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Quanti lavoratori italiani si ammalano per stress mediamente all'anno e i settori piů colpiti

di Marcello Tansini pubblicato il
Settori piů colpiti

Il termine “epidemia invisibile” descrive la portata dello stress lavoro-correlato, che si manifesta in modi spesso difficili da quantificare ma dagli effetti radicati nella quotidianitŕ lavorativa italiana.

Nonostante sia spesso invisibile e sottovalutato, questo fenomeno colpisce numerose professioni, incidendo sul benessere psicofisico dei dipendenti e sull’efficienza delle organizzazioni. Secondo dati INAIL, le denunce di malattie psichiche di origine professionale sono in costante aumento, interessando una larga fascia della popolazione lavorativa e rendendo necessario un approfondimento mirato per comprenderne impatti, cause e possibili strategie di prevenzione.

Epidemia di stress e burnout: quante persone si ammalano in Italia ogni anno

Il termine “epidemia invisibile” descrive la portata dello stress lavoro-correlato, che si manifesta in modi spesso difficili da quantificare ma dagli effetti radicati nella quotidianità lavorativa italiana. Recenti rapporti, tra cui l’8° Rapporto Censis sul welfare aziendale, segnalano che il 73% dei dipendenti italiani vive stati di ansia e stress legati al proprio lavoro, mentre quasi un lavoratore su tre presenta sintomi riconducibili al burnout. Questo esaurimento psico-fisico deriva da fattori organizzativi, carichi eccessivi e mancanza di supporto emotivo:

Stato psicologico lavoratori in Italia

Percentuale

Lavoratori che riferiscono stress o ansia da lavoro

73%

Quelli che sperimentano burnout

31,8%

Giovani (sotto i 35 anni) in burnout

47,7%

Adulti in burnout

28,2%

Anziani in burnout

23%

Nel periodo 2016-2020, i dati INAIL riportano 2.047 denunce di malattie psichiche di origine professionale, confermandone solo il 7,3%. Questi numeri testimoniano la difficoltà a ottenere riconoscimento formale per patologie in larga parte determinate da condizioni lavorative sfavorevoli. L’impatto si riflette non solo a livello personale, ma su scala sociale ed economica: incremento dell’uso di psicofarmaci, assenze per malattia e costi maggiori per i sistemi sanitari e previdenziali. La pressione si accentua nei momenti di emergenza, come le ondate di calore estreme, che aggravano il quadro in molti settori.

I settori lavorativi italiani più colpiti dallo stress: il ruolo della scuola, sanità e servizi

Non tutti i comparti soffrono allo stesso modo lo stress lavorativo. Le analisi condotte evidenziano che scuola, sanità e i servizi sono tra i settori maggiormente colpiti da stati di disagio mentale e burnout. In ambito scolastico, insegnanti e personale ATA mostrano tassi elevati di ansia e sintomi comportamentali: tra questi, indecisione, irritabilità, difficoltà di concentrazione, aumento della diffidenza e isolamento. Il lavoro emotivo richiesto nella didattica e il costante impegno relazionale con studenti e famiglie amplificano la vulnerabilità allo stress.

Nel settore sanitario, medici, infermieri e operatori sono storicamente esposti a pressioni elevate, dovute all’intensità delle responsabilità, ai turni prolungati e, più di recente, alle emergenze come la pandemia e il sovraccarico delle strutture. Il rischio di burnout è incrementato da carenze di personale, difficoltà nella gestione delle emozioni e necessità di mantenere standard elevati di cura.

I servizi, dal welfare all’assistenza sociale fino ai contact center, presentano problematiche strutturali legate a carichi elevati, scarsa autonomia decisionale e richiesta di performance continue. Le condizioni ambientali, come l’esposizione al caldo estremo per addetti ai lavori outdoor (es. agricoltura, edilizia, logistica), si aggiungono come ulteriori fattori di rischio, incidendo su produttività e salute.

Disagio psichico e salute mentale: differenze di genere e impatti sulle donne lavoratrici

Lo stress lavorativo non si distribuisce uniformemente tra uomini e donne. Le statistiche europee e italiane evidenziano una maggiore incidenza di depressione, ansia e burnout tra le lavoratrici. Secondo una recente analisi del Parlamento Europeo, le donne soffrono di depressione cronica con una frequenza superiore del 50% rispetto ai colleghi uomini. Le cause affondano nelle disuguaglianze di genere che permeano il mercato del lavoro e il lavoro non retribuito di cura.

I principali elementi di rischio per la salute mentale delle donne sono:

  • Disparità salariali e mancanza di progressione di carriera (soffitto di cristallo)
  • Elevata presenza in settori emotivamente “usuranti” come sanità, scuola e assistenza
  • Doppio carico lavoro-casa e cura non retribuita
  • Precarietà contrattuale, diffusione di lavoro part-time o a termine
  • Maggiore esposizione a molestie e minori tutele per la salute mentale
Nel contesto UE, le donne rappresentano circa l’80% del personale attivo in sanità e assistenza, mentre sono meno rappresentate nei settori STEM. Tale squilibrio comporta un accumulo di svantaggi (economici, pensionistici, psicologici), aggravando il rischio di disagio psichico. In Italia, il problema viene amplificato dalla carenza di dati specifici sugli episodi di molestie e sulla distribuzione dei fattori di rischio, ostacolando interventi mirati e sistemici.

Sintomi e conseguenze dello stress: manifestazioni fisiche e comportamentali nei lavoratori

L’effetto dello stress correlato al lavoro si riflette in una vasta gamma di sintomi, spesso invalidanti e in grado di compromettere seriamente la qualità della vita. Le manifestazioni possono essere classificate in categorie distinte:

  • Fisici/psicosomatici: disturbi cardiovascolari (ipertensione, aritmie), gastrointestinali (ulcera, colite), cefalee, disturbi respiratori, alterazioni mestruali e dolori muscolo-scheletrici.
  • Comportamentali: isolamento sociale, aumento della diffidenza, ridotta capacità di giudizio, assuefazione a sostanze nocive (alcool, fumo, farmaci), disturbi alimentari.
  • Psicologici: ansia persistente, depressione, irritabilità, scarsa concentrazione, pessimismo, frustrazione.
  • Organizzativi: calo delle performance, aumento degli errori, conflitti interpersonali o con i superiori.
Un aspetto di rilievo è la cosiddetta “sindrome da corridoio”, che descrive la difficile separazione tra stress lavorativo e vita privata, con impatti negativi su relazioni familiari e sociali. Solo una minoranza dei lavoratori colpiti cerca aiuto specialistico, complice lo stigma sociale e la difficoltà di accesso ai servizi di supporto.

Le cause dello stress lavorativo: ambiente, condizioni e fattori di rischio

L’origine dello stress correlato al lavoro risiede in un insieme di cause sistemiche e fattori di rischio ambientali. Le principali determinanti sono:

  • Carichi di lavoro eccessivi, scadenze pressanti, responsabilità sproporzionate
  • Turni disagiati e assenza di orari flessibili
  • Scarso riconoscimento e mancanza di sostegno da parte dei superiori
  • Limitata autonomia decisionale e poca valorizzazione delle capacità individuali
  • Condizioni climatiche sfavorevoli (es. caldo estremo nei lavori all’aperto)
  • Inadeguatezza degli ambienti (spazi angusti, rumorosi, privi di ergonomia)
Si aggiungono, soprattutto nei settori ad alta prevalenza femminile, richieste emotive superiori e mancato equilibrio tra sfera personale e professionale, amplificando la vulnerabilità allo stress professionale e alle malattie collegate.
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