L’avvento delle chat di gruppo per la gestione delle emergenze o la condivisione di informazioni sul palazzo ha introdotto criticità per i condomini.
Nel contesto di un condominio una parola pronunciata con leggerezza o impulsività in presenza di terzi può causare conseguenze ben superiori alle intenzioni originarie. Le dinamiche collettive delle riunioni o delle conversazioni in chat condominiali rischiano di amplificare i malumori e favorire episodi di offesa, diffamazione e persino calunnia.
L’avvento delle chat di gruppo per la gestione delle emergenze o la condivisione di informazioni sul palazzo ha introdotto ulteriori criticità. Sottovalutare il peso di affermazioni scritte nero su bianco può portare a esporsi a responsabilità civili e penali inattese. Comprendere i confini tra critica, offesa e reato diventa indispensabile per difendere sia i diritti personali sia l’equilibrio all’interno della comunità. L’approfondimento che segue analizza, partendo da esperienza e norme, i rischi connessi a questa forma di comunicazione e i possibili strumenti di tutela.
La diffamazione, regolata dall’articolo 595 del Codice Penale occorre quando si offende la reputazione di un soggetto non presente alla discussione e la comunicazione avviene con almeno due altre persone. Le pene previste variano dalla reclusione fino a un anno o dalla multa fino a 1.032 euro; qualora l’offesa riguardi un fatto specifico la reclusione può estendersi fino a due anni e la multa a 2.065 euro.
La giurisprudenza evidenzia come anche fatti veri, se comunicati con l’obiettivo di screditare il destinatario, possano essere considerati diffamatori. Non è necessario il dolo specifico dell’autore, ma è importante che la comunicazione sia idonea a ledere la reputazione in ambito sociale, lavorativo o familiare.
La ingiuria si verifica se la persona offesa è presente; dal 2016 è stata depenalizzata e non costituisce più reato, ma un illecito civile, con sanzioni economiche da 100 a 8.000 euro. Qui l’offeso può agire per il risarcimento del danno patito, ma non si darà luogo a procedimento penale.
Anche la calunnia, disciplinata dall’art. 368 c.p., trova applicazione nei contesti condominiali quando si attribuisce a qualcuno, consapevolmente, la commissione di un reato non commesso. In simili casi si rischia la reclusione da due a sei anni, oltre alla possibilità per la parte lesa di chiedere il risarcimento. In pratica:
Diffamare un condomino assente da un’assemblea o una chat significa offendere la reputazione di quella persona davanti a diversi partecipanti, senza che questa possa difendersi. Sia la legge che la giurisprudenza identificano come presupposto la pluralità dei destinatari: una battuta lesiva tra pochi può non rilevare, mentre inserirla in una discussione collettiva la rende perseguibile.
Secondo l’art. 595 c.p., la diffamazione si verifica se:
Un aspetto rilevante riguarda anche la cosiddetta identificabilità indiretta: rendere riconoscibile una persona attraverso sigle, iniziali o dettagli, pur senza nominarla espressamente, può integrare il reato laddove la persona venga inequivocabilmente individuata dai destinatari.
Tali fattispecie sono particolarmente frequenti nelle conversazioni condominiali, contribuendo a rendere condominio chat diffamazione e risarcimento un tema ricorrente nei contenziosi civili e penali.
Dal 2016, l’ingiuria è considerata illecito civile anziché penale. Un’offesa a un condomino durante una riunione comporta quindi una possibile richiesta di risarcimento danni, da valutare in sede civile. Le sanzioni applicabili - tra 100 e 8.000 euro - sono definite dall’articolo 4 del decreto legislativo n. 7/2016.
Il confine tra offesa ingiuriosa e diritto di critica resta comunque sottile: se la critica è motivata, attuale e attinente ai fatti discussi – e non offende la dignità personale – non si configura un illecito. Tuttavia, insulti gratuiti e aggressioni verbali, anche se pronunciate impulsivamente, possono fondare richieste di danni morali e materiali. La Corte d’Appello di Milano, con decisione 7/2023, ha condannato un condomino a un risarcimento di 5.000 euro per avere utilizzato parole fortemente offensive nei confronti dell’amministratore:
La calunnia costituisce uno dei reati più gravi in ambito condominiale e si configura quando si attribuisce consapevolmente a un’altra persona un reato che non ha commesso. L’art. 368 c.p. punisce questa condotta con pene detentive da due a sei anni.
Nel contesto della vita condominiale ciò può accadere, ad esempio, quando un condomino accusa infondatamente un vicino di furto o altra condotta criminale, con l’obiettivo di danneggiare la sua reputazione o avviare un procedimento a suo carico. Tali comportamenti sono spesso all’origine di contenziosi complessi, poiché producono danni sia all’immagine sia alla serenità della persona indebitamente accusata.
I soggetti che subiscono calunnie hanno diritto a proporre querela sia in sede penale che civile, e possono chiedere un risarcimento per la compromissione della propria reputazione. La severità delle sanzioni risponde all’esigenza di tutelare il clima collaborativo imprescindibile alla convivenza nelle comunità abitative e di prevenire derive conflittuali pericolose.
Le chat condominiali, ormai strumento diffuso di comunicazione tra vicini, presentano insidie sia sotto il profilo della riservatezza sia per quanto riguarda la responsabilità per offese e diffamazioni.
Attenzione a ciò che si scrive: le conversazioni di gruppo su piattaforme come WhatsApp o Telegram sono considerate “comunicazione con più persone” ai fini dell’art. 595 c.p. e possono configurare reato se si parla negativamente di un assente. Anche la semplice attribuzione di responsabilità per morosità o la diffusione di dettagli su situazioni personali (salute, stato economico, problemi familiari) può costituire violazione della privacy, sanzionata pesantemente dal GDPR.
La gestione responsabile delle chat condominiali rappresenta un elemento essenziale per prevenire conflitti e garantire il rispetto della privacy e della reputazione di tutti i partecipanti.