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Danneggiamento di beni altrui: quando denunciare e quando basta il risarcimento

Guida completa su quando denunciare il danneggiamento di beni altrui o richiedere solo il risarcimento. Reato, risarcimento e sanzioni in sintesi.

Autore: Marianna Quatraro
pubblicato il
Danneggiamento di beni altrui: quando de

Il danneggiamento di beni altrui si situa fra illecito civile e reato penale: quali sono i confini giuridici, le differenti responsabilità, le procedure di denuncia, le ipotesi di risarcimento e le possibili sanzioni.

Il danneggiamento di beni di terzi rappresenta una delle situazioni più comuni e delicate nell'ambito della tutela patrimoniale. Spesso sorge il dubbio se una condotta che causa la rottura o il deterioramento di un oggetto altrui debba essere denunciata alle autorità penali oppure sia sufficiente attivare la richiesta di risarcimento danni in sede civile. Il limite tra reato e illecito civile in materia di lesione patrimoniale non è sempre immediato e richiede un'attenta analisi della normativa nazionale e delle condizioni concrete di ciascun caso. Chiarire quando si configura un reato e quando, invece, si parla unicamente di responsabilità civilistica consente ai cittadini di tutelare correttamente i propri diritti ed evitare azioni inutili o controproducenti.

Cosa si intende per danneggiamento e quando è reato

Ai sensi dell'art. 635 del Codice Penale, il danneggiamento di beni altrui integra un illecito penale solo qualora la condotta sia caratterizzata da determinati elementi. Si parla di reato quando il responsabile distrugge, disperde, deteriora o rende inservibile, in tutto o in parte, una cosa mobile o immobile appartenente ad altri, con dolo, ovvero la volontà di arrecare pregiudizio. L'attuale assetto normativo, soprattutto a seguito della depenalizzazione del 2016, punisce penalmente solo le condotte più gravi, quali:

  • azioni aggravate da violenza contro la persona o da minaccia

  • fatti commessi in occasione di interruzione di pubblico servizio

  • atti su determinate tipologie di beni: edifici pubblici o di culto, mezzi esposti alla pubblica fede, opere destinate all'utilità pubblica, beni sottoposti a sequestro o pignoramento

  • condotte perpetrate durante manifestazioni in luoghi pubblici o aperti al pubblico

  • danneggiamenti all'interno di strutture sanitarie o socio-sanitarie con specifiche aggravanti

L'elemento soggettivo richiesto dalla legge è il dolo generico, consistente nella consapevole volontà di ledere il bene, non risultando quindi punibili i danni colposi o frutto di semplice negligenza. La giurisprudenza considera penalmente rilevante anche un danno di entità contenuta, purché incida in modo apprezzabile su integrità, funzionalità o utilizzo del bene. Rimangono escluse le alterazioni estetiche superficiali, che non influiscono in maniera significativa sul valore o sulle utilità del bene. Esistono inoltre specifiche ipotesi di danneggiamento di sistemi informatici, animali e dati, con disciplina particolare. In sintesi, il reato penale si configura solo in presenza di caratteristiche ben precise che innalzano la gravità della lesione patrimoniale.

Quando il danneggiamento non costituisce reato penale e resta un illecito civile

Numerosi casi di danneggiamento non possiedono i requisiti per costituire illecito penale e ricadono, invece, nell'ambito della responsabilità civile. Una condotta si configura come illecito civile, disciplinato dall'art. 2043 del Codice Civile, quando:

  • il fatto è stato causato senza dolo, ma per colpa, negligenza, imprudenza o imperizia

  • manca la violenza o la minaccia sulla persona

  • l'oggetto non è esposto alla fede pubblica

  • il danno è di modestissima entità e non altera la funzionalità, la sicurezza o il valore del bene

  • il fatto è giustificato dall'esercizio di un diritto, da adempimento di un dovere o da stato di necessità

Non ogni rottura accidentale di un bene può infatti essere denunciata penalmente. Ad esempio, il danneggiamento accidentale durante una manovra d'auto, la rottura di un oggetto per sbadataggine, o un danno causato nell'ambito di rapporti familiari stretti (ad esempio tra coniugi non separati, conviventi o fratelli conviventi) non rappresentano reato, come indicato anche dall'art. 649 c.p. Resta però sempre salvo il diritto della vittima di ottenere il risarcimento dei danni patiti in via civile entro i limiti e nei tempi previsti dalla legge.

Procedibilità: quando e come si può denunciare il danneggiamento

La denuncia penale per danneggiamento può essere presentata solamente quando la condotta integra una fattispecie di reato secondo la normativa vigente. La procedibilità varia in base alla gravità e alle circostanze:

  • Querela di parte: nella maggior parte dei casi, la procedibilità è subordinata alla presentazione di querela da parte della persona offesa, entro il termine di tre mesi dal fatto.

  • Procedibilità d'ufficio: si attiva solo in specifiche ipotesi, tra cui danneggiamento in occasione di interruzione di pubblico servizio, fatti aggravati da violenza o minaccia, soggetti incapaci per età o infermità, e nei casi di particolare rilevanza sociale come danneggiamento a beni pubblici.

  • Limiti soggettivi: alcuni rapporti personali escludono la procedibilità penale anche in presenza di dolo, tutelando i vincoli familiari più stretti (art. 649 c.p.).

Chi intende avviare l'azione penale presenta querela alle Forze dell'Ordine (Polizia o Carabinieri) o alla Procura della Repubblica. È facoltà della vittima costituirsi parte civile nel processo penale per ottenere il risarcimento contestualmente. Se il termine decorre, la possibilità di denuncia decade. Laddove non vi siano i presupposti per la sussistenza del reato, resta sempre la possibilità di azione in sede civile.

Indipendentemente dalla configurazione penale o meno, la lesione patrimoniale di un terzo impone a chi ha danneggiato un bene altrui l'obbligo di risarcire il danno arrecato. In ambito civile, ai sensi dell'art. 2043 c.c., il responsabile - sia che abbia agito con dolo sia con colpa - deve ristorare la vittima dei danni patrimoniali subiti. Ed è bene sapere che:

  • Il risarcimento comprende il costo della riparazione o, se non realizzabile, della sostituzione del bene.

  • L'ammontare massimo è pari al valore attuale del bene al momento del danno, senza possibilità di arricchimento per la parte lesa.

  • La richiesta di danni può essere inoltrata entro cinque anni dal fatto, salvo interruzione della prescrizione, ad esempio tramite una diffida scritta.

  • In caso di stato di necessità, la vittima ha solo diritto ad un'indennità equa, valutata dal giudice.

Nel contesto di un processo penale, il giudice può subordinare la sospensione condizionale della pena all'eliminazione delle conseguenze dannose, oppure prescrivere prestazioni socialmente utili a beneficio della collettività, in modo proporzionato all'entità del danno e alle condizioni personali del responsabile.

Danneggiamento lieve, stato di necessità e casi esclusi: esempi pratici

La legge distingue nettamente il danno penalmente rilevante da quello che configura solo un illecito civile. Ad esempio, piccoli graffi sulla carrozzeria di un'auto o la rottura involontaria di un oggetto durante lavori domestici rappresentano casi tipici in cui manca il requisito del dolo o la gravità sufficiente per inquadrare la fattispecie come reato.

Se l'azione è stata compiuta per cause di forza maggiore, come ad esempio rompere un vetro per sfuggire a un pericolo imminente, viene applicata la scriminante dello stato di necessità (art. 2045 c.c.). In questi casi, la persona danneggiata può pretendere solo un'indennità, determinata equamente dal giudice, e non il risarcimento integrale. Non costituisce reato penale il danneggiamento casuale o quello compiuto all'interno di rapporti fortemente caratterizzati da legami affettivi e convivenza.

Esempi dalla giurisprudenza includono il caso del vicino che rompe accidentalmente il cancello condominiale oppure il genitore che danneggia un bene del figlio convivente.

Imbrattamento, deturpamento e confini con il danneggiamento: le differenze giuridiche

L'ordinamento distingue nettamente tra la condotta di danneggiamento, disciplinata dall'art. 635 c.p., e le ipotesi di imbrattamento o deturpamento (art. 639 c.p.). Quest'ultime riguardano principalmente modificazioni temporanee e superficiali dell'estetica del bene — scritte sui muri, spargimento di rifiuti, atti di sporco — che non comportano una compromissione strutturale del valore o della funzionalità del bene.

La giurisprudenza chiarisce che anche atti apparentemente di minore impatto, come scrivere con vernice lavabile sui muri o sputare ripetutamente su superfici di esercizi commerciali, possono costituire reato di imbrattamento, con sanzione differente rispetto al danneggiamento.

Sanzioni penali, amministrative e civili: conseguenze del danneggiamento

Le sanzioni derivanti da una condotta lesiva di un bene altrui variano sostanzialmente in relazione alla gravità dell'atto e alla qualificazione giuridica della fattispecie:

  • Sanzioni penali: reclusione da 6 mesi a 3 anni per i casi di danneggiamento aggravato, fino a un massimo di 5 anni e multe elevate nei casi più gravi (art. 635 c.p.); per l'imbrattamento, le pene sono sensibilmente inferiori, con multe fino a 1.000 euro o reclusione da 1 a 6 mesi nei casi previsti.

  • Sanzioni amministrative: in assenza di rilevanza penale, chi realizza danneggiamenti dolosi può essere soggetto a sanzioni pecuniarie amministrative da 100 a 8.000 euro, secondo i criteri di gravità e alle condizioni personali e patrimoniali (art. 4, D.lgs. 7/2016).

  • Risarcimento civile: chi subisce un danno può ottenere il ristoro del valore commerciale del bene danneggiato; eventuali clausole assicurative possono modulare, in concreto, la portata dell'obbligazione risarcitoria.

Alcune fattispecie aggravate portano al divieto di sospensione condizionale della pena qualora il reo non elimini le conseguenze dannose. In ipotesi meno gravi, il giudice può prescrivere l'obbligo di riparazione o la prestazione di attività non retribuita a favore della collettività, come condizione accessoria all'estinzione del procedimento.