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Quante contestazioni disciplinari sono necessarie e di quali gravità per sanzioni sul lavoro o licenziamento?

Dalle contestazioni disciplinari al licenziamento: un percorso complesso tra gravità delle infrazioni, norme procedurali, giurisprudenza e casi pratici che ridefiniscono i limiti e le regole.

Autore: Marcello Tansini
pubblicato il
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Attraverso le contestazioni disciplinari , il datore di lavoro sottolinea l'importanza del rispetto delle regole, tutelando sia i diritti dell'azienda sia quelli dei lavoratori, in un'ottica di equilibrio e proporzionalità. Ogni contestazione richiama al senso di responsabilità reciproca e rappresenta il punto di partenza formale di eventuali procedimenti disciplinari.

La corretta gestione delle contestazioni rafforza la trasparenza nei rapporti di lavoro e contribuisce all'affidabilità del sistema disciplinare aziendale.

Non esiste un numero fisso di contestazioni per il licenziamento: mito e realtà

Una delle domande più frequenti in ambito lavorativo riguarda quante contestazioni disciplinari per licenziamento siano necessarie per risolvere un rapporto di lavoro. Esiste la percezione, piuttosto diffusa ma errata, che vi sia una soglia prestabilita di richiami oltre la quale il datore di lavoro possa procedere al licenziamento del dipendente. In realtà, la normativa italiana non identifica un numero minimo o massimo di contestazioni necessarie a giustificare una sanzione espulsiva. La quantità di lettere di richiamo non viene definita da una legge generale, ma dipende da vari fattori tra cui la gravità degli episodi, la frequenza delle infrazioni e le disposizioni specifiche dei contratti collettivi applicabili:

  • Un solo grave episodio, come il furto di beni aziendali o un'aggressione nei confronti di colleghi, può legittimare l'interruzione immediata del rapporto, senza preavviso.

  • Condotte meno gravi, ma reiterate e documentate da precedenti sanzioni disciplinari, possono anch'esse condurre al licenziamento, specie per giustificato motivo soggettivo.

  • Molti Contratti collettivi nazionali prevedono, nei casi di recidiva, un determinato numero di precedenti sanzioni che rendono configurabile la sanzione più grave, ma non esiste una formula universale applicabile a ogni situazione.

La valutazione del numero di contestazioni utili ai fini del licenziamento dipende quindi dalla combinazione di variabili: rilevanza della condotta contestata, ruolo del lavoratore, storia disciplinare e, soprattutto, proporzionalità tra infrazione e risposta sanzionatoria. Le singole aziende, inoltre, devono attenersi alle procedure stabilite dalla legge, come l'obbligo di pronta contestazione e di riconoscimento del diritto di difesa al dipendente.

Gravità e tipologia delle infrazioni: dagli avvertimenti al licenziamento

Le infrazioni ai doveri lavorativi variano per gravità e ricadute disciplinari, spaziando da comportamenti lievi, normalmente gestiti con richiami verbali, a condotte talmente gravi da giustificare la cessazione immediata del rapporto. La risposta sanzionatoria deve essere sempre commisurata al fatto contestato e, secondo quanto previsto dall'art. 7 dello Statuto dei Lavoratori, non può precedere un'adeguata procedura di contestazione e difesa:

  • Richiamo verbale: misura minima adottata in caso di violazioni modeste e spesso isolati. È un ammonimento orale utile soprattutto nei casi in cui l'infrazione commessa non pregiudica seriamente l'organizzazione aziendale o la fiducia.

  • Richiamo scritto: forma formale e documentata, obbligatoria quando si tratta di persistenti inosservanze o di violazioni delle regole aziendali. Serve anche da avvertimento circa conseguenze disciplinari più severe in caso di recidiva.

  • Sanzioni pecuniarie e sospensioni: la multa, che può essere parametrata su diverse ore di retribuzione, si applica in caso di negligenze reiterate o altri comportamenti contrari alle disposizioni contrattuali. La sospensione dal servizio, invece, riguarda assenze ingiustificate o danni arrecati intenzionalmente all'azienda.

  • Licenziamento per giusta causa: si verifica solo in presenza di condotte gravissime che compromettono il vincolo fiduciario, come furti, aggressioni, gravi violazioni delle regole di sicurezza o abuso di fiducia. In questi casi, il datore di lavoro può procedere senza preavviso, purché venga seguita la procedura prescritta dalla normativa.

  • Licenziamento per giustificato motivo soggettivo: si configura al verificarsi di comportamenti meno gravi rispetto alla giusta causa, ma tali da non consentire la prosecuzione del rapporto. Anche in assenza di episodi gravissimi, la reiterazione di infrazioni può portare a tale esito se sono già state comminate sanzioni di grado intermedio.

Le infrazioni devono essere valutate considerando le mansioni svolte, il regolamento interno e i precedenti disciplinari. La natura dell'irregolarità, così come la tempestività e la congruità delle azioni del datore di lavoro, influiscono sulla legittimità e sostenibilità della sanzione comminata.

La procedura disciplinare: diritti, obblighi e tempistiche

Quando un lavoratore viene ritenuto responsabile di una violazione disciplinare, è fondamentale che il datore di lavoro osservi tutte le fasi previste dalla legge per la corretta applicazione della sanzione, come sancito dall'articolo 7 dello Statuto dei Lavoratori. Gli step principali sono:

  • Contestazione scritta e tempestiva: Il comportamento addebitato deve essere descritto in modo chiaro e inviato tempestivamente al dipendente, specificandone data, luogo e norma violata.

  • Diritto di difesa: Il lavoratore ha sempre il diritto di presentare, entro un termine non inferiore a cinque giorni, le proprie giustificazioni, per iscritto o oralmente, anche con il supporto sindacale.

  • Valutazione delle giustificazioni: L'azienda deve esaminare le motivazioni addotte dal lavoratore prima di adottare qualsiasi provvedimento ulteriore.

  • Comunicazione della sanzione: Solo dopo la scadenza del termine per le giustificazioni può essere irrogata la sanzione scelta, che deve essere formalizzata per iscritto.

Il rispetto della procedura costituisce una garanzia imprescindibile, assumendo particolare rilevanza nei casi di preavviso e nei provvedimenti più gravi. Il lavoratore può impugnare le decisioni che ritenga illegittime, anche in sede sindacale o giudiziale. Ogni provvedimento, inoltre, perde efficacia dopo due anni, secondo la normativa vigente, e non può essere considerato come precedente disciplinare ai fini di ulteriori sanzioni.

Sia la chiarezza dell'addebito sia le tempistiche di contestazione sono elementi che assicurano l'affidabilità e la correttezza dell'azione disciplinare nell'interesse di entrambe le parti.

Proporzionalità e giurisprudenza: il ruolo dei contratti collettivi e dei precedenti disciplinari

Uno dei principi cardine che regolano la disciplina sanzionatoria è la proporzionalità tra infrazione e sanzione. La normativa e la giurisprudenza consolidata, tra cui pronunce della Corte Costituzionale (ad esempio sent. n. 129 del 17 luglio 2024), ribadiscono che la misura adottata debba essere adeguata alla gravità dei fatti contestati. L'applicazione della sanzione, in particolare quando si parla di licenziamento, non può mai essere sproporzionata.

Un ruolo rilevante è svolto dai Contratti collettivi nazionali (CCNL):

  • Stabiliscono, spesso in dettaglio, la progressione delle sanzioni: dalle ammonizioni alle sospensioni, fino al licenziamento.

  • Indicano le infrazioni che giustificano ciascun tipo di provvedimento e, in caso di recidiva, specificano talvolta il numero minimo di precedenti sanzioni richieste per giungere al licenziamento.

  • Nei casi in cui il CCNL preveda una soglia numerica (ad esempio tre provvedimenti conservativi imputabili alla medesima condotta nell'arco di due anni), questa deve essere rispettata, ma resta fermo il principio della valutazione complessiva della condotta e delle circostanze concrete.

I precedenti disciplinari considerati validi non devono essere anteriori a due anni, secondo la previsione dell'articolo 7 dello Statuto. La giurisprudenza sottolinea come la recidiva acquisisca valore solo se documentata da provvedimenti correttamente notificati e contestati, a tutela della trasparenza e della coerenza della risposta aziendale.

Casi pratici ed esempi: dal richiamo verbale alla recidiva e licenziamento

L'esperienza concreta dimostra l'importanza di interpretare correttamente le norme disciplinari. Di seguito alcuni esempi, utili a chiarire l'applicazione dei principi finora esposti:

Fatto contestato

Sanzione applicabile

Arrivo occasionale in ritardo con giustificazione

Possibile richiamo verbale

Reiterati ritardi non giustificati, dopo richiamo scritto

Multa o sospensione; in caso di recidiva, licenziamento

Assenza ingiustificata per più giorni

Sospensione; oltre la soglia prevista, possibile licenziamento

Furto o aggressione

Licenziamento per giusta causa senza preavviso

Comportamenti contrari alle regole di sicurezza dopo più richiami

Licenziamento per recidiva, secondo quanto stabilito dal CCNL applicabile

Le sentenze delle corti, come nel caso della Corte d'Appello di Napoli, riconfermano la validità del licenziamento nei casi in cui la recidiva risulti comprovata da almeno due sospensioni o sanzioni conservative regolarmente comminate nell'ambito del periodo di riferimento.
Altrettanto rilevante è la valutazione della gravità della condotta e delle precedenti occasioni di contestazione, che devono aver dato al lavoratore l'opportunità reale di modificare il proprio comportamento.