Affittare una casa per periodi inferiori a 30 giorni tramite un contratto di affitto breve può rappresentare un'opportunità interessante di guadagno nel 2025, ma comporta anche l’adempimento di obblighi fiscali, gestionali e amministrativi più strutturati rispetto al passato. Questa tipologia di locazione si è diffusa soprattutto nelle città turistiche e nei grandi centri urbani ad alta mobilità, complice la crescita delle piattaforme digitali come Airbnb e Booking che facilitano la connessione tra proprietari e viaggiatori.
Prima di analizzare le potenzialità di guadagno netto con l’affitto breve bisogna conoscere i principali costi da sostenere, gli adempimenti normativi e i vantaggi e svantaggi rispetto alle altre formule di locazione.
Uno degli aspetti più rilevanti è la questione fiscale. Il 2025 rappresenta un anno di importanti novità, in cui la cedolare secca, opzione fiscale dedicata alle locazioni brevi, è applicabile al 21% sul primo immobile e al 26% sul secondo, terzo e quarto immobile locato a breve termine. In caso di gestione imprenditoriale (più di 4 immobili o presenza di servizi aggiuntivi tipici delle strutture ricettive professionali), diventano obbligatorie la partita IVA e la tassazione ordinaria, che comporta IRPEF e contributi previdenziali.
Da quest’anno il Codice Identificativo Nazionale (CIN) è obbligatorio per ogni immobile destinato a locazioni brevi, un adempimento che va rispettato per tutte le piattaforme e annunci. Il mancato rispetto di questo obbligo può far incorrere in sanzioni amministrative significative. È inoltre necessario:
Per i contratti di durata inferiore ai 30 giorni non sussiste più l’obbligo di registrazione presso l’Agenzia delle Entrate, ma tutti gli altri adempimenti restano validi.
I ricavi annuali con l’affitto breve nel 2025 dipendono da posizione dell’immobile, tasso di occupazione, prezzo per notte e costi gestionali. Mediamente, un proprietario può aspettarsi:
Da questi importi vanno sottratti:
Esempio concreto: un appartamento affittato a 150 euro/notte, tasso di occupazione medio annuo del 70% (circa 255 notti), genera un lordo di circa 38.250€. Tolti il 21% di cedolare secca, commissioni e costi fissi (circa il 50% dei ricavi), il proprietario intasca tra il 35% e il 40% del lordo — tra 13.000€ e 15.000€ a seconda delle spese effettive.
Chi gestisce più di due immobili deve considerare aliquote più elevate e costi di organizzazione più complessi. Il margine netto scende ulteriormente se si fa ricorso a un property manager, ma può aumentare la redditività in caso di strategie tariffarie ottimizzate.
Un immobile ben presentato, con recensioni positive consolidate, raggiunge quote di occupazione elevate anche fuori stagione, mentre proprietà periferiche o trascurate restano spesso vuote nei mesi di bassa domanda.
Se l’immobile viene gestito come attività non imprenditoriale (fino a 4 unità) e senza servizi aggiuntivi, la cedolare secca resta la soluzione fiscale più conveniente. Con più di quattro immobili o servizi di tipo alberghiero, è obbligatorio il passaggio a partita IVA.
Nelle destinazioni a forte domanda turistica e periodi di alta stagione, il rendimento potenziale dell’affitto breve supera quello tradizionale: un bilocale centrale può arrivare a margini netti del 30-40% annuo sui ricavi lordi, contro il 4-5% tipico degli affitti classici. Tuttavia, la gestione più laboriosa e il rischio di sfitto sono più elevati.
Tipologia | Pro | Contro |
Affitto breve | Rendimento elevato Flessibilità gestionale Prezzi dinamici |
Costi gestione Burocrazia crescente Occupazione incerta |
Affitto classico | Entrate stabili Poca gestione Risparmi fiscali su canone concordato |
Reddito più basso Maggior rischio di morosità Lunga durata vincolante |
In sintesi, l’affitto breve può offrire un rendimento interessante ma richiede studio del mercato, ottimizzazione dei processi e aggiornamento costante sulle normative. Le opportunità di guadagno vanno sempre valutate alla luce delle proprie esigenze e della situazione locale, affidandosi a consulenti se necessario e tenendo conto sia del costo opportunità sia degli investimenti iniziali e ricorrenti.