Il rapporto tra chi affida la gestione fiscale a un professionista e quest'ultimo è molto complesso, soprattutto quando si parla di responsabilità in caso di errori. Recenti sviluppi giurisprudenziali, tra cui la sentenza n.22742/2025 della Corte di Cassazione, hanno ribadito e perfezionato i principi che disciplinano i profili di responsabilità derivanti da omissioni o inesattezze nelle dichiarazioni fiscali.
Principio generale: responsabilità fiscale del contribuente in caso di errore del commercialista
In ambito tributario vige un principio consolidato: l'obbligo dichiarativo e il pagamento delle imposte competono sempre al contribuente, anche laddove quest'ultimo abbia affidato ad altri, come un commercialista, la redazione e l’invio della dichiarazione stessa. Secondo la giurisprudenza e la normativa vigente, la responsabilità fiscale resta in capo al contribuente nella quasi totalità dei casi.
- Sanzioni amministrative tributarie: i provvedimenti sanzionatori sono indirizzati primariamente al soggetto obbligato per legge, cioè il soggetto d’imposta, anche quando l’errore sia attribuibile a comportamenti negligenti o erronei del professionista incaricato di compiti fiscali.
- Responsabilità delegata: il mero conferimento dell’incarico a un consulente non esonera dal dovere di vigilanza e controllo sull’operato professionale.
- Eccezioni: sussistono ipotesi di esonero, limitate ai casi in cui sia provata la colpa esclusiva o il dolo del professionista, fatti che devono essere oggetto di approfondimento giudiziale.
Ne consegue che
la maggior parte degli errori formali, omissioni o inadempienze di natura tributaria, anche se causate da terzi, ricade fiscalmente sul contribuente. Questi, tuttavia, conserva il diritto di agire nei confronti del commercialista per ottenere il ristoro del danno subito, secondo regole di natura contrattuale.
La sentenza della Cassazione n.22742/2025: fatti, motivazioni e conseguenze pratiche
Il recente pronunciamento della Corte di Cassazione fornisce ulteriori spiegazioni per comprendere fino a che punto la responsabilità per errori nella gestione fiscale possa gravare sul contribuente.
I giudici hanno confermato che il contribuente, pur affidandosi a un professionista per l’adempimento degli obblighi fiscali, ha sempre l’onere di vigilare sul corretto svolgimento dell’incarico. La prova dell’assenza di colpa grava pertanto sul contribuente, che deve dimostrare di aver diligentemente monitorato l’operato del professionista, non limitandosi a una denuncia tardiva o generica.
Nella fattispecie, il contribuente aveva affidato la gestione delle ritenute e delle relative dichiarazioni fiscali a un professionista. L’Agenzia delle Entrate, in seguito a un controllo, contestava omissioni nei versamenti, emettendo una cartella di pagamento.
Le motivazioni della Corte si fondano sulle seguenti direttrici:
- Validità del controllo cartolare: la procedura automatizzata di liquidazione delle imposte omesse è pienamente legittima quando fondata su dati dichiarati ma non seguiti da versamento.
- Onere della prova: la Suprema Corte sancisce che l’onere di dimostrare l’esistenza di cause ostative al pagamento, quali benefici fiscali o situazioni attenuanti, grava interamente sul contribuente.
- Motivazione degli atti: la cartella di pagamento non deve argomentare sulle questioni interpretative relative a possibili esenzioni; l’amministrazione finanziaria si limita a constatare l’inadempienza oggettiva.
Gli effetti pratici sono notevoli:
- Il contribuente è chiamato a dimostrare attivamente di aver diritto a eventuali agevolazioni;
- Il commercialista, in caso di errore, non interrompe la catena di responsabilità verso l’Erario;
- Le contestazioni legate a inadempimenti professionali sono da affrontare separatamente in sede civile.
Distinzione tra responsabilità civile e responsabilità fiscale: quando il contribuente può rivalersi sul professionista
È imprescindibile distinguere fra i piani della responsabilità nei rapporti tra contribuente e commercialista:
- Responsabilità fiscale: attiene agli obblighi verso l’amministrazione finanziaria e fa ricadere sanzioni, imposte, interessi in prima battuta sul soggetto passivo d’imposta.
- Responsabilità civile (contrattuale): scaturisce da inadempimenti professionali del consulente, valutati secondo i canoni dell’art. 1218 c.c. e della diligenza richiesta dall’art. 1176 c.c.
Il
diritto del contribuente a rivalersi sorge a queste condizioni:
- Si sia verificato un danno patrimoniale effettivo (ad esempio, il pagamento di imposte o sanzioni supplementari non dovute in assenza di errore professionale);
- Sussista un nesso causale diretto tra la negligenza del consulente e il danno economico;
- Il contribuente sia in grado di fornire prova dell’inadempimento e del danno.
Le tutele per il contribuente danneggiato: risarcimento e condizioni per agire contro il commercialista
Nel caso di
danno economico causato da errori del professionista, è
possibile esercitare l’azione risarcitoria prevista dalla disciplina contrattuale generale. E', in particolare, previsto che:
- Il cliente danneggiato ha titolo per richiedere al commercialista il risarcimento del danno effettivo subito, inclusa la restituzione di somme corrisposte a titolo di sanzioni, interessi o maggiori imposte risultanti direttamente da errori attribuibili al consulente.
- La quantificazione del danno deve essere concreta e provata, escludendo coperture indennitarie per imposte comunque dovute indipendentemente dall’errore.
- In caso di dolo o frode professionale, la giurisprudenza prevede, in talune circostanze, anche la possibilità di chiedere l’esonero dalle sanzioni direttamente in sede tributaria, se documentato che l’errore sia integralmente imputabile al consulente e tempestivamente denunciato.
Elemento richiesto |
Descrizione |
Danno concreto |
Effettiva uscita patrimoniale legata all’errore |
Nesso causale |
Collegamento tra inadempimento e danno |
Prova documentale |
Ricevute, comunicazioni, atti tributari e professionali |