Negli ultimi anni, si sono manifestati segnali di forte preoccupazione a Milano: una percentuale significativa di aziende ha avviato procedure di chiusura, con ripercussioni che vanno ben oltre i confini cittadini.
Questo fenomeno investe settori diversi e sta mettendo in discussione la sostenibilità del modello economico di riferimento, sollevando dubbi sullo scenario futuro sia per gli imprenditori sia per i lavoratori coinvolti e le loro famiglie. L'effetto domino delle chiusure aziendali nel capoluogo lombardo non si limita all'economia locale, ma si riflette sull'intero Paese, richiedendo analisi approfondite sulle cause e sulle conseguenze concrete di questa tendenza.
L'ondata di chiusure: dati su aziende e posti di lavoro a rischio a Milano
Il tema delle aziende che chiudono a Milano si è acuito notevolmente nell'arco degli ultimi mesi. I dati ufficiali mostrano che nel secondo trimestre 2025 circa 3000 aziende italiane sono state coinvolte in procedure di liquidazione giudiziale, segnando un incremento del 18% rispetto al 2024. Di queste, almeno 500 appartengono alla Lombardia, una tra le regioni maggiormente colpite dal fenomeno. Milano, insieme a Monza e Lodi, ha registrato la cessazione di oltre 1120 imprese nel solo 2024, con una stima di oltre 11.000 posti di lavoro a rischio. Secondo le associazioni di categoria, se si considera una media di dieci dipendenti per ogni attività chiusa, il coinvolgimento riguarda un numero particolarmente alto di famiglie che si trovano improvvisamente senza reddito e prospettive immediate.
Un approfondimento sui dati emerge anche dagli indicatori della Camera di Commercio e dalle rilevazioni delle organizzazioni sindacali, che evidenziano come la crisi non abbia risparmiato nessun comparto produttivo, dal manifatturiero al terziario avanzato. Anche nei periodi in cui il tasso di disoccupazione appariva in calo a livello nazionale, la realtà locale smentiva l'ottimismo generando un senso di incertezza trasversale fra gli addetti ai lavori:
Anno
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Imprese chiuse
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Posti a rischio*
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2023
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950
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9.500
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2024
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1120
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11.000+
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Il ridimensionamento dell'apparato produttivo milanese, con aziende che chiudono spesso in modo repentino, genera una molteplicità di effetti secondari, come la perdita di know-how locale, l'indebolimento della rete di subfornitura e il rischio di desertificazione commerciale in alcune aree urbane.
Settori e casi simbolo: da Shein a Yoox fino ai negozi storici
Non c'è un settore, in città, che possa dirsi realmente immune dalla recente ondata di chiusure aziendali. Alcuni casi diventano emblematici della situazione attuale e consentono di comprendere le molteplici sfaccettature del fenomeno:
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Fast Fashion e Logistica: L'abbandono del sito logistico di Stradella, alle porte di Milano, da parte del colosso cinese Shein ha comportato la perdita di oltre 300 posti di lavoro.
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Luxury e-Commerce: Yoox-Net-a-Porter, una realtà di riferimento nel settore moda e-commerce di alto livello, ha annunciato la riduzione di 211 posizioni in Italia, di cui 46 solo nella città lombarda. Le motivazioni alla base sono state le profonde perdite finanziarie e la perdita di centralità produttiva italiana.
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Distribuzione alimentare: Carrefour ha comunicato il taglio di 175 lavoratori presso la sede di Milano a causa delle mutate condizioni di mercato e di scelte aziendali.
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Manifatturiero: Il caso Bystronic, azienda specializzata in macchine per l'automazione industriale, coinvolge 150 impiegati, dopo una decisione drastica di chiusura delle sedi lombarde per riorganizzazione globale.
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Retail e negozi storici: Tra le cause che affliggono il settore commerciale vi sono gli affitti in costante crescita e la pressione dei grandi brand internazionali. Negli ultimi cinque anni, nel centro di Milano hanno abbassato le saracinesche quasi 1.500 attività storiche, tra cui botteghe artigiane, ristoranti, librerie e atelier di tessuti. Questa emorragia è favorita dall'aumento dei canoni di locazione, che raggiungono cifre sostenibili solo da catene o marchi di lusso, e dalla concorrenza delle piattaforme online.
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Altri comparti: Anche l'industria metalmeccanica, il settore hospitality (hotel di alta gamma) e alcune multinazionali della logistica subiscono ridimensionamenti o cessazioni improvvise, con centinaia di lavoratori coinvolti.
L'impatto negativo si manifesta non soltanto nelle grandi imprese, ma anche in una pluralità di micro e piccole realtà che costituiscono il tessuto portante dell'economia locale. La perdita di attività di vicinato indebolisce i quartieri e riduce l'interscambio sociale ed economico, favorendo la concentrazione commerciale nelle mani di pochi operatori e aumentando il rischio di desertificazione di intere aree urbane.
Le cause della crisi: fattori locali, nazionali e internazionali
La chiusura di imprese nel milanese deriva da una combinazione di fattori che operano su diversi livelli, spesso intrecciandosi tra loro e aggravando le condizioni di sostenibilità del business:
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Dinamiche immobiliari: Il mercato degli affitti commerciali ha subito un'impennata, specie nelle zone centrali, dove i canoni possono raggiungere i 50.000 euro mensili. Questa situazione è insostenibile per le piccole realtà imprenditoriali e favorisce il solo ingresso dei grandi brand.
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Peso della pressione fiscale e burocratica: Gli imprenditori lamentano una normativa fiscale eccessivamente onerosa e complesse procedure amministrative, elementi che incidono pesantemente sulla redditività delle attività e sulla capacità di innovare.
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Cambiamenti nei consumi: Le preferenze dei consumatori si stanno spostando verso le piattaforme digitali e il commercio online (e-commerce), riducendo visitatori e incassi di negozi tradizionali e piccoli esercizi di quartiere.
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Sconvolgimenti geopolitici e crisi internazionale: Pandemia, guerra in Ucraina, crisi dell'automotive e recessione tedesca hanno causato una diminuzione degli ordini e una crescente incertezza a livello globale. La delocalizzazione produttiva, come nel caso di Shein, è incentivata da differenziali di costo e da scelte strategiche operate su scala internazionale.
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Fattori demografici: Da non sottovalutare l'impatto delle dinamiche demografiche sulla domanda interna e sulla composizione della manodopera disponibile, con un invecchiamento progressivo della popolazione attiva e una diminuzione della natalità.
Inoltre,
l'equilibrio tra pubblico e privato si è dimostrato fragile: secondo l'Associazione delle Piccole e Medie Industrie, sarebbe venuto meno il “patto di fiducia” che per decenni ha sostenuto la crescita industriale, generando quello che viene definito un vero “cortocircuito” nel sistema. Tutto ciò si è tradotto in maggiore instabilità e nella difficoltà da parte degli imprenditori del territorio di pianificare il futuro.
Le ricadute sociali ed economiche: lavoratori, famiglie e tessuto urbano
Dietro ai numeri sulle aziende che chiudono a Milano, si celano storie personali, percorsi di precarietà e lacerazioni all'interno del tessuto sociale cittadino. La perdita del posto di lavoro impatta in modo diretto su migliaia di persone e su famiglie monoreddito, spesso prive di reti di protezione adeguate:
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Frammentazione delle competenze: La dispersione di know-how professionale è uno dei danni maggiori, soprattutto nei settori tecnologici e nell'artigianato di qualità, dove la formazione delle risorse richiede tempo e investimenti considerevoli.
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Impatto sulle famiglie: La sospensione di una fonte di reddito e la difficoltà nel trovare una nuova occupazione aggravano le condizioni di insicurezza sociale, con effetti a cascata anche su consumi, benessere psicologico e coesione famigliare.
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Rischio desertificazione urbana: L'abbandono di spazi commerciali genera vuoti nel tessuto urbano, che possono tradursi in perdita di presidio sociale, aumento della percezione di insicurezza e impoverimento della vita di quartiere, specie nelle zone meno centrali.
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Riduzione della qualità dei servizi: La chiusura di attività storiche e di esercizi di prossimità rende la città meno vivibile, limitando l'accessibilità a servizi essenziali e unici mentre si affermano le logiche di concentrazione della grande distribuzione.
Come sta reagendo la città: sindacati, istituzioni e strategie di salvataggio
Di fronte alla crescita delle chiusure aziendali, la reazione del territorio non si è fatta attendere. Le organizzazioni sindacali si sono attivate per avviare tavoli di confronto sia presso le aziende, sia nelle sedi istituzionali come Ministeri e Regione Lombardia. Sono numerose le manifestazioni organizzate, anche in zone simboliche come Piazza della Scala o davanti ai palazzi della Regione, a sostegno dei lavoratori coinvolti in crisi aziendali. In alcuni casi si è arrivati a contratti di solidarietà per evitare licenziamenti massivi o a soluzioni condivise di outplacement e riqualificazione:
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Il ruolo delle istituzioni: Il Comune di Milano e la Regione stanno lavorando all'elaborazione di misure straordinarie di sostegno, a partire dall'assistenza al reddito per i lavoratori colpiti.
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Politiche industriali: L'Associazione delle Piccole e Medie Industrie sta predisponendo un “Libro Bianco” con proposte politiche mirate alla salvaguardia del tessuto produttivo locale e nazionale.
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Manovre di salvataggio: Alcune aziende, in collaborazione con le rappresentanze dei lavoratori, hanno trovato accordi che prevedono ricollocamenti, incentivi all'esodo volontario e investimenti nella formazione e nel reinserimento professionale.
L'escalation delle chiusure ha quindi contribuito a rinnovare il dibattito sulle strategie di rilancio e sulla necessità di un nuovo equilibrio tra interessi pubblici, esigenze del mercato e solidarietà sociale, nell'auspicio che le politiche future possano contenere ulteriori ripercussioni e rilanciare il protagonismo economico e sociale del territorio milanese.