L’assegno familiare spetta ai nonni che convivono e mantengono il nipote o i nipoti quando i genitori non lo fanno: cosa ha stabilito la Corte di Cassazione con la sentenza n.28627/2025
L’assegno familiare rappresenta un contributo economico erogato per sostenere i nuclei familiari dove sono presenti componenti considerati fiscalmente a carico. Tradizionalmente pensato per i genitori, il beneficio si estende, in circostanze particolari, anche ad altri parenti. Tra questi spiccano i nonni, che nei casi previsti dalla legge diventano protagonisti nella crescita e nel sostegno economico dei nipoti. L’evoluzione della giurisprudenza e i recenti interventi del legislatore hanno permesso di riconoscere anche ai nonni il diritto a ricevere l’assegno quando sostengono economicamente i nipoti, specie in assenza di un supporto concreto da parte dei genitori.
La normativa italiana stabilisce criteri ben precisi per l’erogazione dell’assegno familiare, basandosi su principi di solidarietà e responsabilità all’interno del nucleo familiare. In primis, il diritto spetta ai genitori conviventi che si fanno carico del mantenimento dei figli. Tuttavia, la legge e la giurisprudenza hanno considerato situazioni in cui l’obbligo di mantenimento ricade su figure diverse dai genitori, come appunto i nonni.
Secondo la normativa vigente, l’onere economico grava sui nonni solo quando i genitori risultano impossibilitati ad assolvere alle necessità primarie dei minori. Non basta però la semplice parentela per ottenere il diritto: occorre dimostrare l’effettiva convivenza a carico, ovvero che il minore sia mantenuto in maniera continuativa dai nonni e che questi rappresentino il suo principale sostegno economico e materiale.
In questo senso, l’assegno familiare può essere richiesto dai nonni se si trovano nella posizione di unico sostegno per il nipote convivente e in assenza di sostegno genitoriale.
La Cassazione ha, inoltre, legittimato l’estensione del beneficio, stabilendo che la responsabilità genitoriale può essere esercitata, in casi eccezionali, anche dai nonni, particolarmente quando esista una situazione di latitanza, incapacità o impossibilità dei genitori a provvedere al mantenimento dei figli. L’erogazione dell’assegno da parte degli enti previdenziali è pertanto subordinata a una valutazione specifica della situazione familiare, tenendo conto delle condizioni reddituali e della stabile convivenza tra nonni e nipoti.
La sentenza della Cassazione n. 28627 del 29 ottobre 2025 ha rappresentato un punto di svolta nella prassi giuridica in materia di assegno familiare riconosciuto ai nonni. Questo storico provvedimento ha affrontato una controversia sorta tra l’INPS e una nonna che aveva assunto il mantenimento esclusivo del nipote convivente, privo del sostegno economico e personale dei genitori. La Suprema Corte, in tale occasione, ha ribadito che non è sufficiente la mera convivenza o una totale dipendenza economica formale per maturare il diritto all’assegno: bisogna provare un mantenimento effettivo e costante da parte del richiedente.
Sono stati individuati alcuni elementi decisivi per il riconoscimento dell'assegno familiare:
Per accedere all’assegno familiare, la cosiddetta "vivenza a carico" deve essere provata rigorosamente. Il principio cardine stabilito dalla Cassazione prevede che tale stato non si esaurisca nella semplice coabitazione tra minore e nonno, né nella sola mancanza di risorse genitoriali.
I principali strumenti di prova che possono essere utilizzati includono:
L’obbligo di mantenimento dei minori spetta prioritariamente ai genitori. Solo qualora entrambi non siano nelle condizioni di adempiere a tali doveri (per impossibilità oggettiva, comprovata incapacità economica o abbandono), può scattare la responsabilità sussidiaria degli ascendenti, cioè dei nonni.
La giurisprudenza ha confermato che il contributo cui sono tenuti i nonni non può superare le loro effettive capacità economiche e non deve intaccare la loro dignità finanziaria. Il principio di solidarietà familiare trova applicazione solo in via suppletiva, cioè dopo aver escluso la possibilità di soddisfare le esigenze del minore attraverso le risorse dei genitori. In pratica: