Nel contesto economico attuale, caratterizzato da incertezze e difficoltà per molte imprese, è importante comprendere quali tutele esistono per i lavoratori quando un'azienda fallisce. In particolare, la questione degli stipendi arretrati e del TFR rappresenta una preoccupazione primaria per chi si trova improvvisamente senza lavoro a causa dell'insolvenza del proprio datore di lavoro.
La normativa italiana prevede specifici meccanismi di protezione che consentono ai dipendenti di recuperare le retribuzioni non corrisposte anche quando l'azienda non ha più risorse economiche. Vediamo nel dettaglio chi paga gli stipendi arretrati quando un'azienda dichiara fallimento, quali sono le procedure da seguire e quali diritti sono garantiti dalla legge.
La dichiarazione di fallimento dell'azienda non comporta automaticamente la cessazione del rapporto di lavoro. Secondo la giurisprudenza più recente (Cassazione, sentenza n. 7308/2018), il fallimento non determina l'immediato licenziamento dei dipendenti, ma il loro contratto viene temporaneamente sospeso.
In questa fase, il curatore fallimentare valuta se:
Durante il periodo di sospensione, i lavoratori non maturano retribuzioni, a meno che non vengano richiamati dal curatore per proseguire l'attività. In caso di licenziamento, il lavoratore ha diritto all'indennità di disoccupazione (NASpI), poiché si tratta di una perdita involontaria dell'occupazione.
Quando un'azienda fallisce, il principale strumento di tutela per i lavoratori è rappresentato dal Fondo di Garanzia dell'INPS. Questo istituto interviene per garantire il pagamento degli ultimi tre stipendi arretrati ai dipendenti, oltre al Trattamento di Fine Rapporto (TFR).
Non importa se si tratta di una società di capitali, di una società di persone o di una ditta individuale: la normativa prevede in tutti i casi il pagamento degli ultimi tre stipendi arretrati, a cui si aggiunge il TFR non ancora liquidato. La condizione fondamentale da rispettare è che il rapporto di lavoro non sia terminato più di un anno prima della dichiarazione di fallimento.
Il Fondo di Garanzia dell'INPS è stato istituito proprio per proteggere i lavoratori in caso di insolvenza del datore di lavoro, garantendo loro una forma di tutela economica quando l'azienda non è più in grado di far fronte ai propri obblighi retributivi. Questo meccanismo è previsto dalla legge n. 297/1982 e dal Decreto Legislativo 80/92, che hanno ampliato progressivamente le tutele per i lavoratori dipendenti.
Per ottenere il pagamento degli stipendi arretrati e del TFR, il lavoratore deve seguire una procedura specifica che inizia con l'insinuazione al passivo del fallimento. Ecco i passaggi da seguire:
La domanda all'INPS va presentata tramite i servizi telematici disponibili sul sito dell'Istituto, oppure rivolgendosi a un patronato o al contact center INPS. È importante rispettare i termini previsti dalla legge per non perdere il diritto alle prestazioni.
Per presentare correttamente la domanda di pagamento degli stipendi arretrati, è necessario allegare una serie di documenti specifici, che variano in base alla situazione dell'azienda:
In caso di fallimento, liquidazione coatta amministrativa o amministrazione straordinaria, il lavoratore deve presentare:
Se il datore di lavoro è stato ammesso alla procedura di concordato preventivo, sono necessari:
Se la procedura concorsuale è stata aperta in un altro Stato dell'Unione Europea, la documentazione richiesta include:
L'INPS è tenuto a liquidare il TFR e gli stipendi arretrati entro 60 giorni dalla presentazione della domanda completa. Tuttavia, è importante sottolineare che questo termine non è perentorio e la liquidazione potrebbe richiedere più tempo, soprattutto se la fase di accertamento dei crediti da parte del giudice delegato si protrae.
Riguardo ai limiti di intervento del Fondo di Garanzia, è fondamentale ricordare che:
Secondo le disposizioni del CCNL 2025, la tutela del Fondo di Garanzia si estende a tutti i tipi di rapporto di lavoro subordinato, inclusi gli apprendisti e i dirigenti. Anche i soci di cooperative di lavoro possono accedere a questa forma di protezione.
Una caratteristica importante della tutela dei lavoratori in caso di fallimento aziendale è la loro posizione privilegiata nell'ordine dei creditori. I crediti per retribuzioni e TFR godono infatti di un privilegio generale sui beni mobili del fallito, ai sensi dell'articolo 2751-bis del Codice Civile.
Questo significa che, nell'ambito della procedura fallimentare, i lavoratori hanno una priorità rispetto ad altri creditori per il soddisfacimento delle loro pretese economiche. Tuttavia, questo privilegio non sempre garantisce il recupero integrale di quanto dovuto, soprattutto se l'attivo fallimentare è esiguo.
È proprio per questa ragione che è stato istituito il Fondo di Garanzia dell'INPS, che interviene anche quando l'attivo fallimentare non è sufficiente a coprire tutti i crediti dei lavoratori.
Un altro aspetto rilevante riguarda i contributi previdenziali che l'azienda potrebbe non aver versato prima del fallimento. Secondo la giurisprudenza della Corte di Cassazione (sentenza n. 18333/2020), il datore di lavoro che non versa tempestivamente la quota contributiva trattenuta dallo stipendio del dipendente, in sede di fallimento è tenuto al pagamento anche di tale quota, in quanto credito retributivo per il lavoratore.
Inoltre, la normativa stabilisce che, in caso di omesso versamento dei contributi da parte del datore di lavoro, il lavoratore non subisce alcuna perdita ai fini pensionistici. L'INPS infatti accredita ugualmente i contributi sulla posizione assicurativa del lavoratore, come se fossero stati regolarmente versati, salvo poi rivalersi sul datore di lavoro inadempiente.
Per verificare la propria posizione contributiva, è consigliabile richiedere all'INPS un estratto conto contributivo, che permette di controllare se tutti i periodi lavorativi sono stati correttamente registrati.
Per i lavoratori che hanno scelto di conferire il proprio TFR a un fondo pensione negoziale, la situazione in caso di fallimento dell'azienda è più sicura. Il TFR versato ai fondi pensione è infatti separato dal patrimonio dell'azienda e non può essere aggredito dai creditori in caso di fallimento.
Se invece l'azienda non ha effettuato i versamenti dovuti al fondo pensione, esiste una tutela specifica: il Fondo di garanzia per la posizione previdenziale complementare dell'INPS. Questo fondo interviene per garantire i versamenti non effettuati dal datore di lavoro insolvente.
In base alle normative previste per il 2025, chi aderisce alla previdenza complementare in caso di fallimento dell'azienda gode quindi di una doppia tutela: