Il lavoratore a chiamata costa all'azienda la stessa paga oraria prevista dal Contratto collettivo di lavoro applicato per i dipendenti con la stessa mansione. Naturalmente da riparametrare alle giornate lavorate.
Il contratto a chiamata si caratterizza per la sua flessibilità. Permette infatti al datore di lavoro di ricorrere alle prestazioni di un dipendente solo in caso di effettiva necessità.
Non è infatti casuale che sia così sfruttato dalle aziende, ma allo stesso anche per i lavoratori si tratta di una possibilità in più di arrotondare le entrate o, comunque, di fare esperienza. Magari con la speranza di trasformazione del rapporto di lavoro da saltuario a definitivo.
Tratti di ottimismo a parte, le normative vigenti fissano un perimetro ben preciso entro cui datore e lavoratore possono muoversi, anche dal punto di vista retributivo. Entriamo più specificatamente nei particolari e vediamo da vicino un aspetto ben preciso ovvero:
Contratto a chiamata, quanto costa al lordo e al netto
Leggi e CCNL 2022 aggiornati su contratto a chiamata
Se c'è un aspetto da chiarire subito è che il costo del lavoratore con contratto a chiamata non è inferiore rispetto a quello di un dipendente subordinato. In pratica, il compenso del lavoratore a chiamata non è inferiore rispetto a quello percepito da un collega con un contratto di lavoro subordinato.
Nei periodi in cui non ne viene utilizzata la prestazione il lavoratore a chiamata non matura alcun trattamento economico. A meno che abbia garantito al datore di lavoro la propria disponibilità a rispondere alle chiamate. In questo caso gli spetta l'indennità di disponibilità.
Ecco quindi il lavoratore a chiamata costa all'azienda la stessa paga oraria prevista dal Contratto collettivo di lavoro applicato per i dipendenti con la stessa mansione. Naturalmente da riparametrare alle giornate lavorate. Ecco dunque che il costo orario va da 7,50 fino a 16,11 euro.
Secondo le disposizioni vigenti, i contratti collettivi possono definire schemi retributivi modulari e incentivanti che tengano conto delle modalità di esecuzione della prestazione e dei diversi modelli organizzativi. Il corrispettivo orario è riconosciuto a condizione che, per ciascuna ora lavorativa, il lavoratore accetti almeno una chiamata.
Retribuzione e costi a parte, il contratto di lavoro a chiamata è stipulato in forma scritta e deve contenere durata e ipotesi, oggettive o soggettive, che consentono la stipulazione del contratto; luogo e modalità della disponibilità, eventualmente garantita dal lavoratore, e del relativo preavviso di chiamata del lavoratore, che non può essere inferiore a un giorno lavorativo.
Quindi il trattamento economico e normativo spettante al lavoratore per la prestazione eseguita e relativa indennità di disponibilità. Poi forme e modalità con cui il datore di lavoro è legittimato a richiedere l'esecuzione della prestazione di lavoro, nonché modalità di rilevazione della prestazione. Infine, tempi e modalità di pagamento della retribuzione e della indennità di disponibilità; e le misure di sicurezza necessarie in relazione al tipo di attività dedotta in contratto.
Il contratto a chiamata può quindi essere con obbligo di risposta con il lavoratore vincolato alla chiamata dell'impresa e dunque obbligato ad accettare il lavoro. Oppure senza obbligo di risposta con il lavoratore che può rifiutare il lavoro. Non solo, ma può anche essere a tempo determinato se il contratto ha una precisa scadenza oppure a tempo indeterminato se il contratto non ha scadenza.
Norme alla mano, in caso di malattia o di altro evento che gli renda temporaneamente impossibile rispondere alla chiamata, il lavoratore è tenuto a informarne tempestivamente il datore di lavoro, specificando la durata dell'impedimento, durante il quale non matura il diritto all'indennità di disponibilità. Se non provvede all'adempimento di cui al periodo precedente, il lavoratore perde il diritto all'indennità per un periodo di 15 giorni, salvo diversa previsione del contratto individuale.
E ancora: il rifiuto ingiustificato di rispondere alla chiamata può costituire motivo di licenziamento e comportare la restituzione della quota di indennità di disponibilità riferita al periodo successivo al rifiuto.