cercare documentazione, aggiornarsi su notizie di settore o utilizzare piattaforme collaborative è oggi parte integrante della produttività quotidiana. Ma non tutto è concesso. Ogni impresa adotta una propria policy interna che disciplina l'uso della connessione, dei dispositivi aziendali e dell'accesso a siti web non legati all'attività lavorativa.

Di solito l'accesso ai siti istituzionali, ai portali gestionali interni, agli strumenti cloud e a piattaforme di comunicazione come Microsoft Teams o Google Workspace è sempre ammesso. ma l'uso dei social network, dei portali di streaming o di siti di e-commerce viene monitorato con attenzione, se non addirittura bloccato da firewall aziendali. Non è raro, infatti, che aziende con policy restrittive decidano di impedire l'accesso a Facebook, Instagram, TikTok o YouTube, considerati una fonte di distrazione o, in certi contesti, anche un rischio per la sicurezza informatica. Alcune realtà più flessibili concedono margini di utilizzo durante le pause o per specifiche funzioni aziendali, come il marketing digitale o l'analisi della concorrenza.

Non è possibile stabilire una regola univoca: a contare è l'equilibrio tra libertà d'azione e responsabilità professionale. Ogni accesso che non sia connesso al lavoro può configurarsi come improprio e andare a scapito dell'efficienza e della concentrazione. In molti casi a determinare la legittimità o meno della navigazione online non è tanto il sito in sé, ma il tempo speso e la finalità con cui viene utilizzato. Vediamo quindi:

  • Sorveglianza digitale e tutela della privacy dei lavoratori

  • Le conseguenze per i dipendenti e i rischi per l'azienda

Sorveglianza digitale e tutela della privacy dei lavoratori

Il datore di lavoro ha la facoltà di controllare, in maniera proporzionata e trasparente, l'utilizzo degli strumenti informatici concessi ai propri dipendenti. Questa possibilità è disciplinata da una serie di norme, a partire dallo Statuto dei Lavoratori, passando per il Regolamento europeo sulla privacy fino alle linee guida del Garante per la protezione dei dati personali. Non si tratta di un potere assoluto bensì di una prerogativa da esercitare con cautela, nel rispetto della dignità e della riservatezza del lavoratore.

Ogni controllo dev'essere preventivamente comunicato e giustificato, specificando sia le finalità sia le modalità con cui avverrà la raccolta dei dati. I software di monitoraggio che tracciano ogni sito visitato o ogni battitura sulla tastiera, se utilizzati in modo occulto, sono considerati lesivi della privacy e possono invalidare qualsiasi provvedimento disciplinare fondato su di essi. Al contrario, se il dipendente è stato informato con chiarezza, e le condizioni sono stabilite da un accordo sindacale o da una policy aziendale approvata, allora la sorveglianza tecnologica è legittima.

Non si può sorvegliare un lavoratore senza limiti. I controlli devono avere un oggetto preciso, uno scopo concreto e non devono mai sfociare in una profilazione invasiva o discriminatoria. Anche il datore di lavoro ha dei confini da rispettare.

Le conseguenze per i dipendenti e i rischi per l'azienda

L'utilizzo scorretto della connessione aziendale può generare ripercussioni di natura disciplinare per il dipendente, soprattutto quando si configurano situazioni di abuso o comportamenti contrari alle disposizioni interne. La giurisprudenza italiana ha chiarito che, in caso di uso sistematico di Internet per scopi personali durante l'orario di lavoro, il licenziamento per giusta causa può essere considerato legittimo. Se l'attività estranea alle mansioni assegnate diventa abituale, e se incide sulla produttività o sulla reputazione dell'azienda, si spezza il rapporto fiduciario tra datore e dipendente.

Non meno importanti sono i rischi di tipo informatico. L'accesso a siti non sicuri o la condivisione di credenziali tramite canali non autorizzati può esporre l'azienda a gravi minacce di cybersecurity. Malware, phishing e fughe di dati sono problematiche sempre più frequenti, causate anche da una navigazione disattenta o imprudente da parte del personale.

Per questo motivo, sempre più aziende investono in formazione, promuovendo una cultura digitale consapevole, capace di bilanciare l'autonomia individuale con la tutela degli interessi collettivi.