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Guida alla maternità sul lavoro: chi ne ha diritto, come funziona, regole, durata, importi pagati e limiti

Dall'accesso al congedo alla gestione delle regole e degli importi, una panoramica completa su diritti, doveri, tutela della salute nelle diverse tipologie di maternità e le novità normative per lavoratrici e aziende

Autore: Marcello Tansini
pubblicato il
Guida alla maternità sul lavoro: chi ne

La regolamentazione italiana in ambito lavorativo prevede una serie di strumenti normativi per garantire alle lavoratrici uno specifico livello di tutela durante la gravidanza e dopo il parto. Il riferimento principale è rappresentato dal Decreto Legislativo 26 marzo 2001, n. 151, noto come Testo Unico sulla maternità e paternità, a cui si affiancano ulteriori normative, tra cui la Costituzione Italiana (art. 37) e il Codice Civile (art. 2110).

Queste disposizioni si pongono l’obiettivo di evitare discriminazioni, garantire il benessere della madre e del minore, e determinare criteri certi e trasparenti in merito ai periodi di assenza, stipendio, flessibilità e protezione sul luogo di lavoro. In particolare, la legge tutela l’intero periodo gestazionale e il puerperio, ma prevede anche diritti specifici per il padre lavoratore e per chi si trova in situazioni particolari, come l’adozione e l’affidamento.

Il quadro normativo si arricchisce, inoltre, di aggiornamenti periodici che adeguano gli strumenti di tutela alle nuove esigenze sociali, promuovendo una conciliazione tra sfera privata e responsibilità occupazionali, e rafforzando strumenti come il congedo parentale.

Cos’è il congedo di maternità e la tutela della genitorialità

Il congedo di maternità viene definito come il periodo di astensione obbligatoria dal lavoro riconosciuto a favore delle lavoratrici in gravidanza e dopo il parto, finalizzato a tutelare sia la salute della madre sia quella del neonato. Tale diritto si innesta in una cornice normativa che mira a offrire una protezione adeguata nei confronti delle condizioni fisiche e psicologiche derivanti dallo stato di gravidanza, evitando che l’esperienza parentale possa costituire motivo di discriminazione lavorativa.

  • Nei primi mesi di vita del bambino, la madre beneficia di una sospensione dell’attività lavorativa, durante la quale è garantita la retribuzione in misura percentuale (solitamente l’80% della retribuzione media), nonché la continuità del rapporto di lavoro e la conservazione dei diritti contributivi.
  • Questa disciplina coinvolge anche la figura del padre attraverso specifiche forme di tutela, con la possibilità di usufruire di congedi di paternità e parentali alternativi in presenza di eventi eccezionali come morte, grave patologia, abbandono o affidamento esclusivo del minore al genitore non madre.

I principi alla base della tutela della genitorialità discendono dalla necessità di promuovere pari opportunità tra i generi e una concreta conciliazione tra vita familiare e lavoro. La normativa si esprime, dunque, nella previsione sia di strumenti obbligatori sia facoltativi di astensione dal lavoro:

  • il congedo obbligatorio, applicabile in condizioni ordinarie, è integrato da periodi di congedo parentale utilizzabili da entrambi i genitori
  • sono previsti permessi retribuiti per controlli clinici e periodi aggiuntivi di astensione in caso di gravi problematiche di salute o adozione
  • vengono garantiti specifici diritti anche in relazione alla contrattazione collettiva di categoria, che può migliorare le condizioni minime previste dalla legge

L’obiettivo è assicurare che il percorso che accompagna la nascita di un figlio e la gestione delle prime fasi della vita familiare possa avvenire senza ripercussioni negative sulla posizione lavorativa o sul sostentamento economico.

A chi spetta il congedo di maternità: categorie di lavoratrici e requisiti

L’accesso al congedo di maternità è disciplinato per diverse categorie di lavoratrici e tiene conto della tipologia di rapporto lavorativo e della situazione contributiva. I criteri di ammissibilità sono specifici e variano a seconda della posizione previdenziale e della natura dell’attività professionale svolta.

  • Lavoratrici dipendenti (pubbliche e private): L’astensione obbligatoria dal lavoro è prevista sia per chi ha un contratto a tempo indeterminato sia per chi lavora con contratto a termine, inclusi apprendisti, impiegate, operaie e dirigenti. Il rapporto di lavoro deve essere attivo all’inizio del periodo di maternità. Risultano incluse anche le lavoratrici che hanno cessato l’attività da meno di 60 giorni e percepiscono strumenti di sostegno al reddito (come NASpI o cassa integrazione).
  • Lavoratrici disoccupate o sospese: Se lo status di disoccupazione o sospensione ricorre entro limiti temporali prestabiliti dall’ultima attività (fino a 180 giorni se senza indennità ed entro 60 giorni se con indennità), si mantiene il diritto al congedo di maternità, a condizione che siano stati versati 26 contributi settimanali negli ultimi due anni.
  • Lavoratrici agricole: Il diritto si estende alle lavoratrici iscritte negli elenchi agricoli sia a tempo determinato sia indeterminato, se in possesso di almeno 51 giornate di lavoro agricolo nell’anno di inizio del congedo.
  • Lavoratrici domestiche e familiari (colf e badanti): Necessario il versamento di contributi per almeno 26 settimane nell’anno precedente o 52 settimane nei due anni precedenti l’evento.
  • Lavoratrici a domicilio, addette ad attività socialmente utili, di pubblica utilità o assicurate ex IPSEMA: Queste lavoratrici rientrano nei casi previsti dalla regolamentazione previdenziale, seguendo criteri di specificità a seconda dei contratti applicati.
  • Autonome e iscritte alla Gestione Separata: Nonostante non vi sia un obbligo di astensione dal lavoro, anche per queste categorie è previsto il riconoscimento dell’indennità di maternità, subordinato alla regolarità contributiva ed alla non titolarità di pensione.
  • Libere professioniste iscritte a casse autonome: La copertura della maternità è assicurata qualora siano rispettate le condizioni contributive richieste dal relativo ente previdenziale di categoria.

Ai padri lavoratori dipendenti spettano le stesse tutele solo in condizioni specifiche quali morte, grave patologia o abbandono da parte della madre, oltre ai casi di affidamento esclusivo del minore.

Categoria lavorativa Requisito contributivo o di servizio
Dipendenti (pubblico/privato) Rapporto attivo oppure in ammortizzatore entro termini di legge
Agricole 51 giornate lavorative nell’anno
Colf/badanti 26 settimane l’anno precedente o 52 nei due precedenti
Disoccupate Entro 60 o 180 gg e 26 contributi biennali
Autonome/parasubordinate Regolarità contributiva INPS
Libere professioniste Regolarità contributiva presso cassa di categoria

Durata della maternità obbligatoria: modalità, flessibilità e casi particolari

Il periodo di astensione obbligatoria dal lavoro per maternità in Italia prevede, in via generale, una durata complessiva di cinque mesi che si articolano tra la gravidanza e il puerperio. Le modalità di fruizione offrono diverse soluzioni, consentendo alle lavoratrici di scegliere la distribuzione più consona alle proprie esigenze, sempre nel rispetto dei parametri di tutela della salute.

  • Modalità tradizionale: 2 mesi di astensione precedenti la data presunta del parto e 3 mesi successivi.
  • Modalità flessibile: possibilità di rinviare il periodo pre-parto a un solo mese (previa idonea certificazione medica sullo stato di salute), prolungando così a 4 i mesi dopo il parto.
  • Astensione totale dopo il parto: in alcune circostanze, la lavoratrice può lavorare fino a pochi giorni prima della nascita ed usufruire interamente dei 5 mesi dopo il parto, purché la scelta venga validata da personale medico autorizzato.

Non esistono differenze di durata in caso di parto gemellare: la sospensione dal lavoro è sempre di cinque mesi. Se il parto interviene prima della data prevista, i giorni di congedo non fruiti anticipatamente vengono aggiunti alla parte post-parto. In casi eccezionali, come ad esempio un’attività lavorativa giudicata incompatibile con il periodo successivo alla nascita, il periodo di congedo può essere prorogato da parte degli organi competenti.

Alle lavoratrici adottive o affidatarie sono riconosciuti i medesimi diritti in quanto il periodo si attiva all’ingresso del minore in famiglia. In caso di interruzione di gravidanza avvenuta dopo 180 giorni, la normativa consente di beneficiare comunque dell’intero periodo di congedo, lasciando però facoltà di riprendere il lavoro anticipatamente se vi è una richiesta espressa in tal senso e compatibilità clinica.

La normativa vigente considera prioritario il principio della salvaguardia della salute della madre e del figlio per ogni modalità applicativa e per tutti i casi particolari.

Regole e tutele durante il periodo di gravidanza e maternità sul lavoro

Durante la gravidanza e la fase di maternità, la legislazione italiana pone precisi vincoli e garanzie a tutela della lavoratrice. Esiste un divieto assoluto di licenziamento dalla comunicazione dello stato di gravidanza fino al compimento di un anno di vita del bambino (salvo eccezioni specifiche come la cessazione dell’attività aziendale). È prevista la conservazione del posto di lavoro, incluse la mansione e l’anzianità maturata.

  • La lavoratrice non può essere adibita a mansioni faticose, pericolose o insalubri, né al trasporto e sollevamento di pesi.
  • In caso di incompatibilità delle attuali mansioni, il datore di lavoro deve assegnare temporaneamente incarichi diversi conservando la qualifica e la retribuzione.
  • È vietato il lavoro notturno (fascia 24-6) per l’intero periodo della gravidanza e fino al compimento del primo anno di vita del bambino.
  • Sono garantiti permessi retribuiti per esami prenatali e visite specialistiche se da svolgersi durante l’orario lavorativo, previa presentazione della documentazione idonea al datore di lavoro.

Le disposizioni normative impongono la massima attenzione alla salute della lavoratrice e alla continuità della tutela economica, includendo il diritto al mantenimento delle ferie e dei ratei di mensilità aggiuntiva maturati durante il periodo di assenza.

Indennità economica e calcolo degli importi della maternità

L’indennità economica spettante durante il periodo di maternità rappresenta una delle principali forme di tutela per consentire alle lavoratrici di mantenere un livello di reddito adeguato nei mesi di astensione dal lavoro. L’ammontare del trattamento dipende dalla categoria lavorativa e dalle condizioni specifiche del rapporto di lavoro. Per le dipendenti, in generale, l’indennità prevista è pari all’80% della retribuzione media giornaliera percepita nei mesi immediatamente precedenti all’inizio della sospensione, calcolata secondo criteri definiti dal Testo Unico.

Categoria Calcolo della retribuzione
Impiegate Media mensile del mese precedente + rateo mensilità aggiuntive, diviso 30
Operai retribuiti a ore Retribuzione del mese precedente divisa per giorni lavorati, rateo mensilità aggiuntive diviso 25
Operai a retribuzione fissa mensile Retribuzione mese precedente divisa per 26, rateo mensilità aggiuntive diviso 25

La corresponsione dell’indennità avviene di norma tramite il datore di lavoro, che anticipa la somma nella busta paga e procede al conguaglio con l’ente previdenziale. In alcune situazioni tipiche (lavoratrici stagionali, agricole, dello spettacolo saltuarie, domestiche, disoccupate o sospese), il pagamento avviene direttamente dall’INPS tramite bonifico o accredito bancario.

  • Le autonome e le iscritte alla Gestione Separata percepiscono una somma calcolata sull’80% del reddito medio annuale o su una quota giornaliera proporzionata al reddito dichiarato l’anno precedente.
  • I contratti collettivi possono prevedere il 100% della retribuzione in determinate condizioni, integrando la cifra garantita dalla legge.
  • L’indennità è generalmente esente da contribuzione e imposte, fatto salvo il diritto alle mensilità aggiuntive e alle ferie maturate durante la sospensione.
  • Eventuali detrazioni fiscali spettanti sono attribuite sull’imponibile dell’indennità corrisposta.

Categorie prive dei requisiti per l’indennità centrale possono accedere ad assegni di maternità corrisposti dal Comune o dallo Stato, a seconda della casistica individuale e dei requisiti reddituali e contributivi.

Congedo parentale (ex maternità facoltativa): funzionamento, durata e novità 2025

Il congedo parentale, precedentemente denominato maternità facoltativa, rappresenta una misura di sostegno per i genitori lavoratori volta a facilitare la cura del figlio nei primi anni di vita e a promuovere l’equilibrio tra impegni familiari e professionali. Può essere fruito sia dalla madre sia dal padre, anche in modo frazionato e alternato, ed è riconosciuto entro il compimento dei 12 anni del minore.

  • Il limite massimo complessivo è fissato in 10 mesi, elevabili a 11 nel caso in cui il padre utilizzi almeno tre mesi consecutivi di congedo.
  • Ciascun genitore ha diritto, in via individuale, a un massimo di 6 mesi; il padre può raggiungere i 7.
  • Non possono essere superati i limiti complessivi di coppia, a meno che non si tratti di genitore unico.

Nel dettaglio, il numero di mesi può essere suddiviso in periodi anche non continuativi, secondo le esigenze del nucleo familiare. Nei casi di adozione o affidamento, il termine decorre dall’ingresso del minore nella famiglia.

Retribuzione e novità 2025: L’indennità prevista durante il congedo parentale è pari al 30% della retribuzione media giornaliera. Con la legge di Bilancio 2025 sono previsti importanti adeguamenti: per i genitori che terminano il congedo obbligatorio dopo il 31 dicembre 2024, sono assicurati 3 mesi totali (tra mamma e papà) indennizzabili all’80% della retribuzione, da fruire entro i primi 6 anni di vita del figlio; ulteriori mesi restano retribuiti al 30%.

  • La suddivisione dei mesi all’80% va concordata tra i due genitori: ad esempio, la madre può utilizzare due mesi all’80%, il padre uno solo, o viceversa.
  • Coloro che non soddisfano i requisiti di reddito possono percepire l’indennità del 30% anche oltre i limiti previsti.
  • I lavoratori iscritti alla Gestione Separata hanno diritto a 9 mesi indennizzati al 30%, mentre gli autonomi dispongono di 3 mesi ciascuno nel primo anno di vita del figlio.

L’accesso al congedo e la fruizione vanno richiesti all’INPS secondo procedure telematiche, con obbligo di comunicazione al datore di lavoro nel rispetto dei termini previsti dalla contrattazione collettiva.

Congedo di paternità e permessi per allattamento

Il congedo di paternità si configura come il diritto riconosciuto al padre lavoratore dipendente ad astenersi dal lavoro per un periodo determinato in occasione della nascita, adozione o affidamento di un figlio. Attualmente la fruizione copre 10 giorni lavorativi retribuiti al 100%, da utilizzare tra due mesi prima e cinque mesi dopo l’evento, anche in maniera non continuativa e in costanza di congedo della madre. Vi è poi la possibilità di un ulteriore giorno facoltativo, in sostituzione della madre qualora questa vi rinunci.

  • Nei casi di morte, grave patologia o affidamento esclusivo al padre, questi può subentrare nel periodo di astensione originariamente spettante alla madre, percependo la relativa indennità.
  • I padri lavoratori autonomi o iscritti alla Gestione Separata INPS possono ricorrere a una misura analoga, parametrata però alle loro condizioni di assicurazione e contribuzione.

I permessi per allattamento, invece, spettano principalmente alla madre lavoratrice dipendente fino al compimento del primo anno di vita del figlio: da una a due ore giornaliere retribuite sulla base dell’orario di lavoro. Tali permessi possono essere richiesti anche dal padre in specifici casi:

  • affidamento esclusivo al padre;
  • morte o grave infermità della madre;
  • rinuncia della madre o sua non appartenenza alla categoria delle lavoratrici dipendenti.

Le regole sono applicabili senza discriminazione anche ai genitori adottivi o affidatari.

Maternità e lavoro a rischio: astensione anticipata o prolungata e protezione della salute

La disciplina sull’astensione anticipata dal lavoro si applica quando la gravidanza o il lavoro stesso presentano rischi concreti per la salute della gestante o del nascituro. L’accesso all’astensione anticipata richiede una valutazione sanitaria che attesti una delle seguenti condizioni: gravidanza patologica, complicazioni ostetriche, situazioni sanitarie che impediscono l’espletamento della mansione, oppure attività lavorativa ritenuta potenzialmente dannosa.

  • Nei casi segnalati dalle competenti autorità sanitarie (ASL o Ispettorato territoriale del lavoro), la lavoratrice può essere sospesa dal lavoro già dai primi mesi e per l’intero periodo ritenuto necessario alla tutela della salute.
  • Il datore di lavoro è tenuto a disporre il temporaneo spostamento a mansioni più sicure se possibile; solo in assenza di alternative è concessa l’astensione anticipata.
  • Il prolungamento della maternità può essere previsto anche nel periodo post parto, qualora permangano condizioni che rendano pericoloso il ritorno alle canoniche mansioni o alla normale attività.
  • L’intera astensione anticipata o prolungata dà diritto all’indennità economica calcolata come per il normale congedo maternità e permette la maturazione di ferie e mensilità aggiuntive.

Tutte le misure rispondono al principio di massima protezione della salute, in conformità con gli obblighi imposti al datore di lavoro in materia di sicurezza nei luoghi di lavoro.

Come presentare la domanda di maternità e documentazione necessaria

La procedura per accedere al congedo di maternità è organizzata secondo modalità telematiche e prevede specifici adempimenti documentali. La domanda deve essere trasmessa all’INPS, preferibilmente prima dell’inizio del periodo di astensione e non oltre un anno dalla fine dello stesso. È possibile utilizzare i servizi online dell’ente previdenziale, il Contact Center oppure affidarsi a strutture di patronato.

  • Per poter effettuare la richiesta, occorre produrre il certificato telematico di gravidanza emesso da un medico del Servizio Sanitario Nazionale o convenzionato, recante la data presunta del parto.
  • Se si opta per la flessibilità (ad esempio, congedo posticipato dopo il parto), è necessario allegare il certificato di idoneità che esclude controindicazioni per la salute.
  • In caso di astensione anticipata per gravidanza a rischio, è richiesto il provvedimento della ASL o dell’Ispettorato del lavoro.
  • Le lavoratrici autonome presentano la domanda dopo il parto, integrando la certificazione di nascita.

Il datore di lavoro deve essere informato tempestivamente dell’avvio del congedo, fornendo tutta la documentazione richiesta. Entro 30 giorni dal parto è obbligatoria la comunicazione dei dati anagrafici del neonato all’INPS, completando così la pratica amministrativa per tutta la durata del beneficio.