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Come funziona il risarcimento in casi di demansionamento e di quanto puņ essere l'importo riconosciuto

Quali sono i casi in cui il demansionamento č lecito e quando puņ essere riconosciuto un risarcimento: cosa prevede la normativa in vigore

Autore: Marianna Quatraro
pubblicato il
Come funziona il risarcimento in casi di

Il termine demansionamento nel diritto del lavoro in Italia indica la condotta del datore che assegna il dipendente, non occasionalmente, mansioni inferiori rispetto a quanto previsto dal proprio inquadramento, dalla qualifica formale o dalle ultime mansioni effettivamente svolte.

Si tratta di una pratica vietata dalla normativa vigente e solo determinate situazioni, come la riorganizzazione aziendale o esplicite previsioni contrattuali collettive, consentono un'assegnazione a livelli inferiori mantenendo la retribuzione pregressa.

Quando si configura il demansionamento: requisiti, limiti e ipotesi ammesse

Affinché si possa parlare di demansionamento, è necessario che il dipendente sia distolto, in modo non temporaneo, dalle mansioni corrispondenti al proprio livello di inquadramento o alle ultime svolte con professionalità.

Il principio generale è che il lavoratore deve essere mantenuto nelle mansioni proprie o equivalenti (ossia tali da conservare e valorizzare la professionalità sviluppata), ma ci sono eccezioni al divieto, come:

  • Riorganizzazione aziendale: l'asserimento a mansioni inferiori è possibile solo in caso di modifica degli assetti organizzativi che renda impossibile la precedente collocazione, limitatamente al livello immediatamente inferiore e mantenendo la categoria legale.
  • Contratto collettivo: eventuali deroghe aggiuntive possono essere disposte dai contratti collettivi nazionali (CCNL), specialmente se finalizzate a evitare il licenziamento nei periodi di crisi aziendale.
  • Accordo individuale protetto: il lavoratore può accettare volontariamente il cambiamento, anche con riduzione della retribuzione e della categoria, ma solo mediante un accordo stipulato in sedi protette (per esempio davanti a rappresentanze sindacali o agli Uffici territoriali del lavoro) e nell'interesse del lavoratore stesso.

Conseguenze per il datore di lavoro e diritti del lavoratore in caso di demansionamento illegittimo

L'illegittimo demansionamento non coinvolge solo la sfera patrimoniale del dipendente: impatta anche sulla sua dignità professionale, sulle prospettive di carriera e sul benessere personale.

Stando a quanto previsto dalla normativa vigente, in presenza di demansionamento non autorizzato il lavoratore abbia diritto a:

  • Reintegra nelle mansioni originarie: ovvero il ripristino delle attività proprie del livello di inquadramento o almeno equivalenti.
  • Risarcimento dei danni patiti: potranno essere sia patrimoniali che non patrimoniali, sempre che ne sia fornita adeguata prova.
  • Risoluzione del rapporto e indennità: nei casi più gravi, il demansionamento può legittimare le dimissioni per giusta causa con diritto all'indennità sostitutiva e all'accesso agli ammortizzatori sociali.

Il risarcimento del danno da demansionamento: condizioni per ottenerlo

Il risarcimento economico a seguito di demansionamento non è automatico. Deve essere richiesto e alle seguenti condizioni:

  • Allegazione specifica dei pregiudizi subiti: il lavoratore deve indicare in modo concreto la tipologia di danno (ad esempio: perdita di professionalità, danno biologico, danno morale, economico o perdita di chance).
  • Prova del danno: è richiesta la dimostrazione non solo dell'esistenza di un pregiudizio ma anche dell'effettiva incidenza sulla sfera personale e/o patrimoniale, oltre al nesso causale tra l'evento illecito e gli effetti dannosi lamentati.
  • Possibilità di utilizzare presunzioni: per danni di natura non patrimoniale, la prova può fondarsi su presunzioni gravi, precise e concordanti, purché il giudice spieghi puntualmente il collegamento concreto tra fatti e danno.

In assenza di tali elementi, la domanda risarcitoria non può essere accolta, anche se il demansionamento viene dimostrato.

Tipologie di danno risarcibile e onere della prova a carico del lavoratore

Le principali tipologie di danno che possono essere risarcite comprendono:

  • Danno alla professionalità: visibile nell'obsolescenza delle competenze, nell'impoverimento delle conoscenze tecniche e nello svuotamento delle mansioni di responsabilità.
  • Perdita di chance: rappresenta il mancato accesso a concrete opportunità di avanzamento, selezioni interne/esterne o crescita retributiva, da provare con ragionevole certezza.
  • Danno biologico: lede l'integrità psico-fisica, diagnosticabile tramite perizia medico-legale per patologie o disturbi direttamente collegati all'ambiente lavorativo o al demansionamento.
  • Danno morale: ricomprende sofferenza, turbamento e patema d'animo, ed è valutato in relazione al disvalore soggettivo patito.
  • Danno esistenziale: collegato al peggioramento della qualità della vita sociale e familiare, con impatti sulle abitudini e sulle relazioni esterne.
  • Lesione di diritti costituzionali: come la violazione della dignità professionale, il danno all'immagine e alla reputazione.

Calcolo dell’importo del risarcimento: criteri, tabellari e liquidazione equitativa

Per il calcolo del risarcimento del danno al lavoratore, il giudice generalmente ricorre a parametri consolidati:

Criterio Descrizione
Tabellare Utilizzo delle tabelle del Tribunale di Milano, ormai riferimento consolidato in ambito nazionale, con personalizzazione fino al 20% ove sussistano elementi specifici che aggravino l'impatto del danno.
Equità Quando la quantificazione precisa è impossibile, il giudice determina un importo "equo", tenendo conto della gravita', durata, ruolo e delle condizioni soggettive concrete.
Compensazione All'ammontare così determinato va detratto quanto eventualmente percepito dal lavoratore a titolo assicurativo (INAIL, equo indennizzo, pensione privilegiata), onde evitare il cumulo tra prestazioni risarcitorie.

Tutele aggiuntive oltre il risarcimento: reintegra e risoluzione del rapporto

L'erogazione di un risarcimento non sempre risolve il danno subito dal lavoratore. Se, infatti, la posizione lavorativa del dipendente risulta ancora pregiudicata, il lavoratore può chiedere il reintegro nelle mansioni originarie o equivalenti tramite un'azione di adempimento contrattuale.

Se il pregiudizio è tale da rendere insostenibile la prosecuzione del rapporto, risulta praticabile la richiesta di dimissioni per giusta causa e di conseguente accesso ai benefici previdenziali.

  • Reintegrazione nelle mansioni: ripristino della situazione professionale e retributiva corretta;
  • Dimissioni per giusta causa: chiusura del rapporto senza obbligo di preavviso e diritto all'indennità sostitutiva;
  • Risoluzione contrattuale giudiziale: nei casi più gravi, è possibile ottenere la risoluzione del contratto per grave inadempimento datoriale insieme al risarcimento.

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