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Perché i giovani comprano abbigliamento, accessori di moda e oggetti usati? E dove? Dati e statistiche da ricerca Bocconi

di Marcello Tansini pubblicato il
Giovani e abbigliamento

Uno studio condotto dall’Università Bocconi in collaborazione con l’Università del Sannio ha fatto emergere dati sulle motivazioni che portano i giovani italiani ad acquistare capi e accessori di seconda mano.

L’attrazione dei più giovani per abiti, accessori di moda e oggetti usati ha conosciuto un’autentica trasformazione negli ultimi anni. Alcuni la considerano una semplice moda, ma per tanti ragazzi della cosiddetta Gen Z, questa inclinazione rappresenta un modo di esprimere personalità e individualità. Il vintage, infatti, si è evoluto da scelta di nicchia a tendenza riconosciuta, alimentando una vera e propria passione per il vintage della Gen Z e restituendo valore a ciò che ha “già vissuto”. Questa nuova visione ha ricadute profonde sia sulle abitudini di consumo sia sulla cultura collettiva della fascia più giovane della popolazione.

I risultati dello studio Bocconi: motivazioni reali dei giovani nell’acquisto di usato

Uno studio condotto dall’Università Bocconi in collaborazione con l’Università del Sannio ha fatto emergere dati sorprendenti sulle reali motivazioni che portano i giovani italiani ad acquistare capi e accessori di seconda mano. L’analisi su un campione di circa 400 ragazzi di età media 22 anni rivela che l’acquisto di vintage risponde prima di tutto al desiderio di unicità: la ricerca afferma che il bisogno di distinguersi attraverso capi unici e la possibilità di affermare la propria identità sono alla base di questa tendenza. La passione per il vintage della Gen Z appare così intimamente legata a valori identitari.

Al di là della sostenibilità emerge come il fattore principale sia l’esperienza individuale e appagante che l’acquisto di usato riesce a offrire. Il vintage consente di indossare capi non disponibili nel fast fashion, rafforzando la sensazione di originalità. In secondo piano, ma ugualmente rilevante, si posiziona la componente economica: molti giovani segnalano la convenienza come motivo pratico, soprattutto in un’epoca in cui il potere d’acquisto delle fasce più giovani appare ridotto. Non meno importante è l’elemento ludico e la ricerca del particolare: tra mercatini, negozi vintage e piattaforme online, l’atto di trovare un capo originale diventa una vera e propria “caccia al tesoro”.

Le statistiche dello studio Bocconi evidenziano che quasi un terzo dei partecipanti ha acquistato tra uno e due capi vintage nell’ultimo anno, mentre una fascia del campione (oltre l’11%) dichiara di comprarne addirittura cinque o sei. Ciò conferma come il fenomeno sia ben radicato e tenda a crescere soprattutto nelle grandi città e nei contesti universitari. In questa nuova prospettiva, il vintage abbraccia aspetti che vanno oltre la convenienza e la responsabilità ambientale. L’acquisto di usato diventa, infatti, espressione della volontà di distinguersi, di appartenere e, allo stesso tempo, di sottrarsi all’omologazione del fast fashion.

L’esperienza dell’acquisto: tra unicità, identità ed edonismo

Per la Gen Z indossare abbigliamento e accessori usati non è solo una scelta economica, ma rappresenta un’autentica esperienza alla ricerca di identità, stile personale e piacere. La soddisfazione risiede spesso nella possibilità di rinvenire capi dal passato, rari e originali, regalando nuova vita a ciò che sembrava dimenticato.

Il desiderio di differenziarsi rispetto alle logiche della produzione industriale e della moda usa e getta è una costante. L’outfit diventa lo specchio della propria personalità e dei propri valori, mentre il vintage viene percepito come un autentico strumento di auto-espressione:

  • Unicità: L’impossibilità di trovare altrove un pezzo recuperato nel second hand è una leva fortissima. Indossare un abito unico significa rifiutare l’omologazione e affermare il proprio gusto.
  • Identità: La scelta di determinati periodi o firme storiche racconta agli altri la propria storia e le proprie passioni, rendendo il guardaroba uno spazio di narrazione personale.
  • Edonismo: Il piacere dell’acquisto non riguarda solo la spesa, ma il processo stesso: la ricerca, l’attesa, la scoperta costituiscono momenti gratificanti e divertenti, una vera esperienza ludica condivisibile con amici e community online.
Un ulteriore elemento è la reinterpretazione degli abiti secondo la propria sensibilità. Frequenti sono i casi di personalizzazione: cuciture, modifiche, accostamenti creativi che reinventano i pezzi vintage in chiave moderna.

I social, in questo contesto, fungono da cassa di risonanza: tra hashtag e fit-check, ogni nuova acquisizione diventa occasione di racconto e confronto con la community. Infine, non tutti agiscono mossi dalle stesse motivazioni: per alcuni si tratta di una scelta di “protesta” contro la velocità e la scarsa qualità del fast fashion, per altri di un semplice piacere estetico o di un gioco che richiama l’atto di rovistare negli armadi dei genitori o dei nonni, restituendo valore alla creatività e alla storia vissuta dei capi.

Dove comprano i giovani: tra mercatini, negozi fisici e marketplace digitali

Le scelte dei consumatori della Gen Z si orientano tra una pluralità di canali per l’acquisto di abbigliamento e accessori vintage. Nonostante la diffusione di piattaforme digitali dedicate al second-hand, la predilezione per i negozi fisici e i mercatini resta molto forte. Questa preferenza risponde al bisogno di un’esperienza concreta e multisensoriale, difficile da replicare nel mondo online. Il fascino di mercatini e negozi vintage risiede nella componente sociale dell’acquisto: si tratta di spazi in cui è possibile confrontarsi, sperimentare, divertirsi insieme ad amici e appassionati. Questi luoghi offrono il piacere inimitabile del contatto diretto con i capi, del toccare con mano materiali spesso irripetibili e della scoperta di racconti legati alla storia degli oggetti:

  • Mercatini dell’usato: Sono visti come un vero e proprio “gioco d’altri tempi”, dove la ricerca si fonde con la curiosità e il piacere della scoperta.
  • Negozi specializzati: L’aumento di boutique vintage in città italiane segue la domanda di professionalità ed autenticità. L’attenzione ai dettagli, la selezione accurata degli articoli e la possibilità di accedere anche a capi griffati aumentano il pregio percepito di questi spazi.
  • Marketplace digitali: Piattaforme come Vinted, Vestiaire Collective o sezioni dedicate dei portali e-commerce permettono una maggiore varietà e un confronto rapido tra prezzi, taglie e condizioni degli articoli. Utili per la praticità e la disponibilità h24, gli spazi digitali restano secondari in termini di “esperienza”.
Interessante è l’equilibrio raggiunto da molti giovani: solitamente si esplorano canali diversi a seconda delle esigenze, combinando il bisogno di socialità con quello di convenienza, o perseguendo la “caccia” a pezzi iconici già visti sui social o indossati dalle celebrities. L’espansione dei marketplace, infine, contribuisce alla crescita di un’economia circolare, mentre i tour e gli eventi pop-up legati ai brand vintage rafforzano la dimensione culturale e sociale del fenomeno.

Il fenomeno del collezionismo vintage e la cultura pop

Il collezionismo di abiti, accessori e oggetti usati ha assunto una connotazione sempre più popolare, diventando vero e proprio elemento della cultura pop contemporanea. Non servono archivi infiniti né enormi risorse finanziarie: oggi basta anche un singolo pezzo emblematico per essere riconosciuti e ammirati nella community. Ai tradizionali collezionisti di moda si affiancano i giovani, spesso under-30, che frequentano mercatini e archive sales alla ricerca di borse, orologi o sneaker iconici di epoche passate, valorizzandoli nei propri outfit quotidiani. Gli oggetti cult diventano punto di connessione tra diverse generazioni e lasciano un segno sia nell’immaginario collettivo dei social che su red carpet internazionali.

Le celebrities hanno un impatto decisivo: le scelte di personaggi come Tyler, The Creator o Natalie Portman alimentano sogni e desideri, contribuendo a fare del second-hand uno status symbol. Collezionare vintage, però, non significa solo ostentare: è anche un modo per investire in valore artistico o storico, per differenziarsi e per tramandare storie personali. Da passione elitaria, il collezionismo è diventato pratica diffusa e accessibile. Su piattaforme dedicate, è ormai comune aggiudicarsi capi appartenuti a noti influencer, artisti o designer, e condividere su TikTok o Instagram i propri “thrift find” e i dettagli delle aste più curiose. L’attitudine Gen Z si riflette nella scelta di mostrare, indossare e raccontare, più che nel semplice accumulo privato.

Il ruolo della sostenibilità e del fast fashion nelle scelte dei giovani

Sebbene la sensibilità ambientale sia un valore riconosciuto dalla Gen Z, lo studio di Bocconi sottolinea come la responsabilità verso il pianeta non sia l’unico, né il principale, motore dell’acquisto di abbigliamento usato. La riflessione sulla moda circolare riporta comunque l’attenzione sulla criticità del fast fashion, responsabile di un impatto ambientale significativo, come confermato anche dagli ultimi dati delle Nazioni Unite.

Molti giovani scelgono il mercato second hand anche in risposta alla saturazione causata dalla produzione industriale di abiti usa e getta. La qualità inferiore, la scarsità di materiali pregiati e la mancanza di personalità nei capi distribuiti dalla moda veloce sono tra i motivi di maggiore insoddisfazione rispetto al fast fashion. Questo porta i consumatori più consapevoli a vedere la scelta del vintage come forma di “protesta” e presa di posizione personale. La moda second hand, dunque, rappresenta una risposta concreta alle esigenze di:

  • differenziazione ed espressione individuale
  • responsabilità ambientale in funzione anti-spreco e contro la produzione seriale
  • accessibilità economica e valorizzazione del proprio budget
Questo scenario evidenzia un passaggio generazionale: non più esclusivamente l’appartenenza a un gruppo, ma la rivendicazione di sé come soggetto attivo. Per molti, scegliere usato significa non solo risparmiare o rispettare l’ambiente, ma anche costruire e comunicare l’autenticità del proprio stile.

Statistica, trend di mercato e casi di successo

Il segmento della moda second hand sta registrando una forte crescita globale, trainata dalle nuove abitudini di acquisto delle generazioni più giovani. Secondo l’analisi di GMI-Global Market Inside, il volume mondiale del settore prevista nel 2034 raggiungerà i 521,5 miliardi di dollari. La survey Circular Fashion Survey on New Generations 2024 di PwC Italia conferma l’impennata tra Millennial e Gen Z: il 70% ha acquistato almeno un capo usato nell’ultimo anno. P

articolarmente degni di nota sono i risultati nel segmento della moda di lusso e negli accessori, come orologi e borse iconiche, che trovano terreno fertile anche grazie alla presenza capillare delle community online.

Dati principali

Valore stimato

Mercato globale second hand (stima 2034)

521,5 miliardi $

Acquirenti second hand tra Millennial e Gen Z

70%

Numerosi sono i casi di successo: piattaforme come Vinted e Vestiaire Collective hanno rivoluzionato il concetto di resale, mentre eventi come il Vogue Vintage Market hanno consolidato la centralità del fenomeno anche nella moda di lusso, con ricadute sociali e charity.