La figura del dipendente inviato in trasferta dall’azienda, funge da collegamento operativo fra l’offerta interna e le esigenze espresse dalla clientela. In questo contesto, conoscere i diritti riconosciuti dal quadro normativo e dai Contratti Collettivi Nazionali di Lavoro (CCNL) per il 2025 è essenziale sia per le aziende sia per i lavoratori che vogliono un quadro chiaro sulle tutele, le opportunità e i limiti economico-giuridici connessi allo svolgimento della prestazione lavorativa in trasferta.
La trasferta consiste nell’invio temporaneo del dipendente a svolgere attività lavorativa in un luogo diverso dalla sede stabilita nel contratto, a vantaggio del datore di lavoro. Si tratta di una situazione provvisoria: permane il legame con la sede ordinaria e, una volta conclusa la missione, il dipendente vi rientra. Va distinta dal trasferimento, che implica uno spostamento permanente. A differenza di quest’ultimo, la trasferta si giustifica solo per esigenze organizzative momentanee, ed è regolata prevalentemente dai CCNL e solo in parte dal codice civile e dalla prassi giurisprudenziale, come confermato dalle recenti ordinanze della Cassazione (come la n. 27093/2023). L’invio in trasferta può avvenire anche in assenza di accettazione espressa, purché sia compatibile con le mansioni svolte e regolamentato dal contratto di lavoro.
Durante lo svolgimento di una trasferta, il lavoratore mantiene tutti i diritti e le tutele previste per i colleghi che lavorano stabilmente in sede, tra cui le ferie, i permessi e il diritto alla parità di trattamento. Ulteriori diritti scaturiscono direttamente dalla specificità della trasferta:
Le spese documentate devono essere fornite attraverso ricevute, scontrini, fatture o prova di pagamento elettronico. Nel caso di spostamenti interni al Comune, le indennità e i rimborsi concorrono di regola a formare reddito, tranne i costi di trasporto documentati dal vettore (biglietti treni, autobus, etc.)
I CCNL rappresentano la fonte principale nella regolazione delle trasferte. Alcuni esempi ricorrenti dimostrano la varietà delle soluzioni adottate:
È quindi indispensabile leggere con attenzione il proprio contratto collettivo e gli eventuali accordi di secondo livello o regolamenti aziendali interni.
Dal punto di vista dell’Agenzia delle Entrate e della Cassazione, l’indennità di trasferta è considerata esclusa dall’imponibile solo se destinata a coprire spese effettivamente sostenute dal dipendente. Laddove assuma natura premiale, è considerata parte della retribuzione e, quindi, imponibile. Le soglie sono stabilite ufficialmente a inizio di ogni anno e consultabili presso Normattiva.it per ulteriori dettagli. Si ricorda che l’indennità di trasferta non rientra normalmente nel calcolo del TFR, salvo condizioni contrattuali migliorative.
Il tempo impiegato per raggiungere la località di trasferta non rientra di regola nell’orario di lavoro retribuito, a meno che il lavoratore non sia tenuto a restare a disposizione dell’azienda durante lo spostamento (ad esempio per i lavoratori che guidano mezzi aziendali o devono restare operativi). Alcuni CCNL (per esempio Metalmeccanici Industria, Alimentari, Tessile) riconoscono un trattamento economico anche per le ore di viaggio eccedenti l’orario di lavoro ordinario, con modalità specifiche (percentuale della retribuzione oraria o compenso forfettario).
La disciplina degli infortuni occorsi durante la trasferta si estende anche alle attività correlate e, normalmente, sono tutelati da INAIL.
Oltre agli aspetti fiscali, la digitalizzazione rappresenta una delle tendenze di rilievo per il 2025 nella gestione delle trasferte: molte aziende stanno integrando piattaforme e software dedicati per le note spese digitali, archiviazione automatica delle ricevute e sistemi di autorizzazione e controllo in tempo reale. Questo riduce gli errori, migliora il cash flow aziendale e rende più trasparente il rapporto fra dipendente e datore di lavoro.
L’obbligo di firma digitale sulle note spese è oramai frequente e in linea con il nuovo quadro normativo. La tracciabilità dei pagamenti anche attraverso strumenti “smart” (app aziendali, carte di pagamento dedicate) è incentivata e raccomandata per evitare problemi fiscali e contenziosi. La mancanza di adeguati strumenti digitali può generare problemi di doppia imposizione (tassazione per il lavoratore e indeducibilità per l’azienda).