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Averna, Braulio e mirto Zedda Piras: i 3 amari messi in vendita da Campari. I 6 possibili acquirenti e conseguenze per dipendenti

di Marcello Tansini pubblicato il
Averna, Braulio e mirto Zedda Piras in v

La decisione di Campari di mettere in vendita tre storici marchi di amari italiani, Averna, Braulio e Mirto Zedda Piras, segna una svolta per l'azienda e pone interrogativi sul futuro di lavoratori, territori e mercato.

L’annuncio dell’intenzione di cedere tre autentici simboli della liquoristica italiana ovvero lo storico Averna, il Braulio della Valtellina e il mirto sardo Zedda Piras, da parte di una delle principali aziende mondiali del beverage, segna una svolta per tutto il comparto. Questa scelta, comunicata dal gruppo guidato da Simon Hunt, apre nuovi scenari sia per le aziende potenzialmente interessate all’acquisizione sia per i lavoratori e le comunità legate alla storia di questi marchi. La cessione proposta coinvolge realtà che hanno plasmato il gusto e l’identità di interi territori e che ancora oggi rappresentano punti di riferimento per la tradizione del bere italiano. 

La decisione di Campari: perché cedere Averna, Braulio e Mirto Zedda Piras

La scelta di dismettere tre fra le etichette più radicate nella tradizione nazionale nasce dall’esigenza strategica di focalizzarsi sulle linee di prodotto a maggiore prospettiva di crescita internazionale. Il gruppo, negli ultimi mesi, ha progressivamente annunciato la volontà di ridurre il numero di marchi gestiti, passando dalla gestione di ben 72 brand ad una selezione più attenta a marginalità e sviluppo globale.

L’analisi del board ha portato alla conclusione che solo un numero ristretto di brand può venire valorizzato pienamente sul mercato internazionale. Il nuovo piano industriale, presentato durante lo Strategy Day di novembre, ha individuato la categoria aperitivi – che include Aperol e Campari – come asse portante delle strategie future, essendo essa già oggi responsabile di una parte rilevante del fatturato. Di conseguenza, circa trenta etichette considerate meno strategiche sono finite nella lista delle potenziali cessioni e alcune, tra cui Averna, Braulio e Zedda Piras, sono già oggetto delle prime trattative con potenziali acquirenti. Nel complesso, il giro d’affari annuale legato ai tre amari ammonta a circa 80 milioni di euro, confermando il loro peso economico e simbolico.

La decisione ha trovato conferma nelle dichiarazioni dell’attuale amministratore delegato, che ha sottolineato come nessun gruppo sia realmente in grado di sostenere la crescita di decine di marchi contemporaneamente: la strategia adottata punta a rafforzare e accelerare lo sviluppo dei prodotti maggiormente competitivi e rilevanti a livello globale, ridisegnando così le priorità d’investimento.

I marchi in vendita: storia e importanza di Averna, Braulio e Mirto Zedda Piras

Averna, Braulio e Zedda Piras sono amari profondamente legati alla cultura italiana e alle rispettive regioni d’origine, frutto di savoir-faire e tradizione che affondano le radici nel XIX secolo.

  • Averna: nato in Sicilia nel 1868, il liquore ha origine dalla ricetta di un monaco cappuccino donata ad un mercante di Caltanissetta, Salvatore Averna. Riconosciuto anche a livello internazionale come “amaro della tradizione siciliana”, rappresenta il connubio fra le erbe mediterranee e una storia imprenditoriale di famiglia lunga oltre un secolo. Averna è oggi uno dei simboli della convivialità isolana, consumato come digestivo o come ingrediente di cocktail in Italia e all’estero.
  • Braulio: sviluppato nel cuore della Valtellina a Bormio, dal farmacista Francesco Peloni nel 1875, Braulio si distingue per la sua ricetta segreta che esalta le erbe spontanee delle Alpi. Prodotto ad alta quota e invecchiato in botti di rovere, l’amaro si è distinto come vero ambasciatore delle eccellenze alpine, mantenendo intatti i metodi artigianali e una filiera corta che valorizza la montagna valtellinese.
  • Mirto Zedda Piras: riferimento indiscusso per la cultura sarda del mirto, nasce sull’isola nel secondo dopoguerra, ma eredita una tradizione millenaria di liquori a base di bacche autoctone. Zedda Piras ha contribuito, attraverso una produzione attenta alla qualità e all’autenticità, a diffondere la tipicità sarda in Italia e all’estero, rendendo il mirto un simbolo dell’ospitalità e del gusto mediterraneo.
Si tratta di prodotti che, oltre alla loro importanza commerciale, sono espressione di identità locali – Sicilia, Valtellina, Sardegna – e della tradizione erboristica italiana. Le ricette rimaste segrete, la qualità delle materie prime e la fedeltà ai territori d’origine hanno permesso a questi amari di giungere alle nuove generazioni senza perdere il legame con il passato. La loro vendita da parte del gruppo Campari apre ora interrogativi circa il mantenimento di questo legame storico, vista la rilevanza per i distretti produttivi e per il turismo enogastronomico.

I possibili acquirenti: chi potrebbe comprare i tre amari storici

La messa in vendita dei tre storici marchi ha attirato l’interesse sia di grandi operatori italiani sia di fondi di investimento, con una specifica attenzione di diversi gruppi già radicati nel settore dei distillati.

Fra i potenziali candidati spiccano:

  • Gruppo Montenegro: la realtà guidata dalla famiglia Seragnoli, detentrice di brand come Amaro Montenegro, Select e Vecchia Romagna, vanta una consolidata presenza nel segmento degli amari e potrebbe rafforzare ulteriormente la propria leadership attraverso l’acquisizione di realtà complementari per storia e target di mercato.
  • Illva Saronno: nota in tutto il mondo per l’Amaretto Disaronno, l’azienda ha già in portafoglio etichette storiche come Rabarbaro Zucca ed è riconosciuta per la capacità di valorizzare le specificità produttive dei territori.
  • Fratelli Branca Distillerie: con una lunga storia nell’industria degli alcolici italiani (Fernet-Branca, Stravecchio Branca), il gruppo ha recentemente dimostrato interesse per l’arricchimento e la diversificazione del proprio portafoglio, anche in risposta alle nuove tendenze della mixology internazionale.
  • Lucano 1894: forte della gestione del celebre Amaro Lucano e dell’organizzazione del World Amaro Day, la distilleria di Matera ambisce a consolidarsi come punto di riferimento nell’heritage degli amari italiani, rafforzando il legame con la tradizione.
  • NewPrinces: il gruppo di Angelo Mastrolia, già protagonista nella recente acquisizione dell’ex sito produttivo Cinzano da Diageo, rappresenta una delle realtà più dinamiche del settore negli ultimi anni.
  • Fondi d’investimento internazionali: attratti dall’importante redditività (fatturato aggregato nell’ordine degli 80 milioni di euro), non si esclude la possibilità che operatori finanziari stranieri intervengano per acquisire e valorizzare questi asset di grande richiamo.

Le conseguenze della vendita per dipendenti, territori e mercato

L’uscita dei tre amari dal portafoglio Campari avrà un impatto significativo su diversi livelli – industriale, sociale e culturale.

La principale preoccupazione riguarda i lavoratori impiegati nei siti produttivi delle tre etichette, spesso localizzati in aree ad alta vocazione enogastronomica. Il cambio di gestione potrebbe determinare, nel breve periodo, una fase di incertezza sulle condizioni occupazionali o sulle strategie di rilancio dei territori. Tuttavia, i potenziali acquirenti italiani mostrano una maggiore propensione a preservare la continuità produttiva e a investire in nuove iniziative di valorizzazione territoriale.

Sul piano sociale, Averna, Braulio e Zedda Piras rappresentano più di semplici brand: incarnano identità locali, formule produttive trasmesse di generazione in generazione e numerose filiere di microfornitori. La loro tenuta dopo la cessione dipenderà dalla capacità degli eventuali nuovi proprietari di mantenere saldo il legame con le comunità, investendo in promozione turistica e tutela delle tradizioni. Il rischio percepito è che un acquirente privo di radicamento nel territorio possa, nel tempo, spostare parte della produzione o modificare ricette e filiere.

Infine, il settore degli amari italiani, già in forte competizione a livello internazionale, potrebbe assistere a una crescente concentrazione degli operatori e a nuove dinamiche di mercato. L’acquisizione da parte di gruppi specializzati o di dimensioni ridotte potrebbe favorire la valorizzazione di ogni marchio, tutelando la distintività e affrontando la sfida dell’internazionalizzazione. La prospettiva opposta – quella di una gestione orientata esclusivamente ai risultati finanziari – rischia invece di indebolire il patrimonio culturale ed enogastronomico italiano.