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Quante tasse si pagano su Bitcoin e criptovalute nel 2025? Come si devono dichiarare, accertamenti previsti e sanzioni possibili

In caso di mancata dichiarazione delle criptovalute o di redditi derivanti da esse, l'Agenzia delle entrate puň effettuare accertamenti fiscali.

Autore: Chiara Compagnucci
pubblicato il
Quante tasse si pagano su Bitcoin e crip

La tassazione sulle criptovalute in Italia continua a essere disciplinata dalle normative introdotte dalla Legge di Bilancio, che ha fornito maggiore chiarezza sul trattamento fiscale delle criptovalute come Bitcoin e altre valute digitali, come come Stellar, Ether, Litecoin, EOS e NEO.

La regolamentazione ha delineato non solo le aliquote da applicare, ma anche le modalità di dichiarazione e le sanzioni previste per chi non rispetta questi obblighi. Vediamo più nel dettaglio come si devono dichiarare le criptovalute, quante tasse si pagano e quali sono le possibili conseguenze di eventuali violazioni:

  • Qual è la tassazione su Bitcoin e criptovalute nel 2025

  • Accertamenti e sanzioni possibili su gestione fiscale criptovalute

Qual è la tassazione su Bitcoin e criptovalute nel 2025

Dal 2023, l'Italia ha equiparato i guadagni derivanti dalle criptovalute a redditi diversi di natura finanziaria, il che significa che le plusvalenze realizzate dalla vendita, conversione o utilizzo delle criptovalute sono soggette a un'aliquota fiscale del 26%. Questa aliquota si applica, ad esempio, quando un possessore di criptovalute vende Bitcoin per convertirli in euro o in altre valute fiat (monete tradizionali), oppure utilizza le criptovalute per acquistare beni o servizi.

Esiste una soglia di esenzione fissata a 2.000 euro di plusvalenze. Se i guadagni derivanti dalla vendita o conversione di criptovalute non superano tale soglia nel corso di un anno fiscale, questi non saranno soggetti a tassazione. La soglia di esenzione riguarda solo le operazioni considerate fiscalmente rilevanti, vale a dire la conversione delle criptovalute in valuta fiat o il loro utilizzo per acquistare beni o servizi. Le permute tra criptovalute (scambi tra una criptovaluta e un'altra) non sono considerate rilevanti dal punto di vista fiscale, e quindi non producono plusvalenze tassabili.

La tassazione sulle criptovalute si applica a diverse tipologie di operazioni. Se un investitore vende le sue criptovalute per ottenere euro o altre valute tradizionali, l'eventuale guadagno ottenuto dalla differenza tra il prezzo di acquisto e quello di vendita sarà tassato al 26%.

Se le criptovalute vengono utilizzate per l'acquisto di beni o servizi (ad esempio, comprando un prodotto utilizzando Bitcoin), l'eventuale plusvalenza generata dalla differenza tra il valore delle criptovalute al momento dell'acquisto e il loro valore iniziale sarà anch'essa soggetta a tassazione.

Le attività di staking, che comportano la generazione di rendimenti passivi mantenendo criptovalute in portafogli digitali specifici, sono anch'esse soggette a tassazione come redditi diversi. Tuttavia, ci sono ancora chiarimenti in corso per disciplinare meglio questo ambito.

I possessori di criptovalute devono dichiarare il possesso e le operazioni su tali asset attraverso il quadro RW del modello Redditi PF, utilizzato per il monitoraggio fiscale delle attività finanziarie detenute all’estero e per il calcolo delle imposte sui redditi di natura finanziaria.

Anche se un contribuente non ha effettuato operazioni rilevanti durante l’anno (ad esempio, se ha semplicemente detenuto criptovalute senza venderle o utilizzarle), deve comunque dichiarare il loro valore nel quadro RW. Il valore da dichiarare è quello delle criptovalute detenute alla fine dell’anno fiscale, calcolato al prezzo di mercato in quella data.

Se il contribuente ha realizzato plusvalenze vendendo criptovalute o utilizzandole per acquistare beni e servizi, queste devono essere riportate nel quadro RT della dichiarazione dei redditi. In questo caso, sarà il contribuente stesso a calcolare e dichiarare le plusvalenze, che saranno soggette all'aliquota del 26%.

Le criptovalute possono essere gestite attraverso due regimi fiscali. Con il regime amministrato, l’intermediario finanziario (come una piattaforma di trading di criptovalute) agisce come sostituto d’imposta, calcolando e versando le imposte sulle plusvalenze. Con il regime dichiarativo, il contribuente è responsabile del calcolo e della dichiarazione delle plusvalenze.

Accertamenti e sanzioni possibili su gestione fiscale criptovalute

Il mancato adempimento degli obblighi fiscali relativi alle criptovalute può comportare accertamenti da parte dell'Agenzia delle Entrate, con l’applicazione di sanzioni. La normativa vigente prevede che le sanzioni per la mancata dichiarazione del possesso di criptovalute (nel quadro RW) o delle plusvalenze realizzate possano variare a seconda dell'infrazione.

Se un contribuente non dichiara il possesso di criptovalute, può essere soggetto a una sanzione che va dallo 0,5% al 3% del valore delle criptovalute detenute all'estero per ciascun anno di mancata dichiarazione. In casi gravi, dove c'è una violazione reiterata, le sanzioni possono arrivare fino al 30%.

Nel caso in cui un contribuente non dichiari plusvalenze derivanti dalla vendita o utilizzo di criptovalute, l'Agenzia delle entrate può applicare sanzioni aggiuntive e richiedere il pagamento delle imposte non versate, oltre agli interessi di mora.

C'è la possibilità di regolarizzare eventuali omissioni passate dichiarando spontaneamente le criptovalute e pagando una imposta sostitutiva del 3,5% sul valore delle cripto-attività non dichiarate. Questa sanatoria permette di evitare sanzioni più pesanti e di mettersi in regola con il Fisco.

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