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Chi è Theter e la sua proprietà? Di cosa si occupa l'azienda? E' davvero così ricca e solida?

di Chiara Compagnucci pubblicato il
Chi è Theter

La proprietà di Tether ruota attorno a pochi persone che esercitano un controllo concentrato su un'enorme massa di capitali.

Fondata nel 2014 e cresciuta nell'alveo dell'ecosistema Bitfinex, di cui condivide la proprietà, Tether ha sviluppato una struttura con radici legali nelle Isole Vergini Britanniche e diramazioni operative nei principali hub finanziari del globo. La società è oggi sotto i riflettori per i suoi numeri imponenti e per il suo recente ingresso in uno dei settori più iconici e popolari d'Europa: il calcio. Vediamo i dettagli:

  • Proprietà, struttura e potere finanziario di Tether
  • L'interesse per la Juventus, più di una semplice operazione di marketing

Proprietà, struttura e potere finanziario di Tether

La proprietà di Tether ruota attorno a pochi persone che esercitano un controllo concentrato su un'enorme massa di capitali. A guidare la società troviamo Giancarlo Devasini, Chief Financial Officer di Bitfinex e figura centrale anche nella governance di Tether Holdings Ltd. Con lui, il CEO JL van der Velde e altri due soci detengono circa l'86% della società, come rivelato da documenti interni citati dal Wall Street Journal. Tra gli azionisti c'è anche Christopher Harborne, noto nel Regno Unito come donatore politico ma anche attivo nel settore tecnologico con il nome tailandese di Chakrit Sakunkrit.

Il vero potere di Tether non va cercato solo nei nomi dei suoi proprietari, ma nella massa di riserve che amministra. L'azienda, nel primo trimestre del 2024, ha registrato un utile netto di 4,52 miliardi di dollari, un risultato reso possibile soprattutto dagli investimenti in titoli del Tesoro USA, che ammontano a oltre 97 miliardi di dollari. Questa cifra la posiziona tra i primi acquirenti globali di debito americano, al pari di nazioni sovrane come la Svizzera o la Norvegia. La strategia di Tether si basa su un modello tanto semplice quanto potente: emettere USDT, la sua stablecoin ancorata al dollaro, in cambio di dollari reali da parte degli investitori, e impiegare poi questi fondi in strumenti sicuri e ad alto rendimento. In questo modo, l'azienda genera profitti sostanziosi senza esporsi alla volatilità tipica delle criptovalute.

L'interesse per la Juventus, più di una semplice operazione di marketing

Tether ha compiuto un passo inedito per un'azienda attiva nel settore crypto: ha acquisito il 10,12% della Juventus, diventando il secondo azionista del club. L'operazione ha fatto scalpore per la diversificazione strategica in un settore che offre visibilità planetaria e risonanza mediatica.

La mossa rientra in una logica di integrazione tra finanza digitale e intrattenimento tradizionale. In un'epoca in cui la fidelizzazione dei clienti avviene anche attraverso canali emozionali, l'investimento di Tether nella Juventus può essere letto come un tentativo di rafforzare la brand identity dell'azienda oltre l'ambito finanziario. C'è poi un altro elemento da considerare: le tecnologie blockchain possono trovare nel calcio un campo di applicazione ideale, sia per la gestione dei biglietti, sia per il commercio di oggetti da collezione digitali, sia per la creazione di fan token o strumenti di governance partecipativa per i tifosi.

L'ingresso nel mondo del pallone solleva anche delle domande sulla solidità a lungo termine del modello di business di Tether. L'azienda è più volte finita nel mirino delle autorità regolatorie americane ed europee, che chiedono maggiore trasparenza sull'effettiva copertura delle riserve che garantiscono la convertibilità di USDT. Nonostante le attestazioni periodiche rilasciate da terze parti, l'assenza di una vera e propria audit completa resta un nodo critico, soprattutto per un'entità che gestisce volumi superiori a quelli di molte banche centrali.