Se si acquista una casa e la si intesta a un figlio che ancora vive sotto lo stesso tetto dei genitori, sorgono importanti questioni relative al pagamento dell'Imposta Municipale Unica (IMU).
Per comprendere appieno la situazione fiscale di una proprietà intestata a un figlio convivente con i genitori, è necessario analizzare le attuali disposizioni tributarie e i criteri che determinano l'esenzione o l'obbligo di versamento dell'imposta.
Per il 2025, le norme tributarie stabiliscono che l'IMU deve essere versata per:
Sono invece esenti dal pagamento dell'IMU:
La normativa tributaria stabilisce che l'esenzione dal pagamento dell'IMU e della TASI si applica esclusivamente alle prime case adibite ad abitazione principale e relative pertinenze. Questo beneficio fiscale non si estende alle abitazioni classificate nelle categorie catastali considerate di lusso o di pregio (A/1, A/8 e A/9), che rimangono soggette all'imposta anche se utilizzate come residenza principale.
Per essere considerata abitazione principale, l'immobile deve rispettare due requisiti fondamentali:
Entrambe queste condizioni devono verificarsi contemporaneamente affinché si possa beneficiare dell'esenzione IMU. La sola intestazione catastale non è sufficiente per ottenere l'esenzione se non accompagnata dall'effettivo utilizzo dell'immobile come abitazione principale.
Nel caso specifico di una casa intestata a un figlio che continua a vivere con i genitori, la situazione fiscale è ben definita dalla normativa in vigore per il 2025. Se il figlio non stabilisce la propria residenza nell'immobile acquisito, continuando a vivere nella casa dei genitori, la proprietà a lui intestata non può essere considerata abitazione principale.
Di conseguenza, l'immobile viene classificato come seconda abitazione e, in quanto tale, è soggetto al pagamento dell'IMU. Questo avviene perché, pur essendo l'unica proprietà intestata al figlio, non rispetta i requisiti necessari per essere considerata abitazione principale, mancando sia la residenza anagrafica che la dimora abituale del proprietario.
L'Agenzia delle Entrate ha chiarito in diverse occasioni che il concetto di abitazione principale è strettamente legato all'effettivo utilizzo dell'immobile da parte del proprietario, non alla mera intestazione formale.
Alcuni contribuenti potrebbero essere tentati di aggirare il sistema trasferendo formalmente la residenza del figlio nell'immobile acquisito, pur mantenendo la sua effettiva dimora presso l'abitazione dei genitori. È fondamentale sottolineare che questa pratica comporta significativi rischi legali e fiscali.
Se il figlio trasferisce la propria residenza nella nuova casa, ma continua a vivere con i genitori, si configura una situazione di residenza fittizia che può essere contestata durante controlli fiscali. Le autorità competenti possono verificare l'effettiva dimora attraverso vari elementi probatori:
In caso di accertamento di residenza fittizia, il contribuente rischia sanzioni amministrative e recupero dell'imposta evasa maggiorata di interessi, oltre a possibili conseguenze penali nei casi più gravi di evasione fiscale.
L'intestazione di un immobile a un figlio che ancora vive con i genitori rappresenta una strategia di pianificazione patrimoniale adottata da molte famiglie, ma è importante considerarne tutte le implicazioni fiscali. Dal punto di vista dell'IMU, tale operazione non consente di beneficiare dell'esenzione prevista per l'abitazione principale se il figlio non vi stabilisce effettivamente la propria residenza e dimora.
Per le famiglie che intendono procedere con questo tipo di operazione, è consigliabile valutare attentamente:
È inoltre opportuno ricordare che, per il 2025, alcuni comuni potrebbero deliberare aliquote specifiche o agevolazioni particolari per determinate categorie di immobili, rendendo necessaria la consultazione delle delibere comunali prima di prendere decisioni definitive.