In Italia, la tutela contro gli infortuni sul lavoro è assicurata da un ampio sistema normativo e previdenziale che riflette una crescente sensibilità verso la protezione della salute nei luoghi di lavoro. Il quadro giuridico di riferimento ruota intorno al D.Lgs. 81/2008, noto come Testo Unico sulla sicurezza sul lavoro, che individua obblighi, strumenti e procedure per prevenire e gestire gli eventi lesivi nei diversi contesti occupazionali.
Il fenomeno degli incidenti professionali ha assunto una dimensione di primo piano, grazie alla raccolta sistematica di dati da parte di istituti come INAIL, che monitora e analizza l’andamento degli eventi lesivi, sia in termini di frequenza che di esiti. Una delle direttrici principali della disciplina italiana è la responsabilità condivisa: sia i datori di lavoro che i lavoratori sono chiamati a collaborare attivamente per ridurre il rischio infortunistico attraverso misure preventive, formazione continua e adozione di tecnologie innovative.
Negli ultimi anni si sono registrati progressi nella riduzione delle denunce, ma si evidenziano ancora criticità legate a fattori strutturali, organizzativi e umani. L’estensione della copertura assicurativa a figure come studenti in alternanza scuola-lavoro, lavoratori autonomi e atipici, testimonia l’evoluzione della normativa per rispondere alla trasformazione dei contesti produttivi.
L’inquadramento di un evento come infortunio lavorativo si fonda su criteri oggettivi e distinti. Viene generalmente riconosciuto quando si verifica un evento improvviso e violento che determina una lesione al lavoratore durante lo svolgimento dell’attività o in condizioni strettamente collegate ad essa. Tre requisiti sono essenziali ai fini del riconoscimento:
Tale struttura consente di individuare una vasta gamma di casistiche: incidenti diretti nell’esecuzione della mansione, infortuni durante trasferte, eventi accaduti in pausa pranzo se svolta fuori sede, così come quelli definiti in itinere, ovvero durante il percorso casa-lavoro.
Per quanto riguarda le tipologie, il quadro si diversifica tra:
La differenza rispetto alla malattia professionale è significativa. Il primo presuppone l’immediatezza e la causalità violenta dell’evento, mentre la malattia professionale deriva dall’esposizione prolungata a fattori di rischio, come sostanze nocive o posture scorrette, per cui gli effetti lesivi non sono riconducibili a un singolo momento, ma si manifestano nel medio-lungo termine. Gli elenchi delle patologie tabellate e non tabellate, previsti dalla normativa, rappresentano il riferimento per la tutela previdenziale correlata a queste situazioni, che seguono iter di valutazione differenziati rispetto agli eventi acuti degli incidenti lavorativi.
L’analisi delle cause che portano agli eventi lesivi in ambito lavorativo mostra una forte eterogeneità di fattori, che si intrecciano su più livelli. Dal punto di vista dei fattori umani, emerge il peso di disattenzione, fretta, stanchezza o sottovalutazione dei rischi: situazioni comuni che spesso risultano decisive nella dinamica dell’incidente. La perdita della concentrazione, dovuta a routine ripetitive o all’errata percezione del pericolo, espone i lavoratori a errori critici, come il mancato utilizzo dei dispositivi di protezione individuale o la gestione improvvisata di situazioni di emergenza.
I fattori strutturali comprendono le criticità derivanti dalle condizioni dell’ambiente di lavoro. Le infrastrutture obsolete, la scarsa manutenzione di macchinari o impianti, e la presenza di superfici scivolose o scarsamente illuminate aumentano la probabilità di incidenti. Tra i rischi più diffusi si contano:
Carenze nella valutazione dei rischi, procedure operative non standardizzate, pressione produttiva eccessiva o scarsa comunicazione tra i livelli gerarchici espongono i dipendenti a un incremento del pericolo. Situazioni di turnover elevato, precariato e gestione inadeguata della formazione portano a una minore familiarità con i processi e le procedure di sicurezza.
La combinazione di questi elementi può potenziare i fattori di rischio e determinare situazioni nelle quali la probabilità di incidenti aumenta sensibilmente, soprattutto in settori dove la variabilità operativa o ambientale è più marcata.
La corretta gestione di un evento lesivo richiede il rispetto puntuale di specifiche procedure che coinvolgono sia il lavoratore che il datore di lavoro. Il primo adempimento spetta al dipendente, il quale, subito dopo aver ricevuto le prime cure mediche, è obbligato a comunicare quanto accaduto al datore, anche se l’evento sembra di lieve entità. Il personale sanitario che presta soccorso emette il certificato medico elettronico, che deve essere trasmesso direttamente all’ente assicurativo; una copia viene consegnata al lavoratore, che deve fornire al datore il numero identificativo e i dettagli (diagnosi e giorni di prognosi).
Altri obblighi del datore includono l’attivazione immediata delle misure di primo soccorso e la conservazione della documentazione relativa all’evento e alle comunicazioni intercorse. Inoltre, la normativa nazionale prevede che, anche per gli infortuni considerati "di entità lieve", venga comunque documentato quanto accaduto per consentire eventualmente aggiornamenti statistici o successivi approfondimenti da parte degli organi competenti.
Il sistema di vigilanza sull’applicazione delle norme di sicurezza si articola attraverso diversi organismi con competenze specifiche. Le ATS e le ASL regionali svolgono la funzione di polizia amministrativa e giudiziaria nell’ambito della prevenzione, tutela e verifica degli standard di sicurezza nei luoghi di lavoro. Gli ispettori hanno il compito di effettuare controlli ordinari o su segnalazione, accertando l’osservanza delle disposizioni contenute nel D.Lgs. 81/2008, predisponendo verbali e avvisi di contravvenzione in caso di inosservanze rilevate.
Qualora l’incidente abbia esiti gravi o mortali, viene avviato d’ufficio un procedimento penale ai sensi degli articoli 589 o 590 del Codice Penale. L’ente accertatore, oltre a rilevare eventuali profili di responsabilità, predispone una relazione conclusiva destinata al Pubblico Ministero, fornendo analisi dettagliate per l’inquadramento della posizione dei soggetti coinvolti nell’evento lesivo.
La responsabilità può riguardare sia l’inosservanza delle regole tecniche, sia omessi controlli e aggiornamenti nei protocolli di prevenzione, con effetti rilevanti sul piano sanzionatorio e risarcitorio.
La quantificazione delle prestazioni riconosciute in caso di danno lavorativo segue regole tecniche definite a livello nazionale. L’indennizzo viene calcolato rispetto a parametri oggettivi: la tipologia di danno, l’entità delle conseguenze e la fascia di età dell’interessato. Per quanto concerne le indennità temporanee, durante il periodo di inabilità che supera i tre giorni, l’ente garantisce una copertura economica: il 60% della retribuzione media fino al 90° giorno, il 75% dal 91° e fino alla guarigione clinica.
Per il danno permanente, la valutazione si basa su una tabella percentuale aggiornata che stabilisce indennità in capitale per menomazioni fra il 6% e il 15%, e in rendita per gradi superiori, con franchigia per danni inferiori al 6%. La procedura per il riconoscimento prevede accertamenti medici specialistici e la possibilità per il lavoratore di avanzare ricorso amministrativo qualora non concordi con la valutazione effettuata.
In caso di decesso, la normativa prevede rendite ai superstiti secondo precise quote e ordini di priorità familiari. L’iter di riconoscimento avviene d’ufficio sulla base della documentazione trasmessa e di eventuali supplementi disposti dall’ente.
L’analisi delle rilevazioni ufficiali mostra una lieve contrazione del numero complessivo di denunce per eventi lesivi in ambito occupazionale. Nel 2024, secondo i dati diffusi dagli organismi istituzionali, sono state presentate 414.853 segnalazioni, con un calo dell’1,9% rispetto all’anno precedente. Questo calo si concentra soprattutto sulle casistiche "in occasione di lavoro", mentre si registra un aumento degli infortuni "in itinere" e degli incidenti che coinvolgono studenti, questi ultimi coperti dall’estensione assicurativa recente.
Sul territorio nazionale, le regioni con la maggiore incidenza di denunce rimangono Lombardia, Emilia-Romagna e Lazio. Tra i settori, la manifattura, le costruzioni, l’agricoltura e la sanità rappresentano le aree a più alto rischio, sia per frequenza assoluta di notifiche sia per gravità degli esiti. Il settore delle costruzioni mostra il maggior numero di casi mortali, seguito da trasporti, agricoltura e manifatturiero.
L’analisi degli ultimi dodici mesi evidenzia un incremento percentuale dei decessi, che nel primo semestre 2025 raggiungono quota 502, con particolare crescita nelle componenti "in itinere" e nei segmenti geografici a mobilità elevata.
L’esame delle categorie a maggiore rischio restituisce un quadro complesso, influenzato da variabili demografiche e lavorative. La distribuzione degli eventi lesivi si concentra nelle fasce d’età centrale della forza lavoro: la classe 45-54 anni si conferma quella con il maggior numero di denunce, mentre la severità degli esiti aumenta tra i 55 e i 64 anni e raggiunge i livelli massimi negli over 65 in rapporto alla quota di occupati.
Fascia d'età | Incidenza decessi/1.000.000 occupati |
Over 65 | 47,3 |
55-64 | 24,4 |
45-54 | 15,6 |
L’analisi segnala anche la persistenza di rischi più alti per chi opera in contesti dove legalità, regolarità dei rapporti e sistemi di protezione risultano meno consolidati, aggravando la probabilità di incidenti e complicando l’accesso alle tutele.
Il datore di lavoro deve garantire la stesura del documento di valutazione dei rischi, l’adozione dei dispositivi di protezione individuale adeguati, l’organizzazione delle squadre di pronto soccorso, antincendio e gestione delle emergenze, nonché la nomina di figure chiave come il Responsabile del Servizio Prevenzione e Protezione (RSPP) e il Rappresentante dei Lavoratori per la Sicurezza (RLS).
Accanto a questi obblighi normativi, si stanno diffondendo soluzioni innovative che sfruttano la tecnologia per rafforzare la cultura della sicurezza. Piattaforme digitali integrate per la gestione dei piani di sicurezza, sistemi di monitoraggio dei rischi in tempo reale, applicazioni per la formazione continua on the go e dispositivi "wearable" per il rilevamento di posture scorrette o condizioni di pericolo sono sempre più utilizzati in aziende avanzate.
Le recenti strategie puntano anche sulla cultura della segnalazione: i lavoratori sono incoraggiati a notificare anomalie senza timore di ripercussioni, favorendo una maggiore trasparenza.