Con un carico fiscale pari al 42,8%, l'Italia si posiziona al quarto posto tra i Paesi Ocse per tasse più elevate. Analisi delle cause, dei dati recenti e confronto con le principali economie.
Il peso delle imposte in Italia si conferma tra i più elevati del panorama internazionale. Negli ultimi anni, in particolare nel 2024, la pressione fiscale ha raggiunto nuovi livelli, avvicinando il Paese ai vertici della classifica dei membri dell’Organizzazione per la Cooperazione e lo Sviluppo Economico (Ocse). Un dato rilevante: il rapporto tra imposte e Prodotto Interno Lordo (PIL) si attesta al 42,8% secondo il più recente rapporto sulle "Statistiche degli introiti pubblici" dell’Ocse. Questa percentuale colloca l’Italia tra i primi quattro Stati con la maggiore tassazione rispetto agli altri Paesi analizzati nel 2025.
Confrontare il quadro fiscale italiano con le economie euro-atlantiche permette di comprendere meglio cosa significhi mantenere un tale livello di prelievo. Un'ambivalenza frequentemente rilevata nei dibattiti pubblici: da un lato, la necessità di coprire spese fondamentali, tra cui previdenza, sanità e welfare; dall’altro, la competitività economica e l’attrattività per imprese e cittadini. Analizzare le fonti ufficiali e i dati dell’Ocse consente di individuare sia le cause dell’attuale situazione sia le potenzialità di cambiamento per il futuro.
Nel corso dell’ultimo biennio il carico fiscale in Italia ha continuato a crescere, arrivando a raggiungere un livello record del 42,8% sul PIL nel 2024. Questo valore rappresenta un avanzamento consistente rispetto al 41,5% del 2023 e al 42% del 2022, a testimonianza di un trend in ascesa della pressione tributaria che risente di diversi fattori strutturali e congiunturali:
Sul versante normativo, costituiscono riferimenti di rilievo la legge n. 212/2000 (Statuto dei diritti del contribuente) e le diverse manovre finanziarie approvate negli ultimi anni, che hanno influenzato sia le aliquote sia le modalità di riscossione.
Un'analisi temporale mostra che:
In Italia, l’aumento è stato meno marcato rispetto ad altri casi analizzati (ad esempio Lettonia e Slovenia), ma la posizione relativa nel ranking internazionale resta alta. La capacità dello Stato di raccogliere risorse attraverso le imposte dipende da molteplici fattori tra cui l’efficienza del sistema fiscale, la capacità di contrasto all’evasione e il contesto macroeconomico.
Per comprendere appieno le peculiarità del sistema fiscale italiano rispetto agli altri Stati membri Ocse, risulta utile analizzare alcuni dati chiave:
| Paese | Rapporto Imposte/PIL 2024 | Variazione rispetto al 2023 |
| Danimarca | 45,2% | +0,2% |
| Italia | 42,8% | +1,3% |
| Slovenia | 41,7% | +1,9% |
| Lettonia | 35,2% | +2,4% |
| Messico | 18,3% | -0,1% |
| Colombia | 20,8% | -2,2% |
| Media Ocse | 34,1% | +0,3% |
Questa tabella mette in evidenza le differenze sostanziali nella pressione fiscale tra i diversi Paesi. Danimarca e Italia guidano la classifica degli Stati Ocse con la più alta incidenza delle imposte rispetto al PIL, mentre Messico e Colombia si trovano agli estremi opposti della graduatoria. La media Ocse rimane significativamente al di sotto delle percentuali registrate dall’Italia, sottolineando una specificità strutturale spesso alla base del dibattito interno sulla competitività economica.
L’analisi comparativa tra i sistemi tributari mostra:
Sul medio-lungo periodo, gli aumenti più notevoli sono stati osservati in Slovacchia, Giappone e Grecia. L’Italia, inserita in tale contesto, si caratterizza per una crescita lineare e costante della pressione fiscale, attribuibile alla necessità di sostenere i principali pilastri del proprio welfare. Le differenze strutturali tra i sistemi tributari rimangono un aspetto chiave nella valutazione internazionale della competitività e della sostenibilità delle politiche economiche nazionali.