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Consumi, quanto spendono le famiglie italiane e per che cosa: tagliata spesa alimentare e divario Nord-Sud

di Marcello Tansini pubblicato il
consumi in Italia

Una panoramica e analisi sui consumi degli italiani, in particolare delle famiglie italiane, da dove emergono sempre più chiaramenti diversi e gravi problemi

La spesa media mensile delle famiglie italiane si mantiene su 2.755 euro, un valore pressoché invariato rispetto all’anno precedente. Tuttavia, questo equilibrio nasconde una diminuzione del potere d’acquisto, a causa dell’inflazione che, pur rallentata, continua a erodere la capacità di spesa. Nell’orizzonte nazionale, quasi un terzo dei nuclei ha dovuto comprimere le spese su beni essenziali, in particolare quelle alimentari, segnalando un incremento delle difficoltà nel gestire il bilancio domestico. Le differenze regionali e sociali restano marcate, con una forbice tra Nord e Sud che si attesta su livelli pre-pandemici, mentre il budget familiare si orienta sempre più verso i bisogni primari e le necessità inderogabili.

L'andamento della spesa familiare: dati e tendenze a confronto

L’analisi dettagliata dei dati Istat 2024 indica che la spesa destinata ai consumi familiari, se misurata in valori nominali, mostra un leggero incremento rispetto al 2023. Tuttavia, in termini reali, la crescita dei prezzi ha annullato gli eventuali miglioramenti, lasciando di fatto invariato – o in calo – il tenore di vita degli italiani. La crescita media tra il 2019 e il 2024 si attesta a un modesto +7,6%, insufficiente a coprire l’aumento cumulato dell’Indice dei Prezzi al Consumo Armonizzato (IPCA) del +18,5%, secondo le rilevazioni ufficiali.

In particolare:

  • La spesa effettiva si riposiziona sui valori del 2023: 2.755 euro mensili contro i 2.738 euro dell’anno precedente.
  • Circa il 31% dei nuclei familiari ha dichiarato di aver ridotto quantità o qualità di cibo e generi alimentari, dato stabile rispetto agli ultimi anni.
  • La propensione al risparmio risulta ulteriormente ridotta, scendendo al 6,3%, ovvero ben al di sotto dei livelli pre-2020.
  • Le voci di spesa legate a servizi di ristorazione, alloggio, istruzione e cultura registrano trend differenziati, con modesti aumenti solo in alcune regioni.
Anno Spesa media mensile (€) Variazione IPCA (%)
2019 2.561
2023 2.738 +5,9
2024 2.755 +2,5

La spesa alimentare: riduzioni, motivazioni e impatti sulle famiglie

Una delle dinamiche più significative riguarda la revisione delle abitudini di consumo alimentare. Nel 2024, il 31,1% delle famiglie ha segnalato una riduzione nella spesa per cibo, sia in termini di quantità sia di qualità, confermando una tendenza già avviata negli anni precedenti. Le cause sono molteplici:
  • Incremento dei prezzi per specifici prodotti come oli e grassi (+11,7%) e frutta (+2,7%) nell’ultimo anno.
  • Una crescita salariale incapace di tenere il passo con i rincari del settore agroalimentare.
  • Aspirazione al mantenimento di un bilancio stabile attraverso il ricorso a prodotti in offerta, preferenza per marche meno costose e taglio di acquisti di alimenti considerati non indispensabili.
Il peso della spesa alimentare sul budget totale varia molto a seconda del territorio. Se a livello nazionale essa rappresenta il 19,3% del totale, in regioni come la Calabria sale fino al 28,2%, mentre in aree più benestanti scende anche sotto il 15%. La compressione dei consumi di cibo ha un effetto diretto sulla qualità della dieta, in particolare nelle famiglie a reddito basso o numerose, che spesso rinunciano a prodotti freschi o di fascia alta.

La composizione della spesa: tra alimentare, abitazione e altri consumi

Mentre l’acquisto di beni alimentari mantiene un peso importante, la componente non alimentare assorbe oltre l’80% del budget familiare mensile, con una media di 2.222 euro. Le principali voci riguardano:

  • Abitazione, bollette, acqua, elettricità e gas: insieme rappresentano oltre il 35% del totale e superano il 40% in regioni come Trentino-Alto Adige.
  • Servizi di ristorazione e alloggio in crescita (+4,1% nel 2024), soprattutto nelle grandi città e nelle regioni del Nord.
  • Spese per trasporti, cultura e tempo libero mostrano tendenze di stabilità o modesto incremento, in linea con una ripresa parziale rispetto al periodo pandemico.
Il valore assoluto della spesa alimentare si mantiene stabile anche a fronte di lievi aumenti dei prezzi, mentre emerge la tendenza a sacrificare i consumi flessibili come informazione, comunicazione e abbigliamento. L’impatto degli affitti e dei mutui resta rilevante: circa il 18% delle famiglie vive in affitto e sostiene mediamente 423 euro al mese per il canone, dato che sale a 450 nei grandi centri urbani.

Divari geografici e sociali sui consumi: Nord, Sud e tipologie familiari a confronto

Permangono forti differenze territoriali e sociali nella distribuzione delle spese. Nei centri delle aree metropolitane e nelle regioni del Nord, le famiglie spendono significativamente più della media nazionale. La spesa mensile a Nord-Est può superare i 3.000 euro, mentre si ferma a meno di 2.200 euro al Sud, con una distanza del 37,9%.

  • Nei piccoli comuni si spende il 12% in meno rispetto alle città con oltre 50 mila abitanti.
  • In Calabria e Puglia il budget familiare mensile è quasi la metà di quello riscontrato in Trentino-Alto Adige.
  • Le famiglie di soli italiani spendono il 31,8% in più rispetto a quelle con almeno un componente straniero.
La composizione del nucleo familiare influisce anch’essa sulla distribuzione delle risorse:
  • Single over 65 destinano quasi il 50% della spesa per l’abitazione e le utenze.
  • Le famiglie con tre o più figli investono fino al 22,2% del budget in prodotti alimentari e bevande.
  • Nei nuclei numerosi, il peso delle spese fisse diminuisce percentualmente, ma cresce in valore assoluto, evidenziando economie di scala su alcuni servizi ma anche un aggravio per le necessità primarie.

Le principali voci di taglio e la risposta delle famiglie all'inflazione

Nel corso degli ultimi due anni, la risposta ai continui rincari si è tradotta in una selezione sempre più attenta delle spese. Le voci più colpite dai tagli sono:
  • Abbigliamento e calzature: il 47,5% dei nuclei ha ridotto questi acquisti, percentuale che supera il 57% nel Mezzogiorno.
  • Alimentari e bevande: una quota stabile (31,1%) si dichiara costretta a ridurre quantità o qualità del cibo.
  • Comunicazione e informazione: diminuiscono i soldi spese, con un calo del 2,3% rispetto all’anno precedente.
Risultano invece più stabili le spese per sanità, carburanti, cura personale e viaggi. La strategia delle famiglie consiste sempre più nella ricerca di promozioni, nella preferenza per le marche private e nella rinuncia ai beni considerati non indispensabili. La propensione al risparmio si colloca a livelli minimi storici, riflettendo sia l’erosione dei margini disponibili che l’incertezza rispetto al futuro economico.

Effetti economici e sociali: qualità della vita e prospettive future

La stagnazione della spesa, unita a tagli mirati in diversi settori, comporta effetti rilevanti sia sul benessere delle famiglie sia sul tessuto sociale ed economico. La riduzione della qualità della dieta, il rimando di spese non urgenti e la crescente quota destinata alle utenze rischiano di peggiorare la percezione di sicurezza economica.

In sintesi:

  • L’impatto sulla filiera agroalimentare e commerciale è già evidente: si registra un rallentamento nella domanda di prodotti premium e una pressione al ribasso sui margini dei produttori nazionali.
  • Il divario tra Nord e Sud, nonché tra famiglie di diversa composizione e origine, evidenzia una fragilità strutturale nel rilancio della domanda interna.
  • Anche la fiducia dei consumatori rimane su valori bassi, condizionando le prospettive di crescita macroeconomica.
Alcune associazioni suggeriscono l’introduzione di misure come sgravi su beni di prima necessità o agevolazioni per i nuclei vulnerabili. Guardando al prossimo anno, fondamentale sarà il rapporto tra andamento dei prezzi, disponibilità di reddito e misure di sostegno pubblico. Il rischio più grave è che la compressione dei consumi diventi strutturale e permanente.