Cambiano le modalità di rimborso spese anche per chi effettua prestazioni di lavoro autonomo occasionale, ridefinendo le strategie operative che lavoratori e committenti sono chiamati ad adottare.
Il lavoro autonomo occasionale è definita come un’attività svolta autonomamente, saltuaria e priva di continuità e coordinamento, non riconducibile a rapporti di lavoro subordinato o alle professioni ordinistiche.
Le caratteristiche che contraddistinguono questa attività sono l’assenza di:
Abitualità: l’attività non si ripete nel tempo, è saltuaria e sporadica;
Professionalità: assenza di atti coordinati e finalizzati ad un identico scopo;
Continuità: l’attività ha un inizio ed una fine ben precisa (non riparte nel tempo);
Coordinazione: non si ha coordinazione di persone o mezzi (attività è di tipo intellettuale).
Il diritto a percepire un rimborso spese nei casi di lavoro autonomo occasionale scatta quando il prestatore sostiene effettivamente le spese nell’interesse del committente e via sia uno specifico accordo tra le parti.
Requisito essenziale è la documentazione delle spese, mediante fatture, scontrini o ricevute fiscali, che dimostrino il nesso diretto con l’incarico svolto. L’assenza di documentazione trasforma il rimborso in un compenso aggiuntivo sottoposto a ritenuta.
Sono previsti limiti quantitativi relativi sia all’importo complessivo dei compensi percepibili sia alle soglie oltre cui insorgono obblighi previdenziali.
Quando vengono effettuate delle prestazioni di lavoro occasionale sono diverse le spese che possono essere rimborsate a condizione che siano strettamente connesse alla natura delle attività che vengono svolte. Tra queste rientrano:
Ogni tipologia di spesa per essere rimborsata deve risultare effettivamente sostenuta e documentata, con fatture, scontrini o ricevute fiscali.
Dal canto suo, il committente deve prima valutare la regolarità dei giustificativi e solo dopo procedere al pagamento tramite strumenti tracciabili (bonifico bancario, assegno, strumenti elettronici).
Secondo quanto previsto dalla normativa attuale, dopo l'entrata in vigore della riforma fiscale 2025, i rimborsi spese documentati per le collaborazioni occasionali hanno subito alcune modifiche.
I rimborsi spese analitici, sostenuti e addebitati per l’esecuzione dell’incarico, non concorrono più, infatti, alla formazione del reddito imponibile del prestatore né saranno soggetti a ritenuta d’acconto.
Tuttavia, non sono deducibili come costi, generando un regime di neutralità fiscale. Resta fermo il trattamento IVA, che continua ad applicarsi salvo il caso di spese anticipate "in nome e per conto" del committente.
E' anche prevista la deducibilità dei costi non rimborsati, se risultano comprovate l’infruttuosità della procedura di recupero credito, la prescrizione o il mancato rimborso entro dodici mesi e l’importo non superi 2.500 euro.
Il regime forfettario introduce ulteriori peculiarità: fino al 2024, i rimborsi spese anche se documentati, risultavano imponibili e concorrevano al raggiungimento del limite massimo di compensi per la permanenza nel regime agevolato.
Con la riforma del 2025, anche per i soggetti in forfettario, i rimborsi di spese anticipate per incarichi occasionali non sono più assimilati a compensi e non contribuiscono a superare il tetto degli 85.000 euro.
C'è, infatti, da sottolineare la differenza fra rimborso analitico (sostenuto con documenti intestati al prestatore e rendicontato in dettaglio) e rimborso forfettario (erogato come importo standard non legato a comprovate spese): solo il primo, dal 2025, beneficia dell’esclusione dal reddito imponibile. Il secondo rimane imponibile e sottoposto alle consuete regole fiscali e previdenziali.