La determinazione dell’importo della pensione per chi esercita la libera professione attraverso partita IVA è influenzata da variabili quali la Cassa previdenziale di appartenenza, il tipo di sistema di calcolo applicato, l’entità dei contributi versati e le peculiarità delle differenti categorie professionali.
L’ammontare della pensione per un professionista con partita IVA dipende essenzialmente dai contributi previdenziali versati, dalla categoria (ad esempio, avvocati, commercialisti, consulenti del lavoro, medici, architetti, ingegneri, farmacisti, giornalisti, chimici, biologi, notai, geologi) e dalla Cassa previdenziale di iscrizione. Sulla base dei dati più recenti, il valore medio delle pensioni per i titolari di partita IVA nel 2025 si aggira intorno ai 13.000 euro annui, che corrispondono a circa 1.100 euro al mese per 13 mensilità. Il contributo medio annuo versato risulta pari a 6.936 euro, con un incremento del 2,92% rispetto al precedente anno, mentre la pensione media ha segnato un aumento dello 0,78%. Tali valori, tuttavia, vanno letti alla luce delle differenze tra le diverse Casse e dei sistemi di calcolo (retributivo, contributivo e misto) che possono incidere in modo notevole sull’importo delle prestazioni erogate.
Secondo la normativa attuale, per conseguire la pensione di vecchiaia, il lavoratore autonomo o libero professionista deve:
Sono previste anche diverse forme di pensionamento anticipato, come la Quota 103, l’Ape Sociale e l’Opzione Donna, ognuna soggetta a requisiti specifici di età e contribuzione.
Il calcolo della pensione si basa su sistemi distinti, legati all’anzianità e al tipo di lavoro svolto:
Simulazione esempio: Ipotizzando un professionista che abbia iniziato l’attività al 25° anno di età e abbia lavorato per 42 anni con un reddito lordo annuo di 29.000 euro, il totale dei contributi versati sarà di circa 305.000 euro (applicando l’aliquota tipica del 24%). La pensione lorda annua stimata sarebbe attorno ai 17.000 euro, pari a circa 1.308 euro lordi al mese (su 13 mensilità), pari a circa il 42% rispetto all’ultimo reddito percepito, chiaramente influenzata da eventuali variazioni di reddito e periodi di attività/disoccupazione.
I liberi professionisti iscritti a un Albo (ad esempio, medici, commercialisti, avvocati) versano i contributi nella Cassa previdenziale di categoria, ciascuna con proprie regole su contributi minimi, aliquote e prestazioni accessorie. I lavoratori "senza cassa" (freelance, consulenti digitali, designer, ecc.), invece, sono iscritti alla Gestione Separata INPS:
Per artigiani e commercianti, invece, nel 2025 l’aliquota si attesta attorno al 24% (24,48% per commercianti), con contributi minimi annui obbligatori (circa 4.460 euro per gli artigiani e 4.550 euro per i commercianti) calcolati sul minimale di reddito di 18.555 euro.
Il trattamento fiscale dei contributi previdenziali varia secondo la professione e il quadro normativo. Ad esempio, per i notai, i contributi previdenziali sono qualificati come costi inerenti all’attività professionale (riportati nel quadro RE del Modello Redditi). Per le altre categorie, i contributi restano deducibili come onere personale, da riportare nel quadro RP. Tale distinzione impatta anche sull’applicazione degli Indici Sintetici di Affidabilità Fiscale (ISA).
I professionisti che hanno optato per il regime forfettario possono accedere, su richiesta, a una riduzione del 35% dei contributi INPS. Se da un lato questa agevolazione fiscale consente maggiore liquidità nel breve periodo, dall’altro determina un minore montante contributivo complessivo, con potenziale riduzione dell’assegno pensionistico futuro o con tempi più lunghi per l’accesso alle prestazioni. È quindi importante valutare attentamente la scelta di permanenza nel regime forfettario per lunghi periodi.
La limitata tutela del sistema pubblico impone ai professionisti di considerare strumenti supplementari di previdenza. L’adesione a forme di previdenza integrativa, come fondi pensione aperti o polizze assicurative, permette di accrescere il capitale destinato alla vita post-lavorativa, garantendo maggiore autonomia finanziaria e compensando eventuali gap rispetto alla pensione obbligatoria.
Chi ha svolto attività in settori o casse diverse può richiedere la ricongiunzione o la totalizzazione dei contributi presso l’INPS per ottenere un calcolo unificato della pensione. È fondamentale monitorare il proprio estratto conto contributivo periodicamente per accertare eventuali ammanchi o periodi non accreditati, riducendo così il rischio concreto di "perdere" quote di pensione maturate in diversi periodi lavorativi.
Oltre alla pensione di vecchiaia, i sistemi previdenziali prevedono anche prestazioni assistenziali in caso di invalidità, inabilità o premorienza. I requisiti, l’ammontare e la decorrenza variano a seconda della gestione di riferimento e della gravità della condizione. Ad esempio, la pensione di invalidità INPS viene attribuita per una riduzione della capacità lavorativa tra il 66% e il 99%, mentre la pensione di inabilità richiede la totale impossibilità a proseguire qualsiasi attività professionale.