In Italia, la gestione degli infortuni sul lavoro è regolata da una precisa normativa, presidiata dall’INAIL (Istituto Nazionale Assicurazione contro gli Infortuni sul Lavoro). Ogni incidente occorso durante l’attività lavorativa, anche di lieve entità, deve essere comunicato al datore di lavoro o al diretto responsabile, dato che potrebbe comportare conseguenze in termini di tutela assicurativa e diritti del lavoratore.
La procedura di chiusura e possibile riapertura di un infortunio è particolarmente rilevante quando la guarigione dichiarata si rivela successivamente incompleta o sopraggiungono complicazioni. Si tratta di situazioni in cui il lavoratore, pur essendo stato dichiarato guarito, manifesta nuovi sintomi o un aggravamento riconducibile all’evento originario, oppure è costretto a sottoporsi a ulteriori trattamenti sanitari o chirurgici.
Il lavoratore può valutare la riapertura dell’infortunio se, dopo la ripresa dell’attività o la sua conclusione formale, si dovessero verificare:
La procedura richiede di recarsi tempestivamente dal medico curante (o, in situazioni urgenti, al pronto soccorso o presso un ambulatorio INAIL), per ottenere un certificato medico che attesti la ricaduta o l’aggravamento. Il medico dovrà dichiarare che i disturbi sono strettamente collegati all’infortunio già occorso e non invece generati da nuovi eventi traumatici. Questo documento dev’essere inoltrato all’INAIL e trasmesso contestualmente al datore di lavoro.
La normativa stabilisce precise limitazioni sia rispetto al numero massimo di riaperture che alla tempistica:
Per la domanda di aggravamento la tempistica e la possibilità di revisione della misura dell’indennità sono disciplinate dal Testo Unico D.P.R. 1124/1965. In particolare, nei primi quattro anni la revisione può essere richiesta dopo un anno dalla data del sinistro e dopo almeno sei mesi dalla costituzione della rendita; le successive revisioni non possono comunque avvenire a intervallo inferiore di un anno. Dal quinto al decimo anno sono ammesse al massimo due ulteriori revisioni, tipicamente dopo tre anni ciascuna.
In caso di ricaduta (riacutizzazione dei postumi infortunistici) occorre dimostrare che, dopo una ripresa almeno parziale dell’attività lavorativa, i nuovi disturbi siano direttamente riconducibili alle lesioni già denunciate e non rappresentino un nuovo e distinto evento. Solo in questo scenario si parla di riammissione in temporanea, e non di un nuovo infortunio.
La certificazione medica dovrà contenere il riferimento all’infortunio pregresso e sarà valutata dall’area medico-legale dell’INAIL, che può richiedere ulteriori accertamenti. La stessa procedura si applica agli aggravamenti, per i quali è possibile presentare domanda con adeguata documentazione specialistica.
Qualora il lavoratore sia stato dichiarato guarito con postumi non sufficienti per l’indennizzo, può richiedere la revisione e la liquidazione della rendita se, entro il periodo decennale, le condizioni si aggravano fino a raggiungere la soglia per l’indennizzabilità. In simili casi è fondamentale fornire all’INAIL completa documentazione medica aggiornata, comprese relazioni specialistiche o esiti di nuovi interventi correlati.
Il lavoratore, dopo aver ottenuto il certificato dal medico curante, è tenuto a trasmetterlo per via telematica (oppure cartacea tramite PEC nelle modalità suggerite dall’INAIL). Di norma, non è necessaria una nuova denuncia da parte del datore di lavoro, dato che l’evento è già stato riconosciuto dall’ente.
L’INAIL effettuerà le proprie valutazioni attraverso l’area medico-legale, fissando eventualmente una visita di controllo. In caso di esito negativo, ovvero di mancato accoglimento della domanda di riammissione in temporanea, il lavoratore potrà attivare ricorso amministrativo entro 60 giorni dalla notifica del provvedimento e, in un secondo momento, anche azione giudiziale nel termine di tre anni.
Il medico di famiglia riveste un ruolo centrale, non solo come primo referente per la valutazione clinica successiva all’infortunio, ma anche per certificare la ricaduta o il peggioramento delle condizioni. Nei casi di maggiore complessità, può indirizzare il lavoratore presso specialisti o agli ambulatori INAIL, coordinandosi eventualmente con il medico competente dell’azienda per una gestione integrata.
La documentazione rilasciata dal medico di base (o altro sanitario abilitato), inclusa la trasmissione telematica, è fondamentale per l’aggiornamento della posizione assicurativa e per evitare la sospensione delle prestazioni economiche. La collaborazione costante con il datore di lavoro consente di pianificare il rientro e di garantire l’assolvimento degli obblighi contrattuali.
Durante i periodi di inabilità temporanea riconosciuta dall’INAIL, il lavoratore ha diritto a indennità giornaliera calcolata in base alla retribuzione percepita nei quindici giorni lavorativi precedenti la ripresa dell’inabilità. Il sistema prevede un’integrazione al 75% della retribuzione media per i periodi successivi ai primi 90 giorni e al 60% per quelli intermedi. La concessione dell’indennità avviene sia in caso di riammissione in temporanea che per ricaduta, se approvati secondo le procedure sopra esposte.
È importante, inoltre, che la pratica non si sovrapponga a periodi indennizzati per altre cause (ad esempio malattia), in modo da evitare la cosiddetta erosione del periodo di comporto. Il calcolo delle spettanze, così come le modalità di liquidazione, segue le regole indicate dal CCNL e dalle circolari INAIL vigenti.
Maggiori dettagli sulle modalità e gli importi dell’indennità sono disponibili nella guida su infortunio sul lavoro, quanto viene pagato e su quanto paga l’INAIL in base a tipologia e durata dell’incidente.