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Guida all'assegno divorzile: chi ne ha diritto, esclusi, regole, importi, condizioni per modificarlo, durata

L’assegno divorzile č un tema complesso e articolato: diritti, esclusioni, criteri di determinazione, durata e possibili modifiche dipendono sia dalle nuove disposizioni normative sia dalle piů recenti pronunce giurisprudenziali

Autore: Marianna Quatraro
pubblicato il
Guida all'assegno divorzile: chi ne ha d

Lassegno divorzile rappresenta un istituto centrale nel diritto di famiglia, disciplinato dall'art. 5 della Legge n. 898/1970. Si tratta di un sostegno economico che mira a tutelare l’equilibrio patrimoniale fra gli ex coniugi dopo lo scioglimento del matrimonio, nei casi in cui uno dei due versi in una situazione di insufficienza di mezzi o impossibilità oggettiva di procurarseli. L’assegno è volto a garantire un’autonomia economica adeguata all'ex partner economicamente più debole, offrendo così una risposta alle conseguenze patrimoniali della fine della comunione coniugale.

Nel contesto attuale, la concessione di questa misura avviene solo a seguito di una valutazione approfondita della situazione patrimoniale di entrambe le parti, tenendo conto della durata del matrimonio, del contributo dato alla famiglia e delle ragioni che hanno portato al divorzio. Non si tratta di una tutela incondizionata: il riconoscimento scaturisce dalla concreta analisi delle condizioni economiche e delle specifiche circostanze emerse al termine della relazione coniugale. Lo scopo complessivo è quello di riconoscere il sacrificio personale o professionale svolto durante il matrimonio, evitando al contempo situazioni di ingiusto arricchimento.

Differenze tra assegno divorzile e assegno di mantenimento nella separazione

Gli strumenti previsti dall’ordinamento per tutelare il coniuge più debole si distinguono a seconda della fase della crisi coniugale considerata. Durante la separazione, la legge prevede l’assegno di mantenimento, la cui funzione consiste nel garantire al beneficiario il mantenimento del tenore di vita goduto durante il matrimonio, data la persistente sussistenza del vincolo coniugale e dei relativi obblighi patrimoniali e personali.

Al contrario, dopo il divorzio si interrompe ogni rapporto giuridico derivante dal matrimonio. L’assegno divorzile non mira più a conservare il precedente stile di vita, quanto piuttosto ad assicurare all’ex coniuge i mezzi per un’esistenza dignitosa. In questa fase, assume rilievo la situazione economica attuale delle parti e la necessaria autonomia economica del richiedente, non più il parametro storico del “tenore di vita matrimoniale”.

L’importo dell’assegno di mantenimento viene normalmente commisurato alle abitudini di spesa documentate e agli standard di vita acquisiti in costanza di matrimonio, mentre, nel caso dell’assegno divorzile, la valutazione verte sulle condizioni reddituali, patrimoniali e sulle capacità di reinserimento nel tessuto socio-economico di ciascun ex coniuge. Viene meno la funzione alimentare tipica dell’assegno di mantenimento, in favore di una funzione compensativa e, all’occorrenza, perequativa.

È importante sottolineare che l’assegno divorzile non deriva automaticamente dall’esistenza di un precedente mantenimento, ma richiede una specifica domanda e una nuova valutazione nel procedimento di divorzio.

Quando si ha diritto all’assegno divorzile: requisiti generali e casi tipici

L’attribuzione dell’assegno dopo il divorzio è subordinata a precisi requisiti, come stabilito dalla legge e dalla costante interpretazione giurisprudenziale. Il primo criterio valutato è l’ inadeguatezza dei mezzi economici dell’ex coniuge richiedente, combinata con l’impossibilità oggettiva di procurarseli in modo autonomo, dato il mercato del lavoro, l’età o lo stato di salute.

La richiesta va avanzata durante il procedimento di divorzio, allegando una compiuta rappresentazione della propria situazione reddituale e patrimoniale. Tra i casi tipici ricadono:

  • ex coniugi che hanno sacrificato opportunità lavorative o formative per la gestione familiare, rinunciando a un percorso di autonomia;
  • disparità economiche conseguenti alle scelte condivise durante la vita matrimoniale;
  • assenza di beni personali o fonti reddituali sufficienti a garantire una vita indipendente e dignitosa.

La giurisprudenza ritiene che l’assegno possa essere riconosciuto esclusivamente in assenza di condotte colpose del richiedente che abbiano determinato la crisi coniugale o un significativo peggioramento delle proprie condizioni economiche. Il beneficio non è quindi automatico, ma si fonda su una rigorosa analisi della posizione individuale e sull’effettivo contributo dato alla famiglia e alla formazione del patrimonio comune.

Le funzioni dell’assegno divorzile: assistenziale, compensativa e perequativa

Attualmente l’istituto si caratterizza per una triplice funzione, come confermato anche dalle più recenti decisioni della Corte di Cassazione.

  • Funzione assistenziale: interviene quando l’ex coniuge non dispone di mezzi sufficienti e non può procurarseli, garantendo una soglia minima di autosufficienza.
  • Funzione compensativa: riconosce e valorizza i sacrifici o le rinunce compiute in ambito lavorativo o carriere professionali per la gestione familiare, riparando al mancato accumulo di beni o redditi personali.
  • Funzione perequativa: mira a riequilibrare le disparità economiche derivanti dalle scelte fatte durante il matrimonio, attribuendo un sostegno commisurato al contributo dato dal richiedente alla formazione del patrimonio familiare e personale dell’ex partner.

Il giudice valuta concretamente quali di queste funzioni giustificano l’assegno nel singolo caso, spesso integrandole fra loro, allo scopo di offrire una tutela che non sia solo economica, ma anche riconoscimento del valore del contributo familiare, al di là delle mere possibilità reddituali.

Criteri per la determinazione dell’importo: come si calcola l’assegno divorzile

La quantificazione dell’assegno segue criteri diversi rispetto a quelli del mantenimento nella separazione. Si procede a una duplice valutazione:

  • Prima fase: verifica dell’insufficienza dei mezzi del richiedente e dell’impossibilità oggettiva di procurarseli.
  • Seconda fase: definizione dell’importo sulla base di plurimi parametri.

Tra i principali criteri figurano:

Durata del matrimonio Relazione fra la permanenza del legame e l’eventuale squilibrio economico attuale
Età e condizioni di salute Maggiore età o malattie possono ridurre la capacità lavorativa
Patrimonio di entrambi Considerazione delle proprietà mobiliari, immobiliari e delle altre rendite
Contributo dato alla vita familiare Valorizzazione sia economica sia organizzativa/familiare
Possibilità di reinserimento lavorativo Valutazione della formazione, delle esperienze e del mercato

Viene dunque adottata una valutazione personalizzata, evitando automatismi. L’importo deve consentire il mantenimento di una vita autonoma, adeguata e proporzionata al sacrificio e al contributo agli equilibri familiari maturati nel corso del matrimonio.

Durata dell’assegno divorzile: quando termina e le circostanze di cessazione

Il diritto al sostegno economico non è eterno, ma legato all’effettiva presenza dei presupposti che lo giustificano. L’assegno cessa in diverse circostanze:

  • nuovo matrimonio dell’ex coniuge beneficiario;
  • stabile convivenza con altra persona che comporti comunanza di vita e sostegno reciproco;
  • significativo miglioramento della situazione economica del beneficiario;
  • accertata capacità lavorativa e reinserimento sociale;
  • rifiuto ingiustificato di occasioni lavorative.

L’interruzione può essere totale o comportare la semplice riduzione dell’importo, ove mutino le condizioni economiche di una delle parti. La durata dunque non segue regole fisse, ma dipende dal permanere delle condizioni che avevano originato la corresponsione.

Casi in cui l’assegno divorzile non è dovuto o può decadere

Non in tutte le situazioni la misura è riconosciuta. Può essere negata o cessare nei seguenti casi:

  • tradimento o comportamenti che abbiano causato la fine del matrimonio, quando vi sia una pronuncia di addebito a carico del coniuge richiedente;
  • rifuto ingiustificato di procurarsi mezzi autonomi, attraverso il lavoro o sfruttando patrimoni disponibili;
  • iniziativa di una nuova convivenza rilevante e stabile con altro soggetto;
  • incremento reddituale o patrimoniale che consenta l’autosufficienza;
  • sopraggiunta perdita del lavoro o diminuzione delle capacità economiche del coniuge titolare dell’obbligo di pagamento.

Questi elementi possono condurre anche a una revisione dell’importo, nel rispetto del principio di equità e della corrispondenza tra condizione economica e diritto all’assegno.

Modifica, revisione e revoca dell’assegno divorzile: condizioni e procedure

L’ordinamento consente l’adattamento delle condizioni patrimoniali post-divorzio. La revisione va richiesta con apposito ricorso ed è subordinata a comprovati mutamenti di rilievo:

  • miglioramento significativo della situazione economica del beneficiario;
  • peggioramento delle condizioni del soggetto obbligato al pagamento, anche a causa di malattia o perdita reddituale;
  • avvio di una nuova convivenza stabile;
  • rifiuto del lavoro da parte del beneficiario.

La procedura si articola in una fase di confronto giudiziale, in cui le parti devono documentare il proprio stato attuale e dimostrare la rilevanza dei cambiamenti sopravvenuti. Il tribunale può disporre la modifica, sospensione o revoca dell’assegno.

L’assegno divorzile una tantum: caratteristiche, vantaggi e rischi

È prevista la facoltà di sostituire il pagamento periodico dell’assegno con una somma corrisposta in un’unica soluzione, c.d. "assegno una tantum". Questa modalità presenta alcune peculiarità:

  • Estinzione definitiva di obblighi economici fra le parti;
  • Rinuncia reciproca a future richieste di sostegno, anche in caso di mutamento delle condizioni;
  • Vantaggio in termini di autonomia patrimoniale per entrambe le parti;
  • Necessità di valutare l’adeguatezza della somma pattuita rispetto alle prospettive future del beneficiario.

Il ricorso a questa soluzione è frequente quando si ricerca una netta separazione degli interessi economici, ma può comportare rischi per chi la riceve, per l’eventualità che la cifra si riveli insufficiente nel lungo periodo. L’accordo raggiunto ha valore definitivo e può essere impugnato solo per vizi di volontà.

Assegno divorzile dopo la separazione consensuale: regole specifiche e tempistiche

Nel caso di separazione consensuale, i coniugi hanno la possibilità di definire direttamente l’assetto economico futuro, inclusa la previsione o esclusione dell’assegno divorzile. Tuttavia, l’accordo raggiunto viene valutato dal giudice, che ne verifica l’equilibrio, il rispetto delle disposizioni di legge e la salvaguardia degli interessi personali.

È richiesto che siano trascorsi almeno sei mesi dalla separazione consensuale per poter proporre la domanda di divorzio; dopodiché, nella fase successiva, è possibile richiedere l’assegno fornendo dettagliata documentazione sulle condizioni economico-patrimoniali attuali. L’assegno non viene riconosciuto automaticamente, ma occorre dimostrare la persistenza delle condizioni degli aventi diritto al beneficiario.

La disciplina fa salva la possibilità che, anche in assenza di un precedente assegno di mantenimento durante la separazione, si possano valutare nuove esigenze emerse dopo la separazione stessa. Di rilievo è la recente giurisprudenza, che colloca al centro dell’analisi la reale necessità di equilibrio economico e l’autosufficienza del richiedente.

Unione civile e assegno: applicabilità delle regole del divorzio

Le regole in tema di assegno divorzile, secondo le interpretazioni attuali della Suprema Corte, si applicano integralmente anche all’unione civile sciolta. Il giudice è chiamato a effettuare una valutazione complessiva della storia e dell’organizzazione della coppia, sia nella fase precedente che successiva allo scioglimento.

A differenza del matrimonio, le unioni civili non prevedono la separazione come fase intermedia. Tuttavia, quando siano presenti squilibri economici attribuibili a sacrifici professionali per la famiglia o si sia creato un patrimonio comune attraverso scelte condivise, il partner economicamente più debole può richiedere l’assegno alle stesse condizioni previste per l’ex coniuge. Le funzioni assistenziale e compensativa vengono valutate con i medesimi criteri adottati nel caso del divorzio.

Particolarmente rilevante è il riconoscimento, da parte della giurisprudenza, dei contributi forniti alla formazione del patrimonio comune o personale dell’altro partner, anche qualora derivanti da una lunga convivenza precedente all’unione civile formale.

Gli aspetti procedurali: come richiedere l’assegno divorzile in tribunale

La richiesta dell’assegno va presentata con apposito ricorso nel procedimento di divorzio, allegando prove in merito alla propria condizione economico-patrimoniale e agli aspetti soggettivi che giustificano la domanda. È necessario produrre:

  • dichiarazioni dei redditi e di patrimonio;
  • certificazioni inerenti la posizione lavorativa;
  • documenti che attestino il contributo dato durante il matrimonio;
  • ogni altro elemento utile a rappresentare la propria condizione di bisogno e la capacità (o meno) di produrre reddito autonomo.

Il tribunale valuta documenti e testimonianze, previa instaurazione di un contraddittorio. La decisione non interviene d’ufficio, ma esclusivamente su domanda di parte e può essere modificata in seguito, sempre su richiesta e previa istruttoria specifica.

Casi particolari: figli a carico, casa familiare, malattie e altre casistiche rilevanti

La presenza di figli minori, l’assegnazione della casa familiare o situazioni di salute precaria sono elementi che possono incidere sulla valutazione giudiziale.

  • In caso di figli a carico, il giudice considera il tempo e le risorse dedicate alla loro cura da parte del genitore richiedente, potendo riconoscere un importo maggiorato per l’assegno.
  • L’assegnazione della casa familiare, pur essendo autonoma rispetto all’assegno divorzile, incide sul calcolo dell’importo, tenuto conto del beneficio economico che ne deriva.
  • Malattie invalidanti o condizioni di salute compromessa giustificano valutazioni differenziate, specie se ostacolano l’autonomo reperimento di reddito.

Altri casi rilevanti sono rappresentati da situazioni di disparità patrimoniale derivanti da successioni, trasferimenti immobiliari o situazioni di lavoro discontinuo e precario. Tutti questi elementi vengono soppesati per raggiungere una soluzione equa tra le parti.

L’importanza della documentazione e della consulenza legale

Una corretta e completa documentazione rappresenta la base di ogni decisione giudiziale sull’assegno e sulle sue successive modifiche. È essenziale produrre:

  • tutte le certificazioni di reddito disponibili;
  • prova delle proprietà mobiliari e immobiliari;
  • documentazione relativa a spese per figli, salute e contributo dato alla famiglia.

Un supporto professionale da parte di consulenti e avvocati esperti della materia si rivela determinante nella predisposizione degli atti e nell’individuazione dei diritti spettanti, anche alla luce delle frequenti innovazioni normative e degli orientamenti della Cassazione.

Domande frequenti sulle condizioni, importi e revoca dell’assegno divorzile

Di seguito una sintesi delle principali domande poste su questo argomento:

  • Quando è escluso il diritto all’assegno? Quando il richiedente è autosufficiente o ha determinato la fine del matrimonio.
  • È possibile richiedere la modifica dell’importo? Sì, in caso di variazione delle condizioni economiche delle parti.
  • L’assegnazione della casa familiare incide sull’assegno? Sì, costituendo un vantaggio economico per il beneficiario.
  • L’assegno di separazione si trasforma sempre in quello divorzile? No, sono istituti autonomi e la valutazione va ripetuta nel nuovo procedimento.
  • Si può optare per una liquidazione una tantum? Sì, ma tale decisione è irrevocabile e chi lo percepisce rinuncia a qualsiasi ulteriore sostegno futuro.



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