Nel 2025 il settore della ristorazione dŕ occupazione a circa 1,5 milioni di persone, di cui 1,1 milioni risultano lavoratori dipendenti.
Il comparto della ristorazione italiana nel 2025 si presenta con un quadro a doppia velocità: da un lato emergono segnali di ripresa economica, dall'altro tra fallimenti e chiusur persistono fragilità strutturali che rallentano il pieno recupero. Secondo l'ultima edizione del Rapporto Ristorazione FIPE-Confcommercio, il valore aggiunto generato dalle attività del settore ha raggiunto quota 59,3 miliardi di euro con un incremento dell'1,4% rispetto all'anno precedente. Una cifra insufficiente a colmare il divario con i livelli pre-pandemia. I consumi alimentari fuori casa sono aumentati del 1,6% in termini reali, toccando i 96 miliardi di euro, ma rimangono ancora sotto del 6% rispetto al 2019. La domanda esiste, cresce ma è distribuita in modo disomogeneo tra territori e tipologie di esercizi.
Il numero delle imprese attive si attesta intorno alle 328.000, ma con un calo complessivo dell'1,2%, in particolare nei bar che segnano un -3,3%. A resistere sono i ristoranti tradizionali e quelli con servizi evoluti, spesso legati a cucine gourmet, etniche o salutiste, che intercettano i nuovi trend di consumo. Le grandi città e le località turistiche registrano una performance migliore, sostenute dalla ripresa del turismo internazionale, mentre nelle province minori il tessuto imprenditoriale appare ancora fragile. Approfondiamo alcuni aspetti:
Le nuove generazioni si avvicinano alla ristorazione con aspettative diverse rispetto al passato: maggiore equilibrio tra vita privata e professionale, retribuzioni più eque, possibilità di crescita. Le imprese che investono su questi aspetti, creando ambienti di lavoro motivanti e percorsi formativi strutturati, riescono a trattenere i talenti. Le altre rischiano di vederli fuggire. Le difficoltà di reperimento non dipendono solo dal lavoro “duro”, ma anche da retribuzioni spesso basse e da un sistema contrattuale ancora poco attrattivo.
Un dato emerso nel Rapporto FIPE 2025 riguarda la propensione agli investimenti. Circa il 40% delle imprese ha investito nel corso dell'ultimo anno, per un ammontare stimato intorno ai 2 miliardi di euro. Gli interventi più frequenti hanno riguardato l'ammodernamento dei locali, l'acquisto di nuove attrezzature, la digitalizzazione dei sistemi di prenotazione e gestione. Sempre più attività investono anche nella sostenibilità ambientale, puntando su filiere corte, packaging compostabili e riduzione degli sprechi.
Ma accanto ai segnali di modernizzazione emergono anche criticità economiche. I margini di guadagno restano compressi dall'aumento dei costi delle materie prime, dall'energia, dagli affitti e dalla pressione fiscale. In molti casi, nonostante l'aumento dei fatturati, gli utili netti si riducono. Le piccole imprese, che costituiscono la stragrande maggioranza del settore, faticano a consolidarsi e a creare riserve. La sopravvivenza di tanti ristoranti è legata al lavoro diretto dei titolari e delle loro famiglie, con condizioni di auto-sfruttamento spesso invisibili nelle statistiche ufficiali.
Particolare attenzione merita infine la ristorazione collettiva: un comparto che vale 4,4 miliardi di euro di fatturato, ma che ha visto negli ultimi anni una drastica contrazione della redditività. Il calo del risultato operativo, secondo uno studio di Nomisma, supera il 69% rispetto al 2018. A pesare sono i vincoli normativi, l'aumento dei costi e gare d'appalto pubbliche spesso giudicate non sostenibili.