Spiare il cellulare, anche se di una persona a noi vicina come un marito, una moglie o un figlio, può configurare reati specifici secondo la normativa italiana, che punisce l’accesso abusivo a sistemi informatici. Al contempo, per i figli minorenni, i genitori hanno una responsabilità educativa che giustifica in parte il controllo, ma entro limiti precisi che rispettano il diritto alla riservatezza.
Controllare il telefono del partner, inclusa la lettura delle chat di WhatsApp, rappresenta una violazione grave del diritto alla privacy, tutelato dalla legge italiana anche nelle relazioni familiari. La Corte di Cassazione ha più volte ribadito che accedere senza autorizzazione a dispositivi elettronici altrui, come smartphone o computer, configurerebbe il reato di accesso abusivo a un sistema informatico previsto dall’articolo 615-ter c.p. Tale reato si verifica non solo quando si viola una password o una misura di sicurezza, ma anche quando si utilizza una credenziale conosciuta per scopi diversi da quelli autorizzati.
In ambito giudiziario, la Cassazione ha condannato in più casi l’accesso illecito ai dati del partner, allo stesso modo, accedere e fotografare una chat di Facebook del partner o modificare le password dei suoi account configura una violazione penalmente perseguibile.
L’utilizzo di spy-software o applicazioni che registrano contenuti e comunicazioni del partner senza autorizzazione integra invece il reato previsto dall’articolo 617 bis c.p., che punisce con pene severe chi installa strumenti per intercettare conversazioni private. Anche il solo tentativo di utilizzare queste informazioni come prove in giudizio non è consentito, poiché le leggi italiane vietano l’impiego di contenuti ottenuti in modo illecito nei tribunali.
Il fatto di aver ricevuto in passato le credenziali dal partner, non autorizza a usarle successivamente senza un nuovo consenso. Accedere per esempio a WhatsApp, contro la volontà del titolare, costituisce due reati:
Il reato è riconosciuto anche se il telefono risulta incustodito e con la schermata di WhatsApp aperta. Questo principio vale sia per le coppie separate che per quelle ancora insieme: la privacy resta inviolabile anche tra conviventi e coniugi. Inoltre, la Cassazione ha stabilito che sottrarre con la forza lo smartphone del partner può configurare il reato di rapina.
Il controllo dei genitori sui dispositivi dei figli minori si basa sul dovere di educazione e tutela, previsto dal Codice Civile. Tuttavia, tale sorveglianza deve bilanciarsi con il diritto alla riservatezza dei minori, sancito dall'art. 16 della Convenzione sui diritti del fanciullo. I genitori possono monitorare lo smartphone o le chat dei figli solamente in presenza di effettive necessità, come sospetti di rischi o comportamenti pericolosi. L'uso di strumenti come i software di parental control è considerato lecito entro questi limiti.
La responsabilità genitoriale implica il dovere di vigilare sui figli per garantire il loro benessere e una corretta crescita morale e fisica. Questo controllo, però, è giustificato solo quando esiste una effettiva necessità, come il sospetto che il minore possa essere vittima di cyberbullismo, coinvolto in attività illecite o esposto a contenuti pericolosi. Tali situazioni richiedono un intervento mirato, che deve comunque rispettare i diritti alla riservatezza del figlio.
La giurisprudenza italiana ha specificato che il controllo genitoriale deve basarsi su una precisa necessità e mai trasformarsi in una sorveglianza arbitraria o indiscriminata. Infatti, un monitoraggio eccessivo o ingiustificato dei dispositivi tecnologici può essere considerato un abuso, violando direttamente il diritto del minore alla privacy
Il diritto/dovere di controllo dei genitori va esercitato esclusivamente in funzione della tutela del minore. Ad esempio, un genitore che accede alle chat o ad altre attività online del figlio minorenne deve poter dimostrare un motivo valido che giustifichi l’intrusione.
L’accesso abusivo a un sistema telematico è un reato disciplinato dal codice penale e prevede una sanzione severa: chiunque si introduca illegalmente in un dispositivo elettronico o in una rete informatica senza autorizzazione rischia la reclusione fino a tre anni.
Diversamente, la violazione della corrispondenza, che si verifica quando qualcuno legge, intercetta o divulga comunicazioni private senza il consenso del legittimo destinatario, è punita con una pena più lieve. In questo caso, la legge prevede la reclusione fino a un anno o una multa compresa tra 30 e 516 euro.
Qualora entrambi i reati vengano commessi contemporaneamente, il colpevole non subirà due condanne distinte, ma si applicherà il principio del cumulo giuridico delle pene. Questo significa che si prenderà in considerazione la sanzione più severa (in questo caso, la reclusione fino a tre anni) e si potrà aumentarla fino al triplo, in base alla gravità del caso e alle circostanze specifiche.