Lavorare durante la notte è una realtà consolidata in molti settori produttivi e dei servizi in Italia. Questo particolare regime orario, regolato da normative stringenti, offre sia opportunità sia sfide sia per i datori di lavoro che per i lavoratori. In un contesto di progressiva estensione dei servizi h24, comprendere limiti, divieti e diritti dei turni notturni è essenziale per tutelare la salute e la sicurezza sul lavoro, garantire una corretta applicazione dei contratti collettivi nazionali (CCNL) e rispettare la normativa vigente.
Secondo la normativa italiana, il lavoro notturno è definito come quel periodo di attività lavorativa svolta per almeno sette ore consecutive che comprendano l’intervallo tra la mezzanotte e le cinque del mattino. Sono dunque ricomprese nella definizione di legge tutte le attività che si svolgono, ad esempio, tra le 22:00 e le 5:00, dalle 23:00 alle 6:00 oppure tra la mezzanotte e le 7:00.
L’attività notturna è diffusa in numerosi comparti: forze dell’ordine, sanità, logistica, trasporti, ristorazione, enti pubblici, industria alimentare, vigilanza privata e assistenza. Oltre ai settori tradizionalmente coinvolti, l’incremento dei servizi su turnazione prevede una crescita costante di lavoratori notturni anche nei reparti di produzione industriale, nella grande distribuzione organizzata, nel settore alberghiero e nei servizi di customer care. Nel 2025, secondo i più recenti dati Istat, oltre 2,5 milioni di lavoratori sono interessati dai turni di notte, il che rappresenta oltre il 10% della forza lavoro dipendente.
La principale fonte normativa per il lavoro notturno è il Decreto Legislativo 66/2003, che attua le direttive comunitarie in materia di organizzazione dell’orario di lavoro e indica:
Tali limiti rappresentano tutele inderogabili per la sicurezza dei lavoratori. I contratti collettivi possono prevedere discipline migliorative per specifici settori o casi particolari. Ulteriori dettagli sulle regole generali possono essere consultati nelle norme in vigore sugli orari di lavoro e nella regolamentazione dei turni e orari spezzati.
Il legislatore prevede esplicite tutele per alcune categorie di lavoratori che non possono (o possono solo con il loro consenso) essere impiegati in attività notturne:
Inoltre, la contrattazione collettiva può includere ulteriori categorie escluse dall’obbligo di turnazione notturna.
I datori di lavoro hanno specifici obblighi di legge:
Il lavoro notturno comporta oggettivi effetti collaterali sulla salute, come documentato in letteratura scientifica e normativa tecnica. A breve termine si possono verificare disturbi del sonno, digestione difficile, stress, aumento di peso. Nel lungo periodo la turnazione espone a maggiori rischi di patologie cardiovascolari, compromissione della sfera psicoaffettiva e, secondo l’Iarc, a un probabile aumento del rischio oncologico. Per questo la valutazione sanitaria periodica e le misure di prevenzione e sorveglianza risultano obbligatorie.
L’impiego continuativo nel lavoro notturno rientra tra le attività classificabili come lavori usuranti ai sensi del D.Lgs. 67/2011. Gli aventi diritto possono accedere a forme di pensionamento anticipato una volta soddisfatti precisi requisiti, come l’aver lavorato di notte per almeno 78 giorni l’anno con turni di durata adeguata. Nel calcolo della pensione possono essere applicati coefficienti di maggiorazione per la valutazione dei contributi versati. L’esatto diritto scaturisce comunque dagli anni di contribuzione complessiva, dalla fascia di età e dalla tipologia di servizio notturno svolto.