Nonostante il numero di fumatori diminuisca, i grandi gruppi del tabacco registrano profitti record. Il paradosso economico: innovazione di prodotto, strategie aziendali, vantaggi fiscali e ricadute.
Pur in presenza di una diminuzione costante del numero di fumatori, l'industria del tabacco in Italia continua a registrare un aumento dei profitti, con un giro d'affari che ha recentemente toccato i 23 miliardi di euro. Questa apparente contraddizione rappresenta quello che viene definito il paradosso del tabacco: meno fumatori, più profitti.
Un sistema in cui, nonostante campagne di sensibilizzazione e misure legislative tese a ridurre il consumo di prodotti da fumo, l'asse incassi deriva non solo dalla vendita delle sigarette tradizionali, ma da una gamma sempre più ampia di prodotti alternativi e da strategie di mercato globali. In questo contesto, comprendere le dinamiche economiche, istituzionali e sociali del settore è indispensabile per analizzare un fenomeno che coinvolge salute pubblica, finanza statale e responsabilità etica.
Nell'ultimo decennio, il numero dei fumatori abituali in Italia ha fatto registrare una diminuzione, grazie a maggiori informazioni sugli effetti dannosi legati al consumo di tabacco e a una normativa progressivamente più restrittiva. Dal classico pacchetto di sigarette, il consumo si è spostato verso nuove forme di assunzione della nicotina, spinte soprattutto dalla percezione di minore pericolosità e dalla presenza di prodotti innovativi sul mercato:
Le strategie di marketing delle multinazionali hanno spostato l'attenzione dalla sigaretta alla nicotina, proponendola sotto forme sempre nuove, così da intercettare sia i vecchi consumatori sia nuovi segmenti di mercato. L'evoluzione dei prodotti da fumo, quindi, non ha comportato una contrazione dei ricavi, ma solo una trasformazione dei canali di profitto.
Il settore del tabacco si distingue per una straordinaria capacità di adattamento, anche di fronte a una domanda interna in declino. Le principali multinazionali hanno implementato un modello di business flessibile basato su:
Questo sistema garantisce alle aziende di prolungare la redditività del comparto, anche in presenza di restrizioni crescenti sul consumo di tabacco e sulle pubblicità.
L'espansione dell'offerta dei prodotti nicotinici rappresenta uno dei pilastri che hanno permesso la stabilità, e persino la crescita, dei profitti delle multinazionali:
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Prodotto |
Caratteristiche |
Quadratura normativa |
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Tabacco riscaldato |
Non combustibile, presentato come alternativa meno dannosa |
Sconti accisa del 50%, produzione regolamentata |
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E-cig |
Dispositivi elettronici che vaporizzano soluzioni liquide |
Regime fiscale più vantaggioso rispetto alle sigarette |
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Sacchetti di nicotina |
Assorbimento orale, senza combustione né tabacco |
Vuoto normativo iniziale, poi tassazione agevolata |
Nei primi anni successivi alla loro introduzione, prodotti come i sacchetti di nicotina hanno potuto sfruttare una regolamentazione meno stringente, soprattutto in tema di pubblicità e vendite online. Tali prodotti sono spesso percepiti come soluzioni innocue, ma la presenza della nicotina, sostanza che genera dipendenza, resta centrale e allarma le organizzazioni sanitarie. Il mercato ha registrato una rapida crescita, specialmente tra i giovani e i nuovi consumatori.
Il successo di questi segmenti è supportato dal marketing e dalla possibilità di personalizzare aromi e modalità di assunzione. La diversificazione dell'offerta consente così all'industria di agire su più fronti, proteggendo i livelli di redditività anche in presenza dell'arretramento della domanda di sigarette tradizionali.
L'architettura fiscale italiana applica ai prodotti derivati dal tabacco accise tra le più importanti in ambito europeo, assicurando entrate allo Stato per oltre 14 miliardi di euro annui, secondo solo alle accise sui carburanti. Tuttavia, il sistema risulta sbilanciato a favore dei nuovi prodotti:
Proposte di destinazione vincolata di una percentuale maggiore delle accise a programmi di prevenzione e trattamento sono periodicamente al centro del dibattito parlamentare, ma incontrano resistenze da più fronti. In alcuni paesi UE, come la Francia, l'aumento deciso delle accise ha generato un calo rilevante del numero di fumatori, soprattutto tra i più giovani. In Italia, invece, la politica fiscale è stata fino a oggi prudente, così da non ostacolare l'accesso ai nuovi consumatori e preservare la redditività delle aziende e dell'erario.
La riduzione del numero di fumatori non ha impedito che i danni sociali, sanitari ed economici legati al consumo di prodotti a base di tabacco e nicotina restino estremamente gravosi per la collettività. I dati più recenti dell'Istituto Superiore di Sanità confermano che il fumo è la principale causa evitabile di morte in Italia, con oltre 93.000 decessi annui imputati direttamente o indirettamente al consumo di nicotina:
Di fronte a queste dinamiche, permane il dilemma etico ed economico: mentre lo Stato continua a trarre benefici fiscali ingenti dalle imposte sui prodotti da fumo, l'impatto sulla salute pubblica e sui costi a carico del Servizio Sanitario Nazionale resta insostenibile.