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I diritti dei lavoratori con mal di schiena secondo CCNL, normative e sentenze tribunali o Cassazione

Che sia acuto e lieve, il mal di schiena puň rendere difficile concentrarsi sul proprio lavoro. Ma quali sono i diritti riconosciuti ai dipendenti?

Autore: Chiara Compagnucci
pubblicato il
e aggiornato con informazioni attualizzate il
I diritti dei lavoratori con mal di schi

Il mal di schiena rappresenta una delle problematiche più diffuse tra i lavoratori italiani, indipendentemente dalla mansione svolta. Che si tratti di attività che richiedono sforzo fisico o di lavori sedentari, la lombalgia può avere un impatto significativo sulla qualità della vita lavorativa. Comprendere quali sono i diritti riconosciuti ai dipendenti che soffrono di questa condizione è fondamentale per tutelare la propria salute e la propria posizione professionale.

Mal di schiena come causa di assenza dal lavoro

Quando la lombalgia raggiunge un'intensità tale da impedire lo svolgimento dell'attività lavorativa, viene legalmente riconosciuta come malattia. In queste circostanze, il dipendente ha pieno diritto di assentarsi dal lavoro, seguendo però precise procedure amministrative.

Il lavoratore ha l'obbligo di:

  • Comunicare tempestivamente la propria condizione al datore di lavoro
  • Inviare il certificato medico all'INPS tramite il proprio medico curante
  • Rispettare le fasce orarie di reperibilità per eventuali visite fiscali

Le fasce di reperibilità variano in base al settore di impiego:

  • Dipendenti pubblici: dalle 9:00 alle 13:00 e dalle 15:00 alle 18:00
  • Dipendenti privati: dalle 10:00 alle 12:00 e dalle 17:00 alle 19:00

Il mancato rispetto di queste fasce, in assenza di giustificati motivi, può comportare sanzioni economiche e disciplinari.

Il periodo di comporto, protezione dal licenziamento

Un diritto fondamentale per i lavoratori affetti da patologie della colonna vertebrale è il cosiddetto periodo di comporto. Si tratta dell'intervallo temporale durante il quale il dipendente può assentarsi per malattia senza rischiare il licenziamento.

La durata del periodo di comporto varia significativamente in base al Contratto Collettivo Nazionale di Lavoro (CCNL) applicato. Ecco alcuni esempi:

  • CCNL Commercio e Terziario: 180 giorni di calendario nell'arco di un anno solare per anzianità fino a 5 anni; 270 giorni per anzianità superiori
  • CCNL Metalmeccanici: 183 giorni di calendario in 12 mesi per anzianità fino a 3 anni; 274 giorni per anzianità superiori
  • CCNL Edilizia: 180 giorni lavorativi nell'anno solare

In caso di patologie gravi che richiedono terapie salvavita o interventi chirurgici alla colonna vertebrale, molti CCNL prevedono un prolungamento del periodo di comporto o l'esclusione di tali giornate dal computo totale.

Malattie professionali e risarcimento danni

Quando il disturbo lombare è direttamente collegabile all'attività lavorativa svolta, il dipendente può avere diritto al riconoscimento di una malattia professionale e al conseguente risarcimento danni per malattia professionale.

Le patologie della colonna vertebrale riconosciute dall'INAIL come malattie professionali includono:

  • Ernie discali lombari
  • Discopatie
  • Spondiloartrosi
  • Spondilolistesi

Per ottenere il riconoscimento, è necessario dimostrare il nesso causale tra l'attività lavorativa e l'insorgenza della patologia. Questa correlazione risulta più facile da provare per lavoratori impegnati in:

  • Movimentazione manuale di carichi pesanti
  • Attività con movimenti ripetitivi della colonna
  • Lavori che comportano vibrazioni meccaniche
  • Posture fisse prolungate

In caso di riconoscimento, l'INAIL garantisce prestazioni economiche proporzionate al grado di invalidità accertato e copertura delle spese sanitarie.

Sentenze significative della Cassazione

La giurisprudenza della Corte di Cassazione ha più volte affrontato casi di lombalgia correlata all'attività professionale. Con la sentenza n. 5704, la Suprema Corte ha stabilito che anche quando il lavoratore presenta fattori predisponenti (come età o condizioni fisiche), il datore di lavoro resta responsabile se l'attività svolta ha accelerato o aggravato la patologia.

Particolarmente rilevante è anche la sentenza n. 20496 che ha riconosciuto l'indennizzo per malattia professionale a un impiegato amministrativo la cui lombalgia era stata causata da una postazione di lavoro ergonomicamente inadeguata, ampliando così la tutela anche ai lavoratori sedentari.

Cambio di mansioni e adeguamento della postazione di lavoro

Il dipendente con problemi alla schiena certificati ha diritto a richiedere:

  • L'assegnazione a mansioni compatibili con la propria condizione fisica, come previsto dall'art. 42 del D.Lgs. 81/2008
  • L'adeguamento ergonomico della postazione di lavoro

È importante sottolineare che l'accoglimento della richiesta di cambio mansione dipende dalle concrete possibilità organizzative dell'azienda. Il datore di lavoro è tenuto a valutare la domanda, ma può rifiutarla se dimostra l'impossibilità di ricollocare il lavoratore in altra posizione compatibile con il suo stato di salute.

Per quanto riguarda l'adeguamento della postazione di lavoro, invece, il datore ha un obbligo più stringente, dovendo garantire condizioni ergonomiche adeguate come stabilito dal D.Lgs. 81/2008 sulla sicurezza nei luoghi di lavoro.

Invalidità civile e agevolazioni per lombalgia cronica

Nei casi più gravi, quando la lombalgia diventa cronica e invalidante, il lavoratore può richiedere il riconoscimento dell'invalidità civile. Se la percentuale riconosciuta è pari o superiore al 46%, si ha diritto all'iscrizione nelle liste speciali per il collocamento mirato.

Con percentuali di invalidità più elevate (superiori al 67%), si può accedere a:

  • Permessi lavorativi retribuiti (Legge 104/1992)
  • Congedi per cure mediche (fino a 30 giorni all'anno)
  • Possibile prepensionamento per lavoratori con invalidità superiore all'80%

La domanda di invalidità va presentata all'INPS, previa certificazione medica che attesti la patologia lombare e la sua gravità. Una commissione medica valuterà poi il grado di invalidità attribuibile.

Prevenzione e gestione del mal di schiena sul posto di lavoro

Oltre a conoscere i propri diritti, è importante adottare comportamenti preventivi per ridurre il rischio di sviluppare o aggravare problemi alla colonna vertebrale. Ecco alcune pratiche consigliate:

Per lavori sedentari

  • Utilizzare sedie ergonomiche che supportino adeguatamente la curva lombare
  • Regolare l'altezza della sedia in modo che i piedi poggino completamente a terra e le cosce siano parallele al pavimento
  • Posizionare il monitor all'altezza degli occhi per evitare di inclinare il collo
  • Fare pause regolari ogni 30-40 minuti per alzarsi e muoversi
  • Evitare di tenere portafogli o telefoni nelle tasche posteriori quando si è seduti

Per lavori che richiedono sforzo fisico

  • Utilizzare sempre gli ausili meccanici disponibili per la movimentazione dei carichi
  • Sollevare pesi piegando le ginocchia e non la schiena, mantenendo il carico vicino al corpo
  • Distribuire uniformemente il peso quando si sta in piedi
  • Non esitare a chiedere aiuto per sollevare oggetti particolarmente pesanti
  • Indossare calzature appropriate che offrano un buon supporto

Il datore di lavoro ha l'obbligo di fornire formazione specifica sulle corrette tecniche di movimentazione manuale dei carichi e sulle posture da adottare, come previsto dal D.Lgs. 81/2008.

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