All'interno del contesto condominiale, la questione delle situazioni di conflitto tra interesse personale e interesse collettivo riveste grande importanza, poiché un comportamento non corretto può incidere negativamente sulla trasparenza, sulla serenità della vita comunitaria e sulla fiducia verso la figura dell'amministratore.
Il concetto giuridico di conflitto di interesse si manifesta ogniqualvolta chi governa la gestione degli interessi comuni, come un amministratore, si trovi ad affrontare scelte in cui può emergere un vantaggio personale in contrasto con il benessere generale del condominio. La normativa italiana, la giurisprudenza e la prassi sottolineano la necessità di vigilare su questi episodi e di saperli prevenire o trattare in modo trasparente, sia per tutelare i condomini sia per evitare ripercussioni sulla reputazione del professionista.
In questa prospettiva, una gestione attenta delle situazioni a rischio è anche un investimento sul valore patrimoniale degli immobili e sulla qualità della convivenza all'interno dello stabile.
Nel diritto condominiale si parla di conflitto di interessi quando tra l'amministratore (o anche un singolo condomino) e il condominio emerge una divergenza tra un interesse personale e l'interesse collettivo. Nell'ottica della normativa vigente, in particolare degli articoli 1129 e seguenti del Codice Civile, l'amministratore agisce quale mandatario dei condomini e deve improntare il suo operato a criteri di correttezza, diligenza e imparzialità:
Definizione giuridica: il conflitto si realizza ogni volta in cui l'interesse personale di chi gestisce (che può essere economico, familiare, professionale) sia contrapposto all'interesse istituzionale del condominio e la decisione presa possa arrecare un potenziale danno all'interesse comune.
Rilevanza normativa: la giurisprudenza (tra cui Cass. Civ. Sez. 2, n. 20126/2022) sottolinea che per avere risvolti legali non basta l'esistenza di un semplice vantaggio personale, ma deve sussistere contemporaneamente una sicura divergenza fra interesse personale ed interesse istituzionale e la delibera approvata deve essere potenzialmente dannosa per il condominio.
Specificità per l'amministratore: quando la persona che gestisce il condominio assume decisioni che, ad esempio, favoriscono una propria società, parenti, o laddove attribuisce a sé stesso incarichi remunerativi, si innesca un potenziale conflitto che può far scattare richieste di chiarimento, contestazioni o addirittura l'impugnazione delle deliberazioni adottate.
Nell'ambito dell'amministrazione condominiale, la prevenzione dei conflitti e la gestione trasparente degli stessi sono non solo un obbligo giuridico, ma anche una best practice per il consolidamento della fiducia e della serenità nella gestione ordinaria e straordinaria.
I conflitti di interesse nell'ambito dell'amministrazione delle parti comuni possono assumere molteplici forme, spesso non immediatamente evidenti. Le situazioni concretamente più frequenti comprendono:
Affidamento di incarichi e appalti: la scelta di fornitori o imprese con cui l'amministratore ha rapporti personali, familiari o societari non dichiarati, come l'affidamento di un appalto a una ditta di cui è socio occulto.
Gestione delle deleghe: l'utilizzo di deleghe affidate a parenti o collaboratori rischia di avere un'influenza eccessiva sulle delibere assembleari, in particolare se riguardano temi attinenti alla posizione dell'amministratore stesso.
Gestione patrimoniale: decisioni su beni comuni o lavori che vanno a vantaggio personale dell'amministratore e che non rispondono ai criteri di trasparenza e correttezza richiesti dalla normativa.
Per essere giuridicamente rilevanti, i conflitti devono essere connotati da una chiara divergenza di interessi e la delibera adottata deve comportare un potenziale danno per il condominio. La dimostrazione di tali presupposti è fondamentale anche per l'eventuale impugnazione delle decisioni assembleari (art. 1137 Codice Civile). Gli articoli 67 e 72 delle disposizioni attuative del Codice Civile pongono limiti precisi all'utilizzo di deleghe e vietano all'amministratore l'assunzione di deleghe di voto, proprio per prevenire situazioni distorsive.
La costante attenzione agli interessi personali rispetto all'interesse collettivo rappresenta un elemento cardine della buona amministrazione, come sottolineato anche dalla recente giurisprudenza e dalla dottrina.
L'incarico di amministratore condominiale, pur essendo compatibile con varie professioni (avvocato, ingegnere, commercialista, architetto, geometra), impone il rispetto di limiti e cautele precise:
Competenze professionali: la legge italiana non prevede incompatibilità assolute fra la gestione condominiale e l'esercizio di altre professioni, salvo il rispetto del divieto di assumere incarichi che determinino un conflitto tra interesse personale e collettivo.
Deleghe assembleari: la normativa prevede il divieto assoluto di deleghe all'amministratore per la partecipazione alle assemblee; tale regola serve ad assicurare la massima trasparenza e neutralità nelle scelte assembleari.
Familiari e collaboratori: può essere formalmente valida la delega a un familiare o a un collaboratore, ma il loro intervento su materie che riguardano direttamente il ruolo amministrativo può esporre la deliberazione al rischio di impugnazione per conflitto di interessi. La giurisprudenza valuta concretamente gli abusi che possono emergere in tali situazioni.
Rapporti con parti correlate: ogni relazione di natura economica, lavorativa o personale che possa incidere sulla gestione imparziale deve essere dichiarata preventivamente ai condomini, adottando ogni cautela per prevenire abusi o decisioni viziate.
In sintesi, la trasparenza nelle relazioni, il rispetto delle incompatibilità previste dalla legge e l'astensione nelle decisioni caratterizzate da interessi personali rappresentano elementi essenziali per l'affidabilità dell'amministratore e per il buon funzionamento della vita condominiale.
La corretta gestione dei conflitti è un elemento basilare per la validità e l'affidabilità delle decisioni adottate nelle assemblee. La presenza di una situazione di conflitto, se non dichiarata e adeguatamente regolata, può compromettere le delibere condominiali, rendendole suscettibili di impugnazione.
Principi giurisprudenziali: Perché una delibera possa essere annullata per conflitto di interessi occorre dimostrare:
Che il voto dell'amministratore in conflitto sia stato determinante per il raggiungimento della maggioranza.
Che la decisione adottata sia potenzialmente dannosa per il condominio e appaia come manifestazione di prevalenza di un interesse personale sugli interessi comuni.
La sola presenza di un interesse personale non è sufficiente a determinare automaticamente l'invalidità della delibera. Solo la concomitante sussistenza della cosiddetta "prova di resistenza" (voto decisivo) e la dimostrazione del danno potenziale giustificano l'annullamento.
Impugnazione: L'impugnazione può essere proposta entro 30 giorni da parte dei condomini dissenzienti, assenti o astenuti (art. 1137 c.c.), i quali devono dimostrare sia il conflitto che la circostanza che senza quel voto la delibera non sarebbe passata.
L'attenzione alla tracciabilità delle decisioni, la verbalizzazione delle situazioni a rischio e la comunicazione tempestiva ai condomini costituiscono strumenti di tutela della validità degli atti e della serenità della compagine.
La responsabilità per la cattiva gestione di un conflitto di interesse coinvolge vari profili giuridici:
Civile: Nell'ipotesi di danni derivanti da condotte improntate a favoritismi personali, il professionista può essere chiamato a rispondere dei pregiudizi patrimoniali subiti dal condominio (es. lavori appaltati a prezzi maggiorati a propri familiari).
Contrattuale: Una gestione scorretta può comportare la revoca giudiziale dell'incarico, nonché l'obbligo di restituzione di somme eventualmente percepite indebitamente.
Penale: Nei casi di dolo, frode o appropriazione indebita (ad esempio, quando il conflitto nasconde pratiche illecite), si configurano responsabilità anche sotto il profilo del codice penale.
La responsabilità trova fondamento sia nei principi generali della responsabilità extracontrattuale sia nell'obbligo imposto dagli artt. 1129 e ss. c.c. a carico dell'amministratore di operare con diligenza e lealtà. Solo un'azione trasparente, documentata e imparziale consente di circoscrivere i rischi connessi alle controversie condominiali e ridurre il rischio di azioni legali sia individuali sia collettive.