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Si ha diritto sempre ad avere un orario di lavoro flessibile per assistere il proprio figlio disabile?

Quali sono i diritti sul lavoro per i dipendenti che devono assistere figli disabili: cosa prevede la normativa vigente

Autore: Marianna Quatraro
pubblicato il
Si ha diritto sempre ad avere un orario

L’assistenza a un figlio con disabilità rappresenta per molti genitori una realtà quotidiana complessa, che impone un equilibrio costante tra responsabilità familiari e impegni professionali. In Italia, la necessità di flessibilità nell’orario di lavoro per permette ai caregiver di assicurare cure adeguate ai propri figli è stata oggetto di attenzione normativa e giurisprudenziale.

Tuttavia, la pratica rivela sfide concrete sia per chi deve conciliare queste esigenze, sia per i datori di lavoro chiamati a gestire richieste di adattamento degli orari o delle mansioni. 

Il quadro normativo: tutele per genitori lavoratori di figli disabili

Sono diverse le normative italiane ed europee che supportano i genitori che assistono figli con disabilità. Dopo il recente pronunciamento della Corte di Giustizia UE nella causa C-38/24 per la tutela di chi assiste figli disabili sono stati stabiliti:

  • Permessi retribuiti: fino a tre giorni al mese o frazionati in ore, utilizzati dai genitori per assistere il figlio, regolati dalla Legge 104.
  • Prolungamento del congedo parentale: fruibile fino al dodicesimo anno del minore, per un massimo di tre anni complessivi.
  • Congedo straordinario: due anni retribuiti e copertura (entro il massimale annuale INPS) con possibile fruizione frazionata nell’arco della vita lavorativa.
  • Scelta della sede di lavoro più vicina al domicilio e divieto di trasferimento contro la volontà del lavoratore.
  • Priorità per regime di part-time e possibilità di richiedere orari flessibili, laddove previsti dalla contrattazione o dalla normativa nazionale.

Discriminazione indiretta per associazione: cosa significa e come si applica

Il principio di non discriminazione indiretta per associazione estende la salvaguardia oltre il soggetto affetto da disabilità con Legge 104, coinvolgendo chi gli presta assistenza, come i genitori lavoratori.

Nel contesto lavorativo, la discriminazione indiretta si verifica quando una regola apparentemente neutrale si traduce, di fatto, in uno svantaggio per chi assiste familiari con disabilità.

Ad esempio, la rotazione obbligatoria dei turni in azienda può risultare lesiva per un genitore che necessita di orari certi per somministrare cure al proprio figlio, motivo per il quale il lavoratore genitore di un figlio disabile può sempre avere diritto ad un orario di lavoro flessibile per prestare assistenza. 

La normativa impone, però, un’attenta valutazione "caso per caso" per evitare effetti discriminatori illegittimi.

Diritti concreti: orario flessibile, permessi e congedi previsti dalla Legge 104 e normative correlate

L’insieme delle tutele per l’assistenza a figli con disabilità copre diversi aspetti della vita lavorativa, prevedendo soluzioni strutturate per facilitare la conciliazione tra lavoro e necessità di cura. I genitori lavoratori, dipendenti sia pubblici sia privati, hanno diritto a più strumenti:

  • Orario flessibile: negoziabile sulla base delle esigenze di assistenza e su richiesta motivata, fermo restando il bilanciamento con esigenze organizzative dell’azienda.
  • Permessi Legge 104: tre giorni mensili o permessi orari retribuiti per la cura del figlio disabile.
  • Congedo straordinario: fino a due anni, indennizzato da INPS (entro massimale annuale), fruibile anche in modo frazionato.
  • Prolungamento del congedo parentale: fino a tre anni entro i primi 12 anni del minore.
  • Esonero dal lavoro notturno e diritto a scegliere la sede di lavoro più vicina possibile al domicilio del figlio.
  • Accesso prioritario a forme di part-time e mantenimento della posizione lavorativa al rientro da permessi e congedi.
Tutela Durata/Modalità Note principali
Permessi mensili retribuiti 3 giorni/mese o frazionati in ore Con legge 104, cumulabili tra genitori
Prolungamento congedo parentale Fino a 3 anni Indennità 30%, utilizzabile fino a 12 anni
Congedo straordinario 2 anni (anche frazionato) Indennizzato, cumulabile nell’arco della vita lavorativa
Esonero lavoro notturno Senza limiti Solo con certificazione L.104
Scelta sede di lavoro Continuativa Non trasferibilità senza consenso

Congedo straordinario, scelta e non trasferibilità della sede di lavoro, lavoro notturno e part-time

Per i caregiver di figli con disabilità grave la normativa riconosce ulteriore flessibilità e protezione:

  • Congedo straordinario: godibile fino a due anni totali, retribuito e coperto anche dal punto di vista contributivo (art. 42 D.Lgs. 151/2001), può essere richiesto anche per periodi non continuativi. Durante la fruizione di congedo, non maturano ferie né mensilità aggiuntive, ma si conserva il diritto a riprendere la propria posizione lavorativa.
  • Scelta sede e non trasferibilità: diritto per i genitori di richiedere la sede più vicina al domicilio dell’assistito; è escluso il trasferimento senza consenso del lavoratore interessato.
  • Esonero dal lavoro notturno: chi assiste un figlio con disabilità ai sensi della 104 non ha obblighi di lavoro dalle 24:00 alle 5:00 del mattino.
  • Priorità al part-time: i genitori lavoratori possono ottenere, su richiesta motivata, la trasformazione del contratto da tempo pieno a part-time con priorità rispetto ad altri dipendenti.
  • Opportunità di lavoro agile o regime flessibile, garantiscono la priorità ai caregiver nell’accesso a modalità di lavoro che consentano una migliore conciliazione tra esigenze personali e attività lavorativa.

Obblighi e limiti per il datore di lavoro: soluzioni ragionevoli e oneri sproporzionati

I datori di lavoro sono tenuti ad adottare tutte le soluzioni ragionevoli per favorire la permanenza in servizio dei genitori che assistono figli con disabilità.

Secondo il diritto europeo e nazionale, le richieste di orari flessibili e adattamenti devono essere valutate attentamente e possono essere respinte solo in presenza di un onere sproporzionato per l’azienda. In particolare:

  • L’azienda è obbligata a dialogare con il dipendente e a verificare ogni possibilità organizzativa per accogliere la domanda di flessibilità, considerata una vera e propria obbligazione giuridica e non solo una concessione volontaria.
  • Il rifiuto può avvenire esclusivamente se il datore fornisce parametri oggettivi: dimensioni aziendali, impatto organizzativo, costi, possibilità di sostituzione o accesso a contributi pubblici vanno valutati in modo rigoroso e documentabile.
  • La mancata analisi dettagliata o il rifiuto immotivato possono essere oggetto di ricorso giudiziario, anche con cautelari d’urgenza, come confermato da recenti pronunce del Tribunale di Roma (ordinanza n. 5923/2024). 

Non esiste un diritto assoluto alla flessibilità, ma il dovere di comprensione e accomodamento prevale ogni volta che sussistano margini di organizzazione interna, senza eccessivi costi o gravi conseguenze per la produzione. Soprattutto nelle aziende di maggiori dimensioni, l’adozione di misure compatibili è spesso tenuta come standard giurisprudenziale.

 

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