Si ritorna al 21% di tassazione sugli affitti brevi dopo che si era passati nel primo testo della Manovra Finanziaria 2026 al 26%. Ma la modifica, in realtà, rimarrà solo su carta, in quanto la maggior parte di chi affitta usa intermediari e per loro anche nella nuova versione della legge rivista l'aliquota cresce al 26%
Gli affitti brevi a partire dal 2026 avranno un importante novità e modifica sulla tassazione, per quanto riguarda l’aliquota della cosiddetta "cedolare secca" deciso nella Manovra Finanziaria 2026, destinato ad impattare direttamente sui proprietari e sugli operatori del settore. L’intento dichiarato delle nuove misure è duplice: da un lato incrementare il gettito fiscale e dall’altro cercare di gestire gli effetti dell’incremento degli affitti brevi sull’accessibilità abitativa per residenti e studenti.
Dopo un primo testo della Manovra Finanziaria, dove la tassazione degli affitti brevi passava per tutti dal 21% al 26%, un secondo testo (sempre della Manovra Finanziaria) questa volta bollinato dalla Ragioneria di Stato ha riportato la tassa al 21%, ma solo per chi non passa attraverso intermediaria come siti web, portali del tipo di Airbnb e intermediari stessi di altro genere.
Una decisione che ha provato forte scontento e critiche, e che, come vedremo, concreto non cambia "de facto" nulla
A partire dal 2026 il regime fiscale che disciplina le locazioni di breve durata subirà una modifica importante. Fino ad ora, la cedolare secca applicata sui redditi derivanti dalla locazione breve è stata fissata al 21% sulla prima unità immobiliare, passando poi al 26% per i contratti relativi a più unità o per determinate condizioni.
La Legge di Bilancio introduce una nuova distinzione fondamentale, già oggetto di ampio dibattito tra operatori, associazioni di categoria e opinione pubblica. L’aliquota agevolata al 21% potrà essere mantenuta solo ove il proprietario concluda i contratti di affitto direttamente con l’inquilino, senza l’intermediazione di portali online o agenzie. In caso contrario, ossia qualora ci si avvalga di portali come Airbnb, Booking e analoghi intermediari immobiliari, l’aliquota applicata salirà al 26% già dalla prima unità locata.
L’inasprimento dell’aliquota sulla cedolare secca, soprattutto laddove si scelga di affidarsi a portali digitali o a intermediari, ha suscitato numerose critiche. Le associazioni di rappresentanza dei piccoli proprietari hanno sottolineato come la quasi totalità dei contratti di affitto breve venga stipulata proprio tramite queste piattaforme, le quali garantiscono sicurezza nelle transazioni e una fiscalità tracciata. Tale cambiamento è percepito come una "patrimoniale mascherata" su oltre mezzo milione di famiglie che traggono un’integrazione al proprio reddito dalla seconda casa.
I 3 rischi maggiori:
Le piattaforme di intermediazione e le agenzie immobiliari hanno rivoluzionato il settore delle locazioni brevi, offrendo ai proprietari strumenti di gestione, visibilità internazionale, garanzie sui pagamenti e tutela nella stipula dei contratti. La quasi totalità delle operazioni viene ormai gestita tramite questi canali digitali: si stima che il 90% dei proprietari si affidi esclusivamente alle piattaforme, rendendo pressoché residuo il mercato delle locazioni dirette "tra privati".
L’aumento della tassazione sugli affitti brevi tramite intermediari viene considerato da molti operatori come un intervento dal forte impatto economico. Oltre a incrementare il gettito statale, la misura rischia di influenzare le dinamiche del mercato immobiliare turistico e la redditività degli investimenti in seconde case. Secondo le stime ufficiali, la nuova aliquota dovrebbe produrre un effetto di cassa positivo di oltre 100 milioni di euro annui dal 2028, destinati a finanziare le principali voci della legge di bilancio.
In sintesi: