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Aziende tabacco continuano ad aumentare i guadagni anche se fuma meno gente: come riescono a farlo?

di Marcello Tansini pubblicato il
Fuma meno gente

Nonostante il numero di fumatori diminuisca, i grandi gruppi del tabacco registrano profitti record. Il paradosso economico: innovazione di prodotto, strategie aziendali, vantaggi fiscali e ricadute.

Pur in presenza di una diminuzione costante del numero di fumatori, l'industria del tabacco in Italia continua a registrare un aumento dei profitti, con un giro d'affari che ha recentemente toccato i 23 miliardi di euro. Questa apparente contraddizione rappresenta quello che viene definito il paradosso del tabacco: meno fumatori, più profitti.

Un sistema in cui, nonostante campagne di sensibilizzazione e misure legislative tese a ridurre il consumo di prodotti da fumo, l'asse incassi deriva non solo dalla vendita delle sigarette tradizionali, ma da una gamma sempre più ampia di prodotti alternativi e da strategie di mercato globali. In questo contesto, comprendere le dinamiche economiche, istituzionali e sociali del settore è indispensabile per analizzare un fenomeno che coinvolge salute pubblica, finanza statale e responsabilità etica.

Il calo dei fumatori e l'evoluzione dei prodotti da fumo

Nell'ultimo decennio, il numero dei fumatori abituali in Italia ha fatto registrare una diminuzione, grazie a maggiori informazioni sugli effetti dannosi legati al consumo di tabacco e a una normativa progressivamente più restrittiva. Dal classico pacchetto di sigarette, il consumo si è spostato verso nuove forme di assunzione della nicotina, spinte soprattutto dalla percezione di minore pericolosità e dalla presenza di prodotti innovativi sul mercato:

  • Diffusione dei prodotti a tabacco riscaldato e sigarette elettroniche
  • Introduzione di sacchetti di nicotina e prodotti senza combustione
  • Aumento del consumo tra i più giovani, in parte dovuto all'attrazione di aromi e al marketing
Secondo l'Istituto Superiore di Sanità, i decessi annui attribuibili al fumo rimangono circa 93.000, confermando i gravi rischi per la salute. Nonostante la diminuzione relativa dei fumatori, il trend di consumo dei prodotti alternativi compensa il calo delle sigarette tradizionali, consentendo alle aziende di mantenere elevati i volumi di vendita. Diverse città hanno introdotto divieti di fumo in aree pubbliche, come a Milano, ma l'efficacia di queste policy risulta limitata, anche a causa del difficile controllo sul territorio e di una percezione pubblica poco attenta alla tutela dei non fumatori.

Le strategie di marketing delle multinazionali hanno spostato l'attenzione dalla sigaretta alla nicotina, proponendola sotto forme sempre nuove, così da intercettare sia i vecchi consumatori sia nuovi segmenti di mercato. L'evoluzione dei prodotti da fumo, quindi, non ha comportato una contrazione dei ricavi, ma solo una trasformazione dei canali di profitto.

Strategie delle multinazionali del tabacco: investimenti e alleanze istituzionali

Il settore del tabacco si distingue per una straordinaria capacità di adattamento, anche di fronte a una domanda interna in declino. Le principali multinazionali hanno implementato un modello di business flessibile basato su:

  • Investimenti nella produzione locale: insediamenti produttivi come quello per il tabacco riscaldato a Crespellano (Bologna) hanno visto investimenti superiori a tre miliardi di euro e la creazione di migliaia di posti di lavoro.
  • Accordi strategici con il settore agricolo: consolidati da intese tra aziende leader, organizzazioni agricole come Coldiretti e Ministero dell'agricoltura, questi accordi garantiscono una filiera stabile e tracciabile per la produzione nazionale di tabacco.
  • Presenza nei tavoli istituzionali e partnership pubbliche: l'industria partecipa attivamente a forum interministeriali, eventi di innovazione e progetti di formazione professionale, contribuendo ad accreditarsi come attore della modernizzazione e sostenibilità anche grazie a comunicazione e lobbying mirati.
Il quadro regolatorio italiano, tuttavia, vede l'Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) esprimere forti perplessità circa la linea seguita dal governo, specie in relazione all'articolo 5.3 della Convenzione quadro per il Controllo del Tabacco (WHO Framework Convention on Tobacco Control), che vieta espressamente qualsiasi tipo di collaborazione o partnership tra governi e industria, salvo interazioni strettamente necessarie e regolamentate. L'Italia, con queste alleanze a lungo termine e collaborazioni nella filiera nazionale, si colloca tra i paesi europei con la maggiore influenza delle multinazionali sulle decisioni pubbliche, secondo il Tobacco Industry Interference Index.

Questo sistema garantisce alle aziende di prolungare la redditività del comparto, anche in presenza di restrizioni crescenti sul consumo di tabacco e sulle pubblicità.

Innovazione e diversificazione dell'offerta: tra tabacco riscaldato, e-cig e sacchetti di nicotina

L'espansione dell'offerta dei prodotti nicotinici rappresenta uno dei pilastri che hanno permesso la stabilità, e persino la crescita, dei profitti delle multinazionali:

Prodotto

Caratteristiche

Quadratura normativa

Tabacco riscaldato

Non combustibile, presentato come alternativa meno dannosa

Sconti accisa del 50%, produzione regolamentata

E-cig

Dispositivi elettronici che vaporizzano soluzioni liquide

Regime fiscale più vantaggioso rispetto alle sigarette

Sacchetti di nicotina

Assorbimento orale, senza combustione né tabacco

Vuoto normativo iniziale, poi tassazione agevolata

Nei primi anni successivi alla loro introduzione, prodotti come i sacchetti di nicotina hanno potuto sfruttare una regolamentazione meno stringente, soprattutto in tema di pubblicità e vendite online. Tali prodotti sono spesso percepiti come soluzioni innocue, ma la presenza della nicotina, sostanza che genera dipendenza, resta centrale e allarma le organizzazioni sanitarie. Il mercato ha registrato una rapida crescita, specialmente tra i giovani e i nuovi consumatori.

Il successo di questi segmenti è supportato dal marketing e dalla possibilità di personalizzare aromi e modalità di assunzione. La diversificazione dell'offerta consente così all'industria di agire su più fronti, proteggendo i livelli di redditività anche in presenza dell'arretramento della domanda di sigarette tradizionali.

Regime fiscale agevolato e ruolo dello Stato nei profitti del tabacco

L'architettura fiscale italiana applica ai prodotti derivati dal tabacco accise tra le più importanti in ambito europeo, assicurando entrate allo Stato per oltre 14 miliardi di euro annui, secondo solo alle accise sui carburanti. Tuttavia, il sistema risulta sbilanciato a favore dei nuovi prodotti:

  • Tabacco riscaldato: applicazione di una tassazione pari al 39,5% di quella prevista per le sigarette tradizionali, con prospettiva di un aumento solo limitato nel breve periodo.
  • Sigarette elettroniche e bustine di nicotina: regime fiscale particolarmente vantaggioso nella fase di lancio, con successivi adeguamenti mirati a bilanciare gettito e diffusione.
L'incremento del gettito fiscale è stato trainato dall'allargamento della base d'utenza, con un'efficace conversione dei consumatori verso i prodotti alternativi. Il nodo rimane la contraddizione istituzionale: lo Stato, pur dando seguito ad accordi internazionali per la riduzione del tabagismo, mantiene interessi economici nel comparto, alimentandone in parte la sopravvivenza e la crescita. Le campagne di prevenzione si scontrano così con l'entità del gettito, rendendo difficile introdurre in tempi rapidi aumenti del prezzo dei pacchetti o restrizioni più severe.

Proposte di destinazione vincolata di una percentuale maggiore delle accise a programmi di prevenzione e trattamento sono periodicamente al centro del dibattito parlamentare, ma incontrano resistenze da più fronti. In alcuni paesi UE, come la Francia, l'aumento deciso delle accise ha generato un calo rilevante del numero di fumatori, soprattutto tra i più giovani. In Italia, invece, la politica fiscale è stata fino a oggi prudente, così da non ostacolare l'accesso ai nuovi consumatori e preservare la redditività delle aziende e dell'erario.

Impatto sociale, sanitario ed economico: chi paga davvero il prezzo?

La riduzione del numero di fumatori non ha impedito che i danni sociali, sanitari ed economici legati al consumo di prodotti a base di tabacco e nicotina restino estremamente gravosi per la collettività. I dati più recenti dell'Istituto Superiore di Sanità confermano che il fumo è la principale causa evitabile di morte in Italia, con oltre 93.000 decessi annui imputati direttamente o indirettamente al consumo di nicotina:

  • Il costo sociale totale, tra cure oncologiche, terapie respiratorie e malattie cardiovascolari, supera i 26 miliardi di euro all'anno secondo fonti sanitarie nazionali.
  • La spesa sanitaria pubblica per patologie riconducibili al fumo supera di gran lunga i ricavi generati dalle accise e dalla tassazione sui prodotti da fumo.
  • L'esposizione al fumo passivo continua a provocare vittime, in particolare tra bambini, donne in gravidanza e soggetti fragili.
Sebbene le alternative senza combustione siano presentate come opzioni a rischio ridotto, la disponibilità di prodotti come i sacchetti di nicotina, spesso privi di adeguata regolamentazione o test specifici, rischia di alimentare nuove dipendenze, specie nei giovani. Il mercato promuove una percezione di normalità per la nicotina, ostacolando le strategie di prevenzione e di trattamenti di disassuefazione.

Di fronte a queste dinamiche, permane il dilemma etico ed economico: mentre lo Stato continua a trarre benefici fiscali ingenti dalle imposte sui prodotti da fumo, l'impatto sulla salute pubblica e sui costi a carico del Servizio Sanitario Nazionale resta insostenibile.