Il licenziamento per assumere un altro dipendente è tema delicato, regolato da norme specifiche e dalla giurisprudenza della Cassazione. La legittimità dipende da motivi oggettivi, obblighi e differenze tra pubblico e privato.
La liceità del licenziamento per sostituire un lavoratore rappresenta una delle tematiche più controverse del diritto del lavoro italiano. La materia è regolata da una fitta rete normativa e giurisprudenziale, con particolare rilievo per le pronunce della Corte di Cassazione, che nel tempo hanno specificato gli ambiti e i limiti di legittimità di tali decisioni datoriali.
Comprendere quando si può licenziare un dipendente per assumerne un altro, specialmente in relazione alle interpretazioni della Cassazione, è essenziale tanto per i datori quanto per i lavoratori. Questo approfondimento analizza principi, prassi e tutele, evidenziando il peso del repêchage (dovere di ricollocazione) e delle fattispecie concrete secondo gli ultimi orientamenti giurisprudenziali.
Il giustificato motivo oggettivo (GMO) rappresenta la causa di recesso datoriale collegata a necessità aziendali, economiche od organizzative, disciplinato dall’art. 3 della Legge n. 604/1966. Secondo la giurisprudenza più recente, il GMO si concretizza solo quando le esigenze dell’impresa comportano la reale soppressione del posto di lavoro o una modifica dell’organigramma. La Cassazione ha osservato che la scelta organizzativa deve essere autentica e non dettata da esigenze temporanee o fittizie. Non bastano mere motivazioni di convenienza imprenditoriale: la causa del licenziamento va dimostrata e, in caso di contenzioso, spetta al datore documentarla. Nei casi esaminati dai giudici, la soppressione della posizione ricoperta dal lavoratore deve essere effettiva e non reversibile, e non possono essere create nuove posizioni “ad personam” solo per aggirare il divieto di licenziamenti arbitrari. Il quadro è il seguente:
Il repêchage, ovvero il dovere del datore di lavoro di ricollocare il dipendente licenziando in altre posizioni compatibili e disponibili, rappresenta un presupposto imprescindibile ai fini della legittimità del licenziamento per giustificato motivo oggettivo.
Secondo la Cassazione (Cass. 6084/2021; Cass. 5592/2016), spetta sempre al datore di lavoro la dimostrazione dell’oggettiva impossibilità di ricollocare il lavoratore, senza che egli sia tenuto a modificare la struttura aziendale o creare nuovi ruoli ad hoc.
Il perimetro di verifica è limitato a posizioni realmente esistenti e compatibili con la professionalità acquisita dal lavoratore (Cass. n. 1364/2025). Non sussiste obbligo di offrire ulteriori formazioni o ricollocamenti in mansioni eterogenee rispetto a quelle già svolte dal dipendente.
È legittimo il recesso quando tutte le collocazioni alternative nell’area di competenza risultano occupate e non seguono assunzioni in ruoli analoghi in tempi ravvicinati al licenziamento.
Le sentenze sottolineano come la mancata assunzione di nuovi dipendenti con competenze identiche o compatibili rappresenti elemento indiziario della corretta applicazione del repêchage. Ad esempio, la riassunzione di personale con mansioni diverse o molto tempo dopo il licenziamento non è indice di violazione dell’obbligo di ricollocamento. In pratica:
Cosa grava sul datore |
Provare mancanza di posti liberi compatibili con la professionalità del dipendente |
Non richiesto |
Riorganizzazione che imponga creazione di nuove posizioni o formazione accessoria |
Onere del lavoratore |
Solo eventuale indicazione specifica di ruoli disponibili individuati (la mancata allegazione non incide sull'onere della prova datoriale) |
L’assunzione di nuovo personale successive a un licenziamento per motivi oggettivi, secondo la giurisprudenza della Suprema Corte, può risultare conforme alla normativa in determinate circostanze:
L’analisi delle differenze tra settore pubblico e privato mette in risalto diversi livelli di rigidità e tutela nei confronti del lavoratore. Nel pubblico impiego, le procedure di licenziamento sono generalmente più rigide, esistendo una regolamentazione puntuale delle dotazioni organiche e della mobilità interna, il che rende più stringente la verifica del repêchage. Qualora il dipendente venga messo in esubero a seguito di riorganizzazione o soppressione del posto, il datore pubblico deve dimostrare in modo chiaro l’insussistenza di alternative, tenendo conto delle graduatorie e dei vincoli concorsuali. Le differenze sono: