L’indennità di mensa rappresenta un tema centrale nel campo dei diritti del lavoro e delle politiche di welfare aziendale, configurandosi come un’alternativa al tradizionale servizio di mensa per i lavoratori. Nel contesto dei contratti collettivi nazionali di lavoro (CCNL 2025), tale istituto assume particolare rilievo per garantire una pausa pranzo dignitosa anche laddove il datore di lavoro non possa istituire un servizio di ristorazione interno o esterno convenzionato. La sua regolamentazione si intreccia con norme tributarie, prassi giurisprudenziali e orientamenti recenti, rendendo indispensabile una guida chiara per comprendere diritti, obblighi e convenienze connesse all’indennità di mensa e alle sue principali alternative come i buoni pasto o il servizio diretto di mensa aziendale.
L’indennità di mensa, nel quadro dei CCNL 2025, è una somma in denaro che il datore di lavoro eroga ai dipendenti quando non sia in grado di offrire un servizio mensa aziendale. Questa somma viene accreditata direttamente in busta paga come parte della retribuzione e risponde all’esigenza di sostenere i lavoratori nei costi della pausa pranzo durante le giornate lavorative.
Generalmente, il diritto a percepire l’indennità di mensa spetta a tutti i lavoratori subordinati, sia a tempo indeterminato sia determinato, con contratti full-time o part-time, laddove previsto dal CCNL o da accordi aziendali. Va sottolineato che la disciplina può variare tra i settori produttivi e dipende sia dalla contrattazione collettiva territoriale sia dalle politiche aziendali specifiche. In particolare, la corresponsione dell’indennità può essere giornaliera, mensile oppure correlata alle ore lavorate effettivamente, ma sempre sotto forma lorda e soggetta sia alle trattenute fiscali sia ai contributi previdenziali.
La normativa di riferimento principale è l’articolo 51 del Testo Unico delle Imposte sui Redditi (TUIR), che stabilisce come, di regola, l'indennità di mensa sia pienamente imponibile sia fiscalmente che dal punto di vista contributivo. Fanno eccezione i casi degli operatori addetti a cantieri edili, unità produttive temporanee o zone prive di servizi di ristorazione: in tali contesti, l’indennità fino a 5,29 euro giornalieri è esclusa dalla formazione del reddito.
Per approfondimenti specifici sulle singole categorie contrattuali, è consigliato consultare la sezione dedicata ai CCNL sul sito del Ministero del Lavoro.
L’indennità di mensa si configura come una delle possibili soluzioni di welfare aziendale, ma presenta alcuni punti critici, soprattutto dal punto di vista fiscale e contributivo. Quali sono i principali aspetti da considerare?
Eccezioni fiscali: per i dipendenti impiegati in unità produttive temporanee, cantieri edili e zone disagevoli, l’indennità fino a 5,29 euro giornalieri non concorre a formare il reddito da lavoro dipendente (articolo 51, comma 2, TUIR). In tutti gli altri casi, invece, si applica la tassazione ordinaria.
Destinatario | Regime fiscale |
Dipendenti comuni | Imponibile IRPEF/INPS |
Addetti a cantieri/zone disagiate | Esente fino a 5,29 €/gg |
Per le imprese, va considerata la convenienza economica dell’erogazione dell’indennità rispetto ad altre alternative di fringe benefit, per ottimizzare il bilancio del personale.
Il datore di lavoro può optare per altre soluzioni alternative, a volte più vantaggiose sia per l’azienda che per i lavoratori:
I buoni pasto sono esenti da tassazione nei limiti stabiliti dalla normativa vigente: fino a 8 euro giornalieri per il formato elettronico, fino a 4 euro per quello cartaceo. Solo la parte eccedente concorre a formare il reddito da lavoro dipendente. Inoltre, i buoni non sono cedibili, non sono cumulabili oltre 8 unità per volta e sono utilizzabili solo dal titolare.
Il servizio mensa non entra nella formazione del reddito del lavoratore e resta totalmente esente da tasse e contributi, a condizione che sia offerto alla generalità dei dipendenti o a categorie omogenee. L’organizzazione può avvenire sia internamente sia aderendo a mense convenzionate esterne.
Considerando un’ipotesi in cui un lavoratore riceva 10 buoni pasto elettronici del valore di 8 euro (per un totale lordo di 80 euro), l’importo è completamente spendibile senza oneri aggiuntivi. In caso di corrispondente indennità in busta paga, il netto effettivo percepito scende dopo l’applicazione dell’IRPEF (aliquota media 23-27%) e dei contributi (circa 9%), riducendo il beneficio per il lavoratore e incrementando il costo per l’azienda. Dal lato aziendale, il costo dei buoni pasto è deducibile al 100% e l’IVA detraibile al 4%.
Soluzione | Vantaggio fiscale per il dipendente | Vantaggio per l’azienda |
Buoni pasto elettronici (8€/gg) | Totalmente esenti fino al limite | Deducibilità piena e detraibilità IVA |
Indennità mensa | Imponibile da tassazione/contributi | Costi maggiori per oneri sociali |
Mensa aziendale | Totalmente esente | Nessun costo previdenziale aggiuntivo |