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L'università e la laurea servono a trovare lavoro? Ancora sì, ma fino a un certo punto

di Marcello Tansini pubblicato il
Laurea e lavoro

In un mercato del lavoro in continua evoluzione, la laurea mantiene valore ma non è più una garanzia assoluta. Dati, differenze tra corsi, ruolo delle soft skill, IA e disparità di genere.

Le evidenze statistiche indicano che il possesso di una laurea continua a offrire un vantaggio, traducendosi in una maggiore probabilità di occupazione rispetto a chi si ferma al diploma.

Tuttavia, la rapidità dei cambiamenti tecnologici, l'espansione di settori innovativi e la necessità di competenze trasversali hanno instaurato una nuova dinamica, nella quale la formazione universitaria deve essere costantemente aggiornata. Il dibattito su quanto l'università e la laurea servano davvero a trovare lavoro si arricchisce così di nuove prospettive, legate sia alle esigenze emergenti delle imprese sia ai profondi cambiamenti nel mercato globale.

Laurea e possibilità occupazionali: cosa dicono i dati

Dall'osservazione dei dati risulta che un titolo universitario aumenta le opportunità occupazionali. Secondo il rapporto Istat "Livello di istruzione e ritorni occupazionali - Anno 2023", il tasso di occupazione tra i 25 e i 64 anni sale all'84,3% per i laureati, contro il 73,3% dei diplomati. L'impatto positivo si estende ai giovani: nella fascia d'età fino a 35 anni, il 75,4% dei neolaureati risulta occupato rispetto al 59,7% dei coetanei con solo un diploma.

La differenza nell'occupabilità è ancor più marcata a cinque anni dal conseguimento del titolo. I laureati triennali raggiungono il 72,7% di contratti a tempo indeterminato, confermando che la laurea può essere un passaporto verso posizioni stabili e di prospettiva. Tuttavia, emergono anche limiti oggettivi: il mercato italiano mostra una capacità inferiore di assorbire laureati rispetto alla media europea. In Italia, l'occupazione tra i laureati è di 3,3 punti percentuali sotto la media UE (87,6%). Inoltre, il numero complessivo di laureati resta tra i più bassi d'Europa, con solo il 21,6% degli under 65 in possesso di titolo terziario, molto distante da Francia (42,4%) e Spagna (41,4%).

Se da una parte i dati confermano che l'università laurea servono a trovare lavoro, dall'altra parte la questione non può più limitarsi solo all'ottenimento del titolo, soprattutto nelle aree dove l'offerta supera la domanda.

Quali lauree offrono più sbocchi lavorativi: settori in crescita e settori in crisi

Non tutte le lauree generano lo stesso potenziale occupazionale. Nel panorama italiano spiccano alcune aree che assicurano percentuali di inserimento quasi complete:

Area disciplinare

Tasso di occupazione a 5 anni

Ingegneria Industriale, dell'Informazione

95,6%

Informatica e Tecnologie ICT

94,6%

Architettura e Ingegneria civile

92,5%

Economia e Statistica

91,2%

Medicina, Farmacia, Professioni sanitarie

90,9%

Crescono anche lauree in Data Science, Cybersecurity e Digital Marketing, che rispondono meglio alle nuove necessità delle aziende. Sul fronte dei guadagni medi, persistono forti differenziazioni tra percorsi: chi ha una preparazione STEM o sanitaria beneficia dei migliori livelli retributivi. Al contrario, chi sceglie aree umanistiche, creative o culturali incontra più difficoltà sia nel reperimento del lavoro sia nella retribuzione media, a fronte di settori spesso sovraffollati o sottodimensionati nell'offerta. Studi in Arte, Teatro, Design, Archeologia, Antropologia e Lettere segnalano tassi di disoccupazione anche superiori al 30%, secondo le rilevazioni di AlmaLaurea, e una rilevante porzione di laureati attivi in ambiti non affini al proprio corso di studi.

La capacità di orientarsi verso percorsi con forti legami col mondo produttivo e la predisposizione a specializzarsi fanno la differenza per chi punta concretamente a valorizzare il proprio investimento formativo.

Laurea sì, ma non basta: competenze, soft skill e nuove tendenze

L'acquisizione del titolo universitario mantiene valore agli occhi dei datori di lavoro, ma viene sempre più associata alla richiesta di competenze pratiche, digitali e soft skill. Secondo un'indagine Indeed, il 62% delle aziende ritiene che i programmi accademici non preparino con abilità immediatamente spendibili. Di conseguenza, il 26% dei datori di lavoro considera possibile rimuovere il requisito della laurea per alcune posizioni, preferendo un'attenzione crescente alle competenze acquisite attraverso corsi specialistici, stage, tirocini e upskilling autonomo:

  • Le competenze trasversali più richieste (soft skill) sono: lavoro di squadra, adattabilità, pensiero critico, problem solving, agilità di apprendimento, capacità di iniziativa e proattività.
  • I laureati che affiancano al percorso formale esperienze pratiche o internazionali e curano lo sviluppo digitale risultano più competitivi.
Questo scenario porta con sé il bisogno di aggiornamento continuo e di contaminazione tra formazione accademica e mondo professionale. Per gli studenti attuali, la capacità di personalizzare il percorso universitario integrando attività extracurricolari può essere decisiva per rispondere alle esigenze di un mercato in costante cambiamento.

L'impatto dell'intelligenza artificiale sulle scelte universitarie e sulle carriere

L'introduzione dell'intelligenza artificiale (IA) sta ridefinendo sia le scelte accademiche sia le strategie occupazionali. Circa il 18% dei datori di lavoro riconosce la possibilità che l'IA possa sostituire neolaureati su alcune mansioni di base, accentuando la richiesta di profili in grado di presentare skill che vadano oltre la mera esecuzione di compiti ripetitivi. Il mercato delle lauree più spendibili premia sempre più coloro che scelgono percorsi legati all'informatica, all'ingegneria, e agli ambiti digitali emergenti:

  • L'adozione crescente di IA rende strategico sviluppare un learning mindset (mentalità orientata all'apprendimento continuo), per non perdere competitività rispetto ai nuovi paradigmi tecnologici.
  • Le professioni maggiormente esposte all'automazione sono quelle con basso contenuto creativo o decisionale: le lauree tecniche consentono una maggiore resilienza, ma il vantaggio competitivo si sposta rapidamente verso chi pionierizza settori in trasformazione.
Per i più giovani la capacità di anticipare le tendenze e aggiornarsi sulle innovazioni della IA rappresenta un asset imprescindibile durante la selezione universitaria e la pianificazione della propria carriera.

Differenze di genere e confronto europeo: criticità e prospettive

Il quadro occupazionale italiano permane segnato da un gender gap. Le donne, pur raggiungendo in media titoli di studio più elevati rispetto agli uomini (68% delle donne 25-64enni contro il 62,9% degli uomini possiede almeno un diploma), presentano tassi di occupazione inferiori: 59% contro 79,3% degli uomini. Tuttavia, il possesso della laurea contribuisce a ridurre sensibilmente questo divario; le differenze nel tasso di occupazione tra i generi scendono fino a 6,9 punti percentuali tra i laureati (81,4% donne, 88,3% uomini), rispetto agli oltre 32 punti di gap tra chi ha titoli inferiori al diploma:

Livello di istruzione

Occupazione donne

Occupazione uomini

Gap

Laurea

81,4%

88,3%

6,9

Diploma

62,4%

84,0%

21,6

Titoli bassi

36,8%

69,1%

32,3

Rispetto al resto d'Europa, l'Italia mostra carenze soprattutto nell'offerta di opportunità per laureati e nella partecipazione femminile al lavoro. Nei Paesi dell'Unione Europea il tasso di assorbimento dei laureati raggiunge l'87,6%, segnalando l'importanza di politiche nazionali finalizzate sia a favorire la specializzazione accademica, sia a garantire un sistema imprenditoriale più meritocratico e inclusivo. La questione di quanto università laurea servano a trovare lavoro diventa ancora più rilevante osservando come una formazione avanzata rappresenti uno degli strumenti più efficaci anche per ridurre disparità di genere e avvicinarsi agli standard europei.