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Se una firma su un contratto è illeggibile si può impugnarne la validità? Cosa dicono normative e giurisprudenza

La firma illeggibile in un contratto solleva numerose questioni sulla sua validità. Quadro normativo, orientamenti giurisprudenziali, casi pratici e protezione delle parti tra teoria e applicazione concreta.

Autore: Marianna Quatraro
pubblicato il
Se una firma su un contratto è illeggibi

La questione della validità di una firma illeggibile nei contratti è un tema di frequente interesse sia tra i cittadini sia tra gli operatori del diritto, specie in un contesto caratterizzato da un'elevata diffusione di pratiche contrattuali digitalizzate e cartacee. Spesso, ci si imbatte in sottoscrizioni che, per vari motivi, risultano difficilmente decifrabili: talvolta per l'abitudine del firmatario, talvolta per limiti fisici, altre volte per semplici disattenzioni. Il nodo centrale riguarda la possibilità di impugnare la validità di tali contratti, fondando l'eccezione sull'assenza di una firma chiaramente riconducibile a una persona determinata.

Dal punto di vista giuridico, la sottoscrizione rappresenta il principale elemento attestante la volontà delle parti di vincolarsi alle clausole dell'atto sottoscritto. Pertanto, la leggibilità, seppur non obbligatoriamente richiesta nella forma, assume un rilievo sostanziale quando interferisce con la possibilità di identificare con certezza chi abbia firmato. In questa prospettiva, la domanda «una firma illeggibile è sempre valida?» trova risposta esaminando la disciplina normativa e le più significative interpretazioni giurisprudenziali, analizzando casi concreti, profili processuali e oneri della prova a carico di chi intende opporsi alla validità dell'atto.

Normativa applicabile: firme illeggibili e validità degli atti secondo la legge e la giurisprudenza

Il sistema normativo italiano attribuisce un ruolo cardine alla firma quale strumento di manifestazione della volontà negoziale e di attribuzione della paternità dell'atto. L'articolo 2702 del codice civile stabilisce che la scrittura privata fa piena prova, fino a querela di falso, della provenienza delle dichiarazioni dai sottoscrittori qualora sia riconosciuta o legalmente considerata come tale. Tuttavia, la legge non impone particolari requisiti di “leggibilità” della firma; è sufficiente che questa presenti una propria individualità grafica, anche se ridotta a un semplice segno identificativo.

La giurisprudenza di legittimità ha precisato che il requisito di validità della firma non è leso dalla mera illeggibilità, purché il segno grafico sia riconducibile in modo certo al sottoscrittore e non venga messa in discussione la provenienza della sottoscrizione (Cass. civ. n. 13018/2006; Cass. civ. n. 4199/2012). In ambito contrattuale, quindi, una firma illeggibile costituisce indice valido della volontà contrattuale salvo il caso in cui sorgano dubbi circa l'identità del firmatario:

  • Per quanto riguarda i contratti conclusi con il consumatore, l'art. 35 del Codice del Consumo impone ai professionisti un obbligo di chiarezza e comprensibilità delle clausole. Tuttavia, il requisito si applica al testo delle clausole e non alla leggibilità della firma.

  • In merito agli atti processuali, specifiche norme impongono che sia identificabile il conferente del mandato alle liti (ad esempio l'articolo 182 c.p.c.).

Solo in presenza di elementi che impediscono di individuare con certezza l'identità del sottoscrittore, il contratto potrà essere impugnato per invalidità. In caso di dubbi, la tutela è assicurata mediante strumenti processuali specifici, come il disconoscimento e la querela di falso per gli atti dotati di fede privilegiata:

Requisiti della firma nei contratti

Univoca riferibilità, apposizione alla fine del testo, presenza di elementi grafici riconducibili al soggetto firmatario.

Effetti della firma illeggibile

Validità mantenuta se è possibile, anche indirettamente, identificare il sottoscrittore.

Onere della prova

Chi contesta deve dimostrare l'impossibilità di riferire la firma al soggetto dichiarato.

La firma illeggibile nei contratti: casi pratici e orientamenti della Cassazione

La prassi documentale evidenzia numerosi casi in cui la firma illeggibile nei contratti è stata portata all'attenzione dei giudici. L'analisi delle decisioni della Corte di Cassazione offre alcuni punti fermi:

  • La mera presenza di un segno grafico privo di leggibilità non comporta nullità del contratto se il segno è riferibile all'autore e le parti, al momento della sottoscrizione, sapevano o potevano sapere chi era il firmatario.

  • Cass. civ. 31/05/2006 n. 13018: il Supremo Collegio indica che la firma anche se illeggibile è valida se reca il carattere di individualità grafica, tale da poter essere attribuita alla persona che doveva sottoscrivere l'atto.

  • Sentenza Cass. civ., Sez. U, 07/11/2013, n. 25036: nei casi di stipulazione in nome di società, in assenza di elementi che consentano di attribuire il segno apposto a una persona investita dei poteri rappresentativi, l'atto può essere dichiarato nullo. Se invece la firma, pur non decifrabile, si lega a dati contestuali (es. nome a stampa del rappresentante, qualifica aziendale) l'identificabilità è assicurata e il contratto resta valido.

  • Nel caso di procacciatori d'affari o rappresentanti di società che firmano per conto dell'ente, la Cassazione ammette che la sottoscrizione possa essere identificata tramite dati accessori come timbri societari, sigle, timbri di congiunzione e intestazioni, purché sussista la possibilità di risalire, anche tramite documenti di causa, alla paternità della sottoscrizione.

Particolarmente delicata è la questione nei casi in cui si intenda disconoscere la firma. La giurisprudenza (Trib. Milano, Sent. 5155/2025) ritiene inammissibile un disconoscimento generico o basato solo sull'assenza di elementi di congiunzione materiale (timbri o firme su ogni pagina), ove manchi una specifica indicazione degli aspetti contestati.

Nei giudizi per nullità, l'onere gravante su chi eccepisce la non validità della firma richiede argomentazioni circostanziate e, nei casi dubbi, un approfondimento tecnico-peritale. La praxis conferma dunque la tendenza restrittiva dei giudici nell'accogliere impugnazioni basate solo sull'illeggibilità, soprattutto in presenza di altri elementi identificativi.

Procura alle liti e atti processuali: conseguenze della firma illeggibile e criteri di identificabilità

In ambito processuale, la sottoscrizione degli atti e delle procure alle liti assume una specifica rilevanza, poiché garantisce la rappresentanza e la legittimazione delle parti dinanzi al giudice. Secondo la recente ordinanza della Corte di Cassazione (civile, 30 gennaio 2025 n.2150), la procura speciale alle liti è nulla se la firma è illeggibile e il nome del firmatario non compare nel testo, né tra le intestazioni o nei documenti allegati che consentano un'identificazione certa del conferente:

  • Quando la sottoscrizione è apposta in calce a un timbro societario senza specificazione della funzione sociale né nominativo della persona fisica, la nullità della procura viene ravvisata.

  • Se, invece, la firma non leggibile è accompagnata dall'esplicito riferimento nel testo dell'atto (o a margine) al nome, qualifica e ruolo del conferente, e questi elementi risultano collegabili tramite altra documentazione (ad esempio dal registro imprese), la validità della procura è salvaguardata.

La normativa di riferimento, in particolare l'art. 182 c.p.c., impone infatti che in presenza di un vizio di rappresentanza (ad esempio una procura affetta da firma non identificabile), il giudice assegni un termine per la sanatoria, permettendo la rinnovazione della procura con effetti retroattivi. Tale meccanismo garantisce l'effettività della tutela processuale, consentendo di rimediare a errori formali ove vi sia la sostanza dell'intenzione rappresentativa:

Ipotesi

Effetti

Procura con firma illeggibile ma identificazione chiara del conferente nel testo

Valida

Procura con firma illeggibile, assenza di nome/funzione/carica

Nullità sanabile con rinnovazione

Il giudice deve, quindi, valutare caso per caso la reale impossibilità di risalire all'identità del conferente. In mancanza di tale identificazione anche aliunde, il vizio non può essere superato e la procura resta priva di effetti.

Notifiche e ricevute: validità della firma illeggibile e oneri di prova per impugnare

La validità delle firme apposte su ricevute di notifica, avvisi di ricevimento e cartoline postali riveste particolare importanza nei procedimenti civili, amministrativi e tributari. In molti casi, le ricevute riportano sottoscrizioni poco leggibili o sigle difficilmente attribuibili al reale destinatario. Per quanto riguarda gli atti giudiziari, la legge attribuisce "fede privilegiata" all'attività dell'agente postale che notifica su delega dell'ufficiale giudiziario (art. 7 L. 890/1982). Ciò implica che la firma, anche se illegibile, fa piena prova della consegna dell'atto all'indirizzo indicato e può essere contestata soltanto con querela di falso:

  • Se invece si tratta di semplici raccomandate tra privati, l'avviso di ricevimento non costituisce atto pubblico ma scrittura privata: in tal caso, la firma illeggibile può essere contestata mediante disconoscimento in giudizio, senza l'onere della querela di falso.

  • In ambito tributario, la Cassazione ha stabilito che la copia della ricevuta con firma, se non specificamente contestata dalla parte interessata, fa piena prova della regolarità della notifica. La contestazione deve essere specifica e fondata su elementi concreti che neghino l'avvenuta consegna o attribuzione della firma al vero destinatario.

Alla luce della recente giurisprudenza (Cass. civ. n. 7052/2025), per disconoscere la validità della notifica basata su ricevuta con firma illeggibile, sono richieste contestazioni circostanziate e motivate. Non è sufficiente un semplice dubbio; occorre dimostrare che il destinatario non ha mai ricevuto l'atto, producendo ad esempio prove della propria assenza o dell'impossibilità materiale di essere presente al momento della consegna.

La tutela in caso di firma sconosciuta o contestata: elementi di prova, strumenti di impugnazione e profili procedurali

Quando si ritiene che l'apposizione di una firma su un contratto o su una ricevuta sia sconosciuta, apocrifa o comunque non riconducibile al soggetto che avrebbe dovuto sottoscrivere, la legge offre strumenti di tutela. Nel caso in cui la firma illeggibile riguardi una notifica assistita da fede privilegiata (atti giudiziari o tributari), l'unico rimedio è rappresentato dalla querela di falso. Per le raccomandate ordinarie, invece, la contestazione avviene con la dichiarazione di disconoscimento nella prima occasione utile in giudizio:

  • Per sostenere l'invalidità della sottoscrizione occorre fornire elementi di prova concreti: ad esempio, dimostrare la propria assenza al momento della consegna con certificazioni e testimonianze, o produrre documentazione medica, lavorativa o anagrafica.

  • Nel caso di firme contestate su contratti, la richiesta di perizia grafologica può essere accolta, specie quando sussistano elementi oggettivi di dubbio o contrasti tra più firme apposte dalla medesima persona su diversi documenti (v. Tribunale di Bari, Sent. 574/2025).

  • Se la contestazione riguarda un atto giudiziario o tributario, la prova contraria dovrà superare la presunzione di conoscenza sancita dall'art. 1335 c.c., dimostrando di essere stati, senza colpa, nell'impossibilità di prenderne conoscenza.

I rimedi processuali prevedono, dunque, sia lo strumento della querela di falso (per gli atti pubblici e le notifiche giudiziarie), sia il disconoscimento delle scritture private non riconosciute, a tutela delle parti ingiustamente coinvolte. La giurisprudenza contemporanea tende a valorizzare la sostanza delle situazioni, ammettendo annullamento o inefficacia degli atti solo in caso di concreta lesione dei diritti difensivi o di effettiva incertezza sulla paternità della sottoscrizione.