Il tema del fumo passivo in condominio rappresenta una questione delicata e di frequente conflitto tra vicini. Sebbene fumare sia una scelta personale, tale libertà deve rispettare il diritto degli altri condomini al benessere e alla salute. L'immissione di fumo sul balcone o in altre aree può facilmente diventare motivo di controversie, specialmente in caso di odori persistenti o vicinanza degli appartamenti.
Il fumo passivo all'interno dei condomini è regolato principalmente dall'articolo 844 del Codice Civile, che disciplina le immissioni di fumo, odori ed esalazioni tra proprietà adiacenti. Secondo questa norma, non è possibile impedire tali immissioni a meno che non superino la soglia della "normale tollerabilità". Questo concetto, volutamente generico, viene definito caso per caso dal giudice sulla base delle condizioni ambientali locali, delle distanze tra gli appartamenti e delle prove raccolte, quali testimonianze o perizie tecniche.
Una normativa fondamentale in materia è la Legge Sirchia (legge n. 3/2003), che impone divieti di fumo nei luoghi pubblici chiusi, ma non si estende completamente agli ambienti privati, incluse le pertinenze come balconi o terrazze. Tuttavia, il regolamento condominiale può prevedere divieti specifici nelle aree comuni chiuse, come scale, androni o ascensori, al fine di tutelare i non fumatori. Il Ministero della Salute, con la nota n. 1505 del 2005, ha chiarito che il divieto si applica per garantire la salute pubblica anche in ambito condominiale.
In situazioni di fastidio grave, il vicino infastidito può rivolgersi al Giudice di Pace per ordinare la cessazione delle immissioni e, in casi gravi, ottenere un risarcimento per i danni subiti.
È possibile impedire al vicino di fumare sul balcone solo nel momento in cui le immissioni di fumo superano il limite della normale tollerabilità. Tale limite dipende da diversi fattori, come la distanza tra i balconi, la frequenza del disturbo e l’intensità delle esalazioni. Ad esempio, se il fumo entra costantemente nell’abitazione di un vicino fino a renderla insalubre o inutilizzabile, si configura una violazione del diritto alla salute e al quieto vivere.
I tribunali hanno confermato che chi subisce un danno concreto derivante da immissioni di fumo può richiedere una tutela legale. La Corte di Cassazione, in diverse sentenze, ha stabilito che le immissioni che costringono un condomino a cambiare le proprie abitudini, come chiudere le finestre o non poter accedere al balcone, sono intollerabili e soggette a sanzioni. Nei casi più gravi, può essere richiesto un risarcimento danni.
Per dimostrare la natura intollerabile del fumo, è necessario fornire prove concrete. È importante documentare il problema con foto, video o testimonianze di persone che hanno subito lo stesso disagio o avvalersi di una perizia tecnica, che accerti l’intensità delle immissioni. Inoltre, vengono considerati elementi come la condizione di fragilità degli inquilini coinvolti, come bambini, anziani o malati cronici. Va sottolineata la necessità di conservare eventuali certificati medici che attestino problemi di salute correlati
L’eventuale regolamento condominiale, se di natura contrattuale e approvato all’unanimità, potrebbe vietare esplicitamente il fumo in balcone, rendendo più semplice l’applicazione di divieti.
Non esiste un divieto assoluto di fumare sul proprio balcone. Le restrizioni devono essere proporzionate e giustificate da concrete esigenze di tutela. Il semplice fastidio occasionale non è sufficiente a limitare il diritto del vicino.
La soluzione migliore resta quella di un approccio collaborativo che, attraverso il dialogo e il reciproco rispetto, porti a una convivenza armoniosa nel contesto condominiale. Prima di intraprendere vie legali, è sempre consigliabile:
Se il problema coinvolge più condomini o persiste:
Solo quando questo percorso si rivela infruttuoso, è opportuno valutare gli strumenti legali disponibili, sempre tenendo presente che l'onere della prova circa l'intollerabilità delle immissioni grava su chi lamenta il disturbo. Nel caso in cui le soluzioni bonarie non producano effetti si può procedere con: