Il mal di schiena rappresenta una delle problematiche più diffuse tra i lavoratori italiani, indipendentemente dalla mansione svolta. Che si tratti di attività che richiedono sforzo fisico o di lavori sedentari, la lombalgia può avere un impatto significativo sulla qualità della vita lavorativa. Comprendere quali sono i diritti riconosciuti ai dipendenti che soffrono di questa condizione è fondamentale per tutelare la propria salute e la propria posizione professionale.
Quando la lombalgia raggiunge un'intensità tale da impedire lo svolgimento dell'attività lavorativa, viene legalmente riconosciuta come malattia. In queste circostanze, il dipendente ha pieno diritto di assentarsi dal lavoro, seguendo però precise procedure amministrative.
Il lavoratore ha l'obbligo di:
Le fasce di reperibilità variano in base al settore di impiego:
Il mancato rispetto di queste fasce, in assenza di giustificati motivi, può comportare sanzioni economiche e disciplinari.
Un diritto fondamentale per i lavoratori affetti da patologie della colonna vertebrale è il cosiddetto periodo di comporto. Si tratta dell'intervallo temporale durante il quale il dipendente può assentarsi per malattia senza rischiare il licenziamento.
La durata del periodo di comporto varia significativamente in base al Contratto Collettivo Nazionale di Lavoro (CCNL) applicato. Ecco alcuni esempi:
In caso di patologie gravi che richiedono terapie salvavita o interventi chirurgici alla colonna vertebrale, molti CCNL prevedono un prolungamento del periodo di comporto o l'esclusione di tali giornate dal computo totale.
Quando il disturbo lombare è direttamente collegabile all'attività lavorativa svolta, il dipendente può avere diritto al riconoscimento di una malattia professionale e al conseguente risarcimento danni per malattia professionale.
Le patologie della colonna vertebrale riconosciute dall'INAIL come malattie professionali includono:
Per ottenere il riconoscimento, è necessario dimostrare il nesso causale tra l'attività lavorativa e l'insorgenza della patologia. Questa correlazione risulta più facile da provare per lavoratori impegnati in:
In caso di riconoscimento, l'INAIL garantisce prestazioni economiche proporzionate al grado di invalidità accertato e copertura delle spese sanitarie.
La giurisprudenza della Corte di Cassazione ha più volte affrontato casi di lombalgia correlata all'attività professionale. Con la sentenza n. 5704, la Suprema Corte ha stabilito che anche quando il lavoratore presenta fattori predisponenti (come età o condizioni fisiche), il datore di lavoro resta responsabile se l'attività svolta ha accelerato o aggravato la patologia.
Particolarmente rilevante è anche la sentenza n. 20496 che ha riconosciuto l'indennizzo per malattia professionale a un impiegato amministrativo la cui lombalgia era stata causata da una postazione di lavoro ergonomicamente inadeguata, ampliando così la tutela anche ai lavoratori sedentari.
Il dipendente con problemi alla schiena certificati ha diritto a richiedere:
È importante sottolineare che l'accoglimento della richiesta di cambio mansione dipende dalle concrete possibilità organizzative dell'azienda. Il datore di lavoro è tenuto a valutare la domanda, ma può rifiutarla se dimostra l'impossibilità di ricollocare il lavoratore in altra posizione compatibile con il suo stato di salute.
Per quanto riguarda l'adeguamento della postazione di lavoro, invece, il datore ha un obbligo più stringente, dovendo garantire condizioni ergonomiche adeguate come stabilito dal D.Lgs. 81/2008 sulla sicurezza nei luoghi di lavoro.
Nei casi più gravi, quando la lombalgia diventa cronica e invalidante, il lavoratore può richiedere il riconoscimento dell'invalidità civile. Se la percentuale riconosciuta è pari o superiore al 46%, si ha diritto all'iscrizione nelle liste speciali per il collocamento mirato.
Con percentuali di invalidità più elevate (superiori al 67%), si può accedere a:
La domanda di invalidità va presentata all'INPS, previa certificazione medica che attesti la patologia lombare e la sua gravità. Una commissione medica valuterà poi il grado di invalidità attribuibile.
Oltre a conoscere i propri diritti, è importante adottare comportamenti preventivi per ridurre il rischio di sviluppare o aggravare problemi alla colonna vertebrale. Ecco alcune pratiche consigliate:
Il datore di lavoro ha l'obbligo di fornire formazione specifica sulle corrette tecniche di movimentazione manuale dei carichi e sulle posture da adottare, come previsto dal D.Lgs. 81/2008.