Il comodato d’uso gratuito è una specifica modalità di utilizzo di un immobile che, pur essendo diffusa soprattutto tra parenti stretti, ad esempio tra genitori e figli, può essere adottata anche tra soggetti privi di legami di parentela. In questa forma contrattuale, il proprietario dell’immobile (comodante) mette a disposizione di un altro soggetto (comodatario) una casa senza richiedere alcun canone di locazione. Tuttavia, la titolarità e i relativi obblighi fiscali in merito a IMU e TARI presentano peculiarità e regole stringenti, disciplinate sia dal Codice Civile che dalla normativa fiscale vigente.
Il contratto di comodato, secondo l’articolo 1803 del Codice Civile, è quell’accordo attraverso cui una parte (comodante) consegna all’altra parte (comodatario) un bene mobile o immobile, affinché questi lo utilizzi per un tempo o per un uso determinato, con obbligo di restituzione. Il comodato d’uso è, per sua natura, essenzialmente gratuito e determina un diritto personale di godimento in capo al comodatario, senza alcun trasferimento della proprietà dell’immobile.
La forma contrattuale può essere sia verbale che scritta; tuttavia, la registrazione è obbligatoria se il contratto è stipulato per iscritto, da effettuare presso l’Agenzia delle Entrate entro 20 giorni dalla sottoscrizione. Questa scelta formale consente una maggiore tutela delle parti e facilita l’accesso a eventuali agevolazioni fiscali legate all’imposta municipale (IMU). Le spese ordinarie di manutenzione ordinaria e delle utenze sono generalmente a carico del comodatario, mentre rimangono in capo al comodante le spese di straordinaria amministrazione necessarie per la conservazione del bene.
L’IMU (Imposta Municipale Propria) è un’imposta patrimoniale che grava sul proprietario dell’immobile o sul titolare di un diritto reale (usufrutto, uso, abitazione, enfiteusi, superficie). Nel caso del comodato d’uso gratuito, il soggetto passivo restando il comodante, il proprietario, anche se il bene viene utilizzato dal comodatario.
Una delle principali agevolazioni disponibili consiste nella riduzione del 50% della base imponibile IMU, prevista dalla normativa per le abitazioni (escluse quelle di lusso: categorie catastali A/1, A/8, A/9) concesse in comodato gratuito a parenti in linea retta entro il primo grado (genitori e figli), a condizione che:
La riduzione non è applicabile agli immobili concessi in comodato tra soggetti che non siano parenti di primo grado, né agli immobili di categoria catastale di lusso. Ove dovessero mancare queste condizioni, il proprietario dovrà versare l’IMU sull’intero importo di base imponibile. Il contratto regolarmente registrato, anche se stipulato verbalmente, rappresenta un presupposto necessario all’applicazione dell’agevolazione.
La recente giurisprudenza, come la sentenza n. 37346 della Corte di Cassazione, ha sottolineato che la riduzione spetta solo se il comodante e il comodatario sono effettivamente titolari dei requisiti suddetti. L’Amministrazione comunale può comunque richiedere autodichiarazioni e documentazione a conferma del diritto all’agevolazione.
Tra le novità, dal 2019 è stato abolito l’obbligo di presentare la dichiarazione IMU nei casi di comodato gratuito tra parenti di primo grado, semplificando gli adempimenti amministrativi.
La TARI (Tassa sui Rifiuti) è l’imposta che finanzia i costi relativi alla gestione e allo smaltimento dei rifiuti urbani. Ai sensi dell’articolo 1, comma 641, della legge n. 147/2013, il presupposto della TARI consiste “nel possesso o nella detenzione, a qualsiasi titolo, di locali o aree scoperte suscettibili di produrre rifiuti urbani”. È il comodatario il soggetto obbligato al pagamento della tassa, in quanto effettivo occupante e fruitore dell’immobile e quindi produttore dei rifiuti.
La TARI va quindi calcolata sulla superficie calpestabile dell’immobile e sul numero dei componenti del nucleo familiare residente. Sono esenti dall’imposizione le aree oggettivamente inutilizzabili o inutilizzate (ad esempio locali privi di utenze e arredi), sempre che sia data prova oggettiva di tali condizioni.
La tassa viene determinata dal Comune e comunicata annualmente, normalmente mediante avviso inviato agli intestatari. Il pagamento può essere effettuato tramite diverse modalità, tra cui modello F24, MAV, bonifico bancario e sistema PagoPA. Per verificare la regolarità dei versamenti, è possibile consultare la propria situazione presso il sito dell’Agenzia delle Entrate Riscossione, l’ufficio tributi comunale o le piattaforme digitali degli enti locali.
Il principio «chi inquina paga» guida la determinazione dell’imposta: chi occupa l’immobile, anche temporaneamente ma oltre i sei mesi, è tenuto a corrispondere la TARI, mentre in caso di occupazione inferiore ai sei mesi spetta al proprietario. Alcuni Comuni prevedono riduzioni per utenze temporanee, case sfitte senza utenze attive o nuclei familiari in difficoltà economica (previsto il bonus sociale rifiuti per chi possiede ISEE inferiore a determinati limiti).
Particolare attenzione merita la disciplina delle agevolazioni IMU per immobili concessi in comodato tra genitori e figli. La riduzione della base imponibile del 50% si applica, come già illustrato, solo quando ricorrono stringenti condizioni di parentela e localizzazione degli immobili, oltre che di registrazione del contratto. L’esclusione riguarda le case di lusso e i comodati tra familiari diversi da genitori e figli.
Per la TARI, il comodatario è sempre responsabile del tributo, poiché produce concretamente i rifiuti avendo la piena disponibilità del bene. In caso di immobili concessi a uso saltuario o non abitati, è necessario presentare apposita dichiarazione al Comune e fornire la documentazione necessaria qualora spettino esenzioni.
In presenza di inquilini o comodatari titolari di bonus sociale (ad esempio per nuclei con ISEE molto basso o famiglie numerose), sono previste ulteriori agevolazioni sulla TARI. Il bonus sociale rifiuti, in vigore prossimamente, garantirà una riduzione della tassa per le utenze domestiche dei soggetti economicamente più deboli.