Il mal di schiena, che generalmente non è riconosciuta come malattia professionale, lo diventa quando è l’attività lavorativa svolta a causare un danno lento e progressivo sull’organismo e produce l’infermità in modo esclusivo o prevalente. Il mal di schiena diventa malattia professionale, dunque, quando per lo stesso viene riconosciuta l’invalidità.
Quando il mal di schiena può essere riconosciuto come malattia professionale? Stando a quanto riportano dati recenti, in Italia quasi un lavoratore su due resta a casa dal lavoro soprattutto per disturbi muscolo scheletrici che sono causa del 49,9 % delle assenze sul lavoro e del 60% di incapacità permanente al lavoro, tanto da essere considerata in alcuni casi una malattia professionale. Vediamo allora tutti i casi 2021 in cui il mal di schiena rientra tra le malattie professionali.
Il mal di schiena rientra oggi tra le malattie per cui viene riconosciuta l’invalidità e non viene riconosciuto tra le malattie professionali. Il mal di schiena viene considerata malattia professionale quando l’insorgere della malattia dipende dallo svolgimento dell’attività lavorativa.
Lombalgia, lombo sciatalgia, ernia, scoliosi, dolori alle vertebre sono tra i mal di schiena che permettono di assentarsi dal lavoro, previo certificato medico, ma non sempre il mal di schiena, pur permettendo di assentarsi da lavoro, viene riconosciuta come malattia professionale, perché non è sempre chiaro il nesso tra svolgimento dell’attività lavorativa e dolori della colonna vertebrale.
Perché il mal di schiena venga definita malattia professionale deve essere riconosciuto il rapporto causa-effetto tra lavoro e patologia in maniera netta, perché può avere origini diverse e non strettamente legate all’attività lavorativa.
Il mal di schiena può essere riconosciuta malattia professionale solo ed esclusivamente quando all’origine professionale della malattia c’è il sovraccarico biomeccanico del rachide. Tra i lavori che, stando a quanto emerso, possono provocare il mal di schiena per cui può essere riconosciuta sono i seguenti:
Le malattie contratte sul luogo di lavoro e durante l’attività lavorativa vengono riconosciute come malattie professionali dalla legge italiana se causano un danno lento e progressivo sull’organismo e se in grado di produrre l’infermità in modo esclusivo o prevalente. Il mal di schiena diventa malattia professionale, dunque, quando per lo stesso viene riconosciuta l’invalidità.
L’Agenzia europea per la salute e sicurezza sul lavoro considera per l’insorgere del mal di schiena sia fattori di rischio fisico e sia fattori ambientali e organizzativi.
Tra i primi rientrano il sollevamento carichi, posizioni ergonomiche incongrue, movimenti altamente ripetitivi, lavorazioni manuali con carichi pesanti; mentre sono considerati fattori ambientali e organizzativi quelli riferiti a ritmi di lavoro, orario di lavoro, attività ripetitive, attività monotona, fatica, microclima ambientale, percezione dell’organizzazione di lavoro, fattori psicosociali presenti sul lavoro.
Per evitare l’insorgere del mal di schiena la legge prevede l’uso di ausili meccanici, una corretta organizzazione del lavoro con relative pause e turni e l’applicazione dei principi ergonomici alle postazioni di lavoro.
In ogni caso è bene sapere la tutela più grande per la salute della schiena è quella di evitare la sedentarietà e fare movimento.