Nel contesto lavorativo italiano, la gestione delle assenze per motivi di salute riveste un’importanza determinante, sia per la tutela dei diritti dei lavoratori, sia per garantire la regolarità contrattuale e la corretta applicazione della normativa. Il prolungamento del certificato medico di malattia nel 2025 si inserisce in un quadro regolamentare consolidato, aggiornato da recenti novità tecnologiche e giurisprudenziali, volto a prevenire controversie e sanzioni disciplinari anche gravi.
Il certificato medico di malattia è il documento ufficiale mediante cui il lavoratore attesta il proprio stato di salute incompatibile con la prestazione lavorativa. Redatto da un medico curante appartenente al Servizio Sanitario Nazionale (SSN) o convenzionato, è obbligatorio in tutti i casi di assenza per motivi di salute. Deve contenere informazioni essenziali come: dati identificativi del lavoratore, prognosi dettagliata, periodo di assenza autorizzata, indirizzo di reperibilità e firma del medico.
Il certificato, salvo impedimenti tecnici o specifiche situazioni (ad esempio un ricovero ospedaliero), viene trasmesso telematicamente all’INPS, che lo mette a disposizione anche del datore di lavoro per la verifica della regolarità dell’assenza. Il lavoratore deve comunicare tempestivamente all’azienda la propria assenza seguendo le modalità definite dal proprio CCNL.
Qualora la malattia abbia una durata maggiore rispetto a quanto certificato nella prognosi iniziale, il lavoratore ha l’obbligo di richiedere il prolungamento del certificato medico nel primo giorno successivo alla scadenza della prognosi precedente. Questo è fondamentale per evitare “buchi” tra un certificato e l’altro che, anche per un solo giorno, espongono il lavoratore al rischio di assenze ingiustificate e relative sanzioni disciplinari, fino al licenziamento.
La prassi prevede che il medico, dopo aver verificato lo stato di salute, emetta un nuovo certificato con la specifica di continuazione o, nei casi di recidiva, di ricaduta. L’obbligo di trasmissione dei dati rimane a carico del medico, tramite sistema telematico. Il lavoratore, in ogni caso, deve sempre comunicare tempestivamente all’azienda il prolungamento dell’assenza e fornire il numero di protocollo del certificato. Se la trasmissione telematica non è possibile, occorre consegnare all’INPS e al datore di lavoro la copia cartacea secondo la normativa vigente.
La mancanza di continuità nella copertura certificativa costituisce un illecito disciplinare ai sensi degli articoli 2104 e 2106 del Codice Civile e delle disposizioni previste nei diversi CCNL. In particolare, anche un singolo giorno di assenza non giustificata tra la fine di un certificato e l’inizio del successivo può essere oggetto di contestazione formale.
È stato tuttavia precisato anche dalla Corte di Cassazione (sentenza n. 8956/2024) che i giorni festivi come la domenica non possono essere conteggiati, ai fini disciplinari, come assenza ingiustificata qualora il lavoratore non fosse comunque tenuto a rendere la prestazione lavorativa in quel giorno. Il ritardo nel richiedere il secondo certificato può costituire un inadempimento ma non una vera e propria assenza sanzionabile, se cade su una giornata non lavorativa. Questa interpretazione garantisce un bilanciamento tra esigenze organizzative e tutela del lavoratore.
Dal 2025 la gestione delle assenze per malattia si avvale del sistema di certificazione digitale, che velocizza l’invio dei certificati sia per il settore pubblico sia per quello privato. Il certificato medico di malattia viene trasmesso al sistema INPS dal medico e reso disponibile in tempo reale anche per il datore di lavoro.
Con l’implementazione delle nuove funzionalità dell’App IO e della piattaforma MyINPS, i lavoratori sono notificati in tempo reale riguardo all’emissione di nuovi certificati o all’esito delle eventuali visite fiscali di controllo. Questi strumenti digitali, sempre più centrali dopo l’attuazione del PNRR, aumentano la trasparenza, la tracciabilità e riducono sia il rischio di errori nei dati anagrafici sia i tempi di trasmissione della documentazione.
La normativa vigente stabilisce precise fasce orarie di reperibilità (10:00-12:00 e 17:00-19:00) durante la malattia per consentire eventuali visite fiscali mediche disposte dall’INPS, sia per lavoratori pubblici che privati. L’obbligo di essere reperibili vale anche nei giorni festivi, a meno che il lavoratore non rientri in una delle categorie esonerate (quali patologie gravi, invalidità superiore al 67%, o malattia riconosciuta causa di servizio).
Il mancato rispetto delle fasce di reperibilità può comportare sanzioni amministrative e la sospensione dell’indennità di malattia, salvo giustificato motivo comprovato. È prioritario mantenere aggiornati i dati di domicilio, comunicando tempestivamente eventuali variazioni all’INPS e al datore di lavoro.
Una richiesta non tempestiva del prolungamento del certificato o la mancata validazione di giorni di assenza può determinare un’assenza ingiustificata ai sensi dell’articolo 1375 c.c., con possibili provvedimenti che vanno dal richiamo scritto alla sospensione o, nei casi più gravi e reiterati, al licenziamento disciplinare. La recente giurisprudenza e le circolari INPS ribadiscono che la corretta gestione delle assenze è essenziale per tutelare sia i diritti del lavoratore sia quelli del datore di lavoro.
Dal punto di vista previdenziale, il lavoratore che perde il posto per assenza ingiustificata può vedersi revocato il diritto a prestazioni come la NASPI, tranne nei casi in cui venga dimostrata la legittimità della causa dell’assenza. È raccomandabile, in caso di difficoltà, rivolgersi a organizzazioni sindacali o consulenti del lavoro per gestire correttamente comunicazioni e documentazione necessaria.
Nei casi di patologie croniche o trattamenti terapeutici ciclici (ad esempio chemioterapia o dialisi), è possibile richiedere che le assenze correlate siano considerate come un evento unico ai fini dell’indennità previdenziale, purché il certificato preveda la specifica trattazione e i giorni siano comunicati prima dell’avvio delle terapie. Questa modalità evita interruzioni nella copertura e tutela il lavoratore contro il rischio di contestazioni amministrative.