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Come fanno i ricchi a pagare meno tasse in Italia? E il paradosso del ceto medio sempre più colpito

di Marianna Quatraro pubblicato il
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Quali sono i sistemi e i motivi per cui i ricchi in Italia pagano meno tasse e sono sempre più benestanti a scapito del ceto medio

Come fanno paradossalmente i ricchi a pagare meno tasse in Italia? Il peso fiscale in Italia è sempre molto elevato e, nonostante questo, cresce anche l’evasione.

Nel mirino ci sono sempre i ricchi, i cosiddetti benestanti che, pur potendo pagare tasse altissime e permettere allo stesso tempo di garantire entrate per le Casse dello Stato, pagano invece sempre meno o evadono. Vediamo come fanno proprio loro a pagare meno tasse. 

  • I ricchi riescono paradossalmente a pagare meno tasse in Italia, mentre il ceto medio è sempre molto colpito
  • Nonostante le nuove leggi approvate

I ricchi riescono paradossalmente a pagare meno tasse in Italia, mentre il ceto medio è sempre molto colpito

Questo è quello che emerge da uno studio congiunto di Scuola Superiore Sant'Anna di Pisa e Università di Milano- Bicocca, pubblicato dalla rivista scientifica Journal of the European Economic Association.

Il risultato è che le disuguaglianze dei redditi italiani sono cresciute a favore dell'1% più ricco che, in proporzione, paga meno tasse rispetto al restante 99% dei contribuenti.

Secondo le studio, esistono importanti differenze in relazione alla tipologia di reddito prevalente e sono i lavoratori dipendenti a pagare più imposte, seguiti dai lavoratori autonomi, dai pensionati e, infine, da chi percepisce soprattutto rendite finanziarie e locazioni immobiliari.

In Italia, il reddito da lavoro è tassato con un’imposta progressiva, diversamente dal reddito da capitale (imposta sostitutiva), per cui sono, invece, previsti trattamenti fiscali più favorevoli.

Lo studio mostra anche che il 50% più povero degli italiani maggiorenni detiene meno del 17% del reddito nazionale e vive con meno di 13 mila euro all'anno, mentre l'1% più ricco del Paese detiene circa il 12% del reddito nazionale, cioè una media di 310 mila euro all'anno derivanti soprattutto da redditi finanziari, profitti societari e redditi da lavoro autonomo, in gran parte nel ruolo di amministratori societari. 

Coloro che detengono il 4.5% del reddito nazionale hanno poi entrate medie superiori al milione di euro annuo. Sono ricchi e riescono ad esserlo sempre di più pagando meno tasse.

Stando a quanto previsto dalla normativa in vigore nel nostro Paese, inoltre, i ricchi, coloro che redditi più alti, riescono quindi a pagare meno tasse per diversi motivi, che spaziano dall'Iva, che pesa meno sui cittadini abbienti che risparmiano di più, ai contributi sociali, che si riducono, paradossalmente, per chi ha redditi superiori ai 100mila euro, al pagamento dell’Irpef, se rapportato ai redditi.

Se, infatti, pensiamo che chi ha un reddito di 28mila euro deve pagare una tassazione al 23% e chi ha un reddito oltre il doppio, cioè dai 50mila euro in poi, paga ‘solo’ il 43% è chiaro come chi guadagna meno sia più colpito e chi guadagna di più paga meno tasse.

Nonostante le nuove leggi approvate

Il ceto medio risulta colpito maggiormente dal peso fiscale nonostante le leggi fatte, dalla minor tassazione Irpef, al taglio del cuneo fiscale.

Le aliquote per il pagamento dell’Irpef sono state, infatti, ridotte a tre già nel 2024 e tali resteranno anche nel 2025, nel dettaglio, al 23% per i redditi fino a 28mila euro, al 35% per i redditi tra i 28mila e i 50mila euro e al 43% per i redditi superiori ai 50mila euro annui. 

L’intenzione del governo è anche quella di ridurre la seconda aliquota, portandola al 33%, proprio per sostenere ancor di più il ceto medio. 

Anche il nuovo taglio del cuneo fiscale punta a favorire il ceto medio, considerando che si applica sui redditi fino a 40mila euro annui lordi e non più sotto forma di sgravio contributivo.

Si calcolerà, infatti, in maniera differente, sotto forma di detrazioni e rapportato al reddito. Sono, in particolare, previste detrazioni al 7,1% per stipendi fino a 8.500 euro, al 5,3% fino a 15mila euro e al 4,8% per stipendi superiori ai 15mila euro e fino a 20mila euro all’anno; e una detrazione di mille euro per i redditi fino a 32mila euro.

Per supera tale soglia, infine, la detrazione si ridurrà progressivamente fino ad azzerarsi del tutto per i redditi superiori ai 40mila euro. 

Anche i fringe benefit da riconoscere, a discrezione del datore di lavoro e aziende, ai lavoratori dipendenti rappresentano misure di sostegno ulteriore per il ceto medio. 

E per il 2025, la soglia di esenzione fiscale per i fringe benefit resta fissata a mille euro, anziché 258,23 euro, e sale a 2mila euro per i lavoratori dipendenti con figli fiscalmente a carico. L’importo sale ancora a 5mila euro per il fringe benefit riconosciuto per il pagamento dell’affitto di neoassunti che devono spostarsi, lasciando casa, per lavorare.