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Agricoltura biologica, Italia tra i primi posti: dati e statistiche

di Marcello Tansini pubblicato il
Agricoltura biologica Italia

L'agricoltura biologica in Italia conquista i vertici europei, trainata da numeri in crescita e da una crescente attenzione alla sostenibilit. Un settore in rapida evoluzione tra dati, impatti e sfide future

L’interesse per l’agricoltura a basso impatto ambientale ha condotto l’Italia a distinguersi per una crescita solida e costante nei metodi produttivi certificati. Negli ultimi anni, cambiamenti nei consumi e attenzione alla sostenibilità ambientale hanno spinto sempre più imprese e consumatori verso pratiche agronomiche rispettose della natura. L’espansione delle coltivazioni sostenibili in tutto il territorio nazionale testimonia un’adesione diffusa non solo tra gli operatori agricoli, ma anche tra ristoratori e trasformatori. Oggi, il comparto agroalimentare italiano è tra i più avanzati a livello europeo, registrando risultati che proiettano l’Italia ai vertici sia per competenza che per innovazione in termini di approcci bio.

I numeri della crescita: superfici, operatori e quote regionali

Le statistiche ufficiali evidenziano una superficie totale coltivata con metodi biologici pari a 2.514.596 ettari, con una crescita del +2,4% rispetto al periodo precedente e un aumento del 68% in dieci anni. Gli operatori biologici in Italia sono ora complessivamente 97.170 (+2,9% sull’anno scorso), di cui la grande maggioranza sono aziende agricole (87.042; +3,4%). Il segnale che emerge è una partecipazione in costante espansione, accompagnata da una netta evoluzione nelle abitudini di produzione e consumo.

Analizzando i dati regionali, emerge che sette regioni - Toscana (37,5%), Calabria (36,3%), Sicilia (30,7%), Marche (28,2%), Basilicata (27,6%), Valle D’Aosta e Campania - hanno già superato la soglia del 25% della superficie agricola utilizzata (SAU) dedicata al biologico, raggiungendo - e in alcuni casi anticipando - gli obiettivi europei fissati per il 2030. Lazio e Puglia si attestano rispettivamente su una quota del 23,4% e del 24,5%. Le restanti regioni mostrano dinamiche positive e contribuiscono all’incidenza nazionale che si attesta al 20,2% della SAU complessiva.

Regione % SAU Bio
Toscana 37,5%
Calabria 36,3%
Sicilia 30,7%
Marche 28,2%
Basilicata 27,6%
Campania oltre il 25%
Valle d’Aosta/Bolzano oltre il 25%

La distribuzione delle colture si concentra soprattutto su prati e pascoli (729.266 ha), foraggere (481.450 ha), cereali (355.729 ha), oltre a superfici rilevanti dedicate all’olivo (279.766 ha) e alla vite (133.007 ha). Significativo anche l’incremento degli allevamenti biologici, in particolare il pollame e gli ovini.

Italia nel contesto europeo e mondiale: comparazione e leadership

L’Italia si distingue a livello europeo per l’incidenza della superficie agricola destinata a coltivazioni bio (20,2%), quota sensibilmente superiore rispetto alla media UE fissata al 10,9%. Per estensione totale si posiziona al terzo posto dopo Spagna (3 milioni di ettari) e Francia (2,8 milioni), ma risulta prima per quota percentuale sulla superficie totale e per il numero di produttori (97.170 operatori italiani su circa 495.000 europei).

Nel panorama internazionale, i dati elaborati da fonti istituzionali come Eurostat, Istat, SINAB e il ministero dell’Agricoltura, confermano la capacità di integrare innovazione, qualità e tracciabilità in tutta la filiera. La crescita delle esportazioni italiane di prodotti bio (+7% nell’ultimo periodo disponibile) e la riconoscibilità del marchio nazionale sono indicatori di una leadership consolidata. Anche rispetto a Stati Uniti, Germania e Francia, il modello italiano si distingue per dimensione media aziendale (29 ettari, contro una media nazionale di 11) e distribuzione sul territorio, con il 60,5% dei produttori concentrati nel Mezzogiorno.

Impatto ambientale e sostenibilità: benefici e contributi del biologico

Le pratiche agronomiche certificate bio rappresentano una risposta concreta alle principali sfide climatiche e ambientali, come indicato dai recenti rapporti delle istituzioni italiane e europee. Fra i benefici diretti derivanti dalla conversione biologica si annoverano:

  • la riduzione delle emissioni di gas serra generate dalle attività agroalimentari;
  • la tutela e la valorizzazione della biodiversità agricola;
  • il mantenimento della fertilità dei suoli e la limitazione di input chimici artificiale;
  • la salvaguardia del benessere animale, grazie a standard elevati e regolamentati;
  • l’offerta di alimenti più sicuri e controllati a favore della salute.
L’acquisizione di pratiche agroecologiche e la spinta verso una maggiore resilienza sono inoltre facilitate dal quadro normativo europeo (Regolamenti UE 848/2018, CE 834/2007 e PAA) e nazionale. I progressi italiani contribuiscono al raggiungimento degli obiettivi Green Deal, Biodiversity Strategy 2030 e Farm to Fork, in coerenza con le linee guida delle Nazioni Unite per lo sviluppo sostenibile.

Particolarmente degna di nota è la capacità di risposta del settore a nuove esigenze di consumatori e comunità locali, insieme all’aumento della qualità degli alimenti prodotti e alla riduzione delle pressioni sull’ambiente.

Prospettive future, obiettivi politici e sfide del settore biologico italiano

Il panorama normativo e strategico definito dalla Politica Agricola Comune 2023-2027 ha fissato per l’Italia l’obiettivo di raggiungere il 25% della superficie coltivata a regime bio entro il 2027, anticipando la scadenza europea del 2030 grazie alle azioni di sostegno contenute nel PANBio 2024-2026 e nel PSP. Questi strumenti si sono dimostrati efficaci nell’accompagnare le imprese nella transizione verso pratiche più sostenibili, grazie all’impulso in ricerca, innovazione e formazione.

Tra le principali sfide che attendono il comparto agricolo a impronta sostenibile:

  • Mantenere il giusto equilibrio tra qualità, accessibilità economica e remunerazione degli agricoltori;
  • Contrastare la concorrenza sleale proveniente da Paesi terzi attraverso controlli più rigorosi e una chiara tracciabilità dei prodotti;
  • Incrementare la sensibilizzazione del pubblico riguardo i benefici ambientali e salutistici dei prodotti sostenibili;
  • Potenziare investimenti in innovazione e conoscenza, anche per rispondere ai cambiamenti climatici e rafforzare il tessuto produttivo giovanile;
  • Promuovere misure strutturali e politiche volte a valorizzare la qualità italiana, incentivando la competitività sul mercato globale.