La responsabilità penale del datore di lavoro per gli infortuni dei dipendenti, nel quadro normativo attuale e secondo le più recenti evoluzioni legislative e giurisprudenziali aggiornata al 2025, costituisce uno dei temi centrali in materia di salute e sicurezza sul lavoro in Italia. La prevenzione degli incidenti e delle malattie professionali nelle aziende, rafforzata da un costante impegno del legislatore e da sentenze della Corte di Cassazione, impone un rigido sistema di tutela fondato su specifici obblighi giuridici, doveri di diligenza e rigorosi protocolli di formazione e controllo.
La normativa principale di riferimento è costituita dal D. Lgs. 9 aprile 2008, n. 81 (Testo Unico Salute e Sicurezza sul Lavoro), integrato dal D. Lgs. 106/2009 e dalle modifiche successive, nonché dall’art. 2087 c.c., che impone l’adozione di tutte le misure necessarie, in base alla particolarità del lavoro, per garantire la salute fisica e morale dei lavoratori. Secondo la giurisprudenza più recente (ad es. Cass. pen., Sez. IV, n. 12326/2024), il datore di lavoro riveste una posizione di garanzia che lo obbliga non solo ad adottare precauzioni tecniche, ma anche a organizzare un sistema di vigilanza attiva mirato a individuare, valutare e prevenire i rischi in ambiente lavorativo.
Oltre alle responsabilità personali (penali e civili), il D. Lgs. 231/2001 prevede anche la responsabilità amministrativa degli enti in caso di reati commessi nel loro interesse o vantaggio, in materia di sicurezza sul lavoro.
Affinché sorga la responsabilità penale del datore di lavoro a seguito dell’infortunio di un dipendente, devono emergere precisi elementi:
Non impedire un evento potenzialmente lesivo che si ha l’obbligo giuridico di impedire, equivale a cagionarlo. In particolare, la Cassazione ha confermato che la mera imprudenza, inesperienza o anche leggerezza del lavoratore non esonera il datore di lavoro dalla responsabilità, se questa si inserisce nell’area di rischio prevedibile e prevenibile attraverso le misure dovute (Cass. Pen., Sez. IV, n. 39765/2015; n. 27787/2019).
Eccezione: l’unica circostanza che può escludere la responsabilità del datore è il così detto "comportamento abnorme" del lavoratore, cioè quando l’evento sia stato causato da condotte completamente eccentriche o imprevedibili, non riconducibili all’ordinaria sfera di rischio gestita dal garante della sicurezza.
La responsabilità penale non è sempre circoscritta al datore di lavoro, ma può coinvolgere anche altre figure aziendali come i dirigenti, i preposti e il Responsabile del Servizio di Prevenzione e Protezione (RSPP). La delega di funzioni (ai sensi dell’art. 16 del D. Lgs. 81/08) è possibile, purché sia:
Persistono obblighi indelegabili in capo al datore di lavoro, come la valutazione dei rischi e la nomina dell’RSPP. La responsabilità di tali soggetti non è mai esclusiva, ma concorrono con quella datoriale, salvo dimostrazione di una corretta organizzazione e controllo delle attività delegate (Cass. pen., sez. IV, n. 38913/2023).
Di rilievo, infine, la recente estensione della responsabilità penale anche al Rappresentante dei Lavoratori per la Sicurezza (RLS) in specifici casi di mancata promozione delle misure preventive (Cass. pen., 38914/2023).
Tra gli adempimenti cardine richiesti dalla normativa penale e antinfortunistica, si ricordano:
Una corretta applicazione di questi strumenti permette al datore di lavoro di dimostrare, anche in ambito processuale, di aver adottato tutte le misure ragionevolmente esigibili per prevenire danni ai lavoratori.
La tutela antinfortunistica si estende, in presenza di rischi lavorativi, anche ai terzi che si trovano nei luoghi aziendali. Il datore di lavoro è ritenuto responsabile se la sua condotta ha violato obblighi preventivi e il danno subito da un estraneo è riconducibile alla stessa sfera di rischio prevista per i lavoratori, salvo il caso di “volontaria esposizione a pericolo” (vedi Trib. Catanzaro, 1539/2023).
Se ritenuto colpevole, il datore di lavoro rischia condanne a pene detentive (fino alla reclusione), sanzioni pecuniarie significative, sospensione o interdizione dall’attività, e l’obbligo di risarcire tutti i danni patrimoniali e biologici patiti dal lavoratore o dai suoi eredi. Inoltre la responsabilità dell’ente societario può sommarsi a quella personale dell’amministratore/delegato (D.Lgs. 231/2001).
Per difendersi da contestazioni penali, occorre dimostrare di aver adottato tutte le misure ragionevoli, idonee e specifiche previste dalla normativa vigente, documentando formazione, DPI consegnati, sorveglianza sanitaria e procedure di verifica continua. L’assistenza di un legale penalista specializzato è indispensabile per predisporre la strategia difensiva più efficace, inclusa l’esibizione di perizie tecniche e la verifica della corretta implementazione delle deleghe e dei modelli organizzativi.