L’Italia č uno dei pochi paesi europei che ha scelto di abbandonare l’energia nucleare, con due referendum che hanno sancito la fine dell’utilizzo di questa tecnologia.
Dopo oltre tre decenni di assenza, il governo sta valutando la possibilità di reintegrare il nucleare nel mix energetico nazionale. Questo progetto si inserisce nel contesto della indipendenza energetica e di riduzione delle emissioni di CO2, ma il tema divide ancora profondamente l’opinione pubblica. La domanda è se gli italiani siano pronti ad accettare questa svolta e se il nucleare sia davvero una soluzione economica e sostenibile nel lungo termine.
Nel gennaio 2025, il Ministero dell’Ambiente e della Sicurezza Energetica ha presentato un disegno di legge delega che punta a ridefinire il quadro normativo per il nucleare sostenibile. L’obiettivo è studiare e implementare le nuove tecnologie di reattori modulari di piccola taglia che garantirebbero maggiore sicurezza e tempi di costruzione ridotti rispetto alle vecchie centrali.
Se da un lato il nucleare potrebbe contribuire alla transizione energetica, dall’altro i costi elevati e le problematiche legate allo smaltimento delle scorie radioattive restano punti critici. Nonostante i progressi tecnologici, il rischio di incidenti e l’accettazione sociale del nucleare sono ancora questioni aperte.
L’opinione pubblica è sempre stata piuttosto scettica nei confronti dell’energia atomica, ma negli ultimi anni qualcosa sta cambiando. Secondo un sondaggio SWG, tra il 49% e il 55% degli italiani oggi si dichiara favorevole al ritorno del nucleare. Il sostegno è elevato tra i giovani sotto i 35 anni, con oltre il 63% di consenso, mentre tra gli over 55 la percentuale scende al 47%.
Uno degli argomenti a favore del nucleare è il suo potenziale contributo alla sicurezza energetica del Paese. Sei italiani su dieci ritengono che il ritorno dell’energia atomica possono ridurre la dipendenza dai fornitori stranieri di gas e petrolio. Molti cittadini ritengono che l’Italia abbia commesso un errore strategico nel 2011, quando ha confermato l’abbandono del nucleare con il secondo referendum.
Ma restano preoccupazioni ambientali e di sicurezza. I timori riguardano la gestione delle scorie radioattive, che richiedono impianti di stoccaggio sicuri per migliaia di anni, e il rischio di incidenti nucleari, per quanto le tecnologie moderne abbiano ridotto questa possibilità. Inoltre, le associazioni ambientaliste continuano a sottolineare che il nucleare non è una soluzione a breve termine
Uno degli argomenti chiave del dibattito riguarda il costo reale del nucleare. La costruzione di una centrale nucleare richiede investimenti miliardari e tempi di realizzazione molto lunghi. Per esempio, il Flamanville 3 in Francia, un reattore di terza generazione, ha visto i costi lievitare da 3,3 miliardi a oltre 19 miliardi di euro, con un ritardo di oltre un decennio sulla tabella di marcia.
Secondo un report del 100% Rinnovabili Network, il ritorno al nucleare potrebbe avere costi insostenibili per l’Italia, che rischierebbe di impegnare risorse pubbliche enormi in una tecnologia che non offrirebbe vantaggi immediati. Gli esperti sottolineano che il costo per megawattora prodotto dall’energia nucleare è spesso superiore a quello delle rinnovabili. Mentre il solare e l’eolico hanno visto una drastica riduzione dei costi negli ultimi anni, il nucleare rimane una delle fonti più costose da sviluppare e mantenere.