L'ittrio, metallo raro e strategico, si trova al centro delle tensioni internazionali tra USA e Cina. Essenziale per tecnologie avanzate e applicazioni militari, la sua disponibilità influenza equilibri economici e geopolitici globali.
L’ittrio, tra i materiali meno noti al grande pubblico, è entrato prepotentemente nel dibattito strategico mondiale grazie al suo impatto sulla catena industriale e alle delicate relazioni tra le potenze globali. Industria aerospaziale, microelettronica e settore dell’energia sono solo alcuni degli ambiti in cui questo metallo delle terre rare risulta di importanza strategica. Nonostante le sue dimensioni ridotte sui mercati delle materie prime, la sua carenza si ripercuote su comparti tecnologici avanzati, provocando fluttuazioni di prezzo, interruzioni nei flussi di produzione e, di conseguenza, rischi economici notevoli.
L’inasprirsi delle tensioni commerciali tra Stati Uniti e Cina ha portato alla luce la dipendenza globale da Pechino per questo elemento. Le recenti restrizioni sulle esportazioni imposte dal governo cinese hanno innescato una corsa internazionale, mettendo a rischio la tenuta della filiera produttiva occidentale.
Sebbene difficilmente percepibile fuori dal circolo degli addetti ai lavori, questo scontro per il controllo delle terre rare sta assumendo, oggi, una rilevanza geopolitica senza precedenti.
Classificato come una delle "terre rare", pur essendo presente nella crosta terrestre in quantità più abbondanti di quanto il nome lasci suggerire, l’ittrio deve la sua importanza a proprietà fisiche e chimiche uniche. Questo metallo argenteo viene estratto insieme ad altri elementi simili e utilizzato nei settori più sofisticati del mondo odierno.
Senza forniture regolari, il rischio di rallentamenti nella produzione di motori avanzati, semiconduttori e apparecchiature energetiche diventa concreto. Il valore dell’ittrio, quindi, non risiede solo nelle quantità disponibili a livello mondiale, ma anche nella difficoltà di estrarlo, lavorarlo e integrarlo nei processi industriali secondo standard di massima affidabilità.
Proprio questa indispensabilità per innovazione, sicurezza e progresso tecnologico spiega come le oscillazioni del prezzo dell’ossido di ittrio (+4.400% in Europa in pochi mesi) abbiano subito impatti tali da indurre governi e industrie degli Stati Uniti e dell’Unione europea a elaborare misure legislative e piani straordinari di approvvigionamento. Il settore della Difesa, in particolar modo, guarda alla catena di fornitura di terre rare come a un asset strategico da preservare e rafforzare, sviluppando politiche di stoccaggio e incentivi alla produzione interna.
La scarsa diversificazione nelle fonti di ittrio espone l’Occidente a rischi notevoli, come emerge dalle più recenti analisi delle commissioni parlamentari dell’Unione europea e dalle iniziative legislative statunitensi. Se l’estrazione di questo materiale si avvale di competenze raffinate e di impianti industriali avanzati, il controllo della catena del valore è oggi in larghissima parte nelle mani di un solo paese: la Cina.
Secondo dati governativi statunitensi, oltre il 90% delle forniture esterne di ittrio proviene da Pechino, che ha sviluppato capacità estrattive, impianti di raffinazione e know-how tecnologico difficilmente replicabili in breve tempo. Il sistema cinese si fonda inoltre su una rete di alleanze con Paesi dell’Africa e dell’Asia, pronta a consolidarsi ulteriormente grazie a recenti proposte come l’"iniziativa internazionale di cooperazione economica e commerciale sui minerali verdi", avanzata dal premier Li Qiang durante il G20 in Sud Africa.
In particolare:
| Regione | Quota di mercato sulla raffinazione | Scorte disponibili fuori dalla Cina |
| Cina | Oltre 80% | Non pubbliche |
| Usa | Meno del 10% | 2-8 mesi (stime 2025) |
| Europa | Residuale | 1-6 mesi (stime 2025) |
La risposta politica europea si traduce in una diversificazione dei fornitori – dal Brasile all’Australia, dal Giappone all’Ucraina – unita allo sviluppo di piani di mappatura mineraria nazionale e incentivi fiscali per nuovi investimenti in miniere e impianti di raffinazione. Strategie orientate, secondo la Commissione Affari esteri della Camera, verso la costruzione di partnership stabili con Paesi like-minded e il rafforzamento delle misure di economia circolare, come riciclo e recupero di materiali.
Il tentativo di Pechino di costituire un blocco di nazioni legate alle proprie filiere e il rafforzamento di controlli interni sui trasferimenti tecnologici rischiano di escludere l’Occidente dalla corsia preferenziale dei minerali critici. Ciò obbliga Stati Uniti ed Europa a ripensare il proprio approccio strategico, spostando l’attenzione dalla pura convenienza economica alla sicurezza delle forniture nel medio-lungo periodo.
Tra ritardi tecnologici, investimenti consistenti e incertezza normativa, l’indipendenza produttiva occidentale appare oggi un traguardo lontano, ma necessario. L’asse Pechino-Africa e la tensione tra le grandi potenze impongono, per l’Europa e gli Stati Uniti, la definizione di una nuova cultura della sicurezza economica, svincolata da ideologie preconcette e fondata sulla collaborazione con partner strategici internazionali.